ANVGD_cover-post-no-img

Uto Ughi rinnova l’incanto al Verdi (Il Piccolo 06 dic)

di CLAUDIO GHERBITZ

TRIESTE Con Uto Ughi sul palco non siamo mai alle solite ed un'emozione forte, se non proprio una folgorazione, è sempre in agguato. Il carisma è avvertibile ancora prima del suo ingresso sul palco, viene confermato dalla sua apparizione, dal suo incedere deciso ed ormai familiare, cipiglio serio ma fascino da eterno ragazzo. Lo scorso giugno, in una serata fotocopia, propose una delle pagine più coinvolgenti, il celebre Concerto di Beethoven, un anno fa dello stesso autore le meno incisive Romanze. Ma poi che cosa suoni Ughi importa poco, tanto si va sul sicuro. L'altra sera era di turno il "Guarneri del Gesù", ma sia con questo che con lo "Stradivari", egli è per natura portato al calore sentimentale delle ampie effusioni melodiche. Che l'artista rifiuti di misurarsi con le asprezze della musica contemporanea, pur potendo scegliervi fior da fiore, è un peccato. Ma a grandi linee il pubblico condivide tale scelta, identificando con lui il bello musicale con gli incanti melodici trasparenti, con la sensualità calorosa del timbro.

Eppoi, nel suo modo di porgersi, non c'è solo questo, riuscendo egli a raggiungere le corde più intime e nascoste dell'ascolto e financo a sfiorare quelle irrazionali.

Per il concerto inaugurale del ciclo invernale, mirato a scorrere parallelo alla stagione lirica, gli è stato cucito addosso un programma su misura ed alquanto bizzarro: un'apertura riservata ai soli archi dell'Orchestra e poi due Concerti, il numero uno in do maggiore di Haydn ed il numero cinque in la maggiore di Mozart, il tutto di fila senza intervallo. Per aprire la serata c'era un "Canone" di Johann Pachelbel, il musicista che, assieme a Buxtehude, funse da boa di riferimento per Bach, ed ai suoi tempi dispensatore di musica consumistica presso la ricca borghesia o nell'ambito dei "collegia" di Norimberga. Del "Canone" in oggetto, collocantesi ben oltre alla facile eseguibilità ed alla fruizione disimpegnata, gli archi hanno saputo offrire una versione compatta e seria.

Poi è venuto il momento del protagonista e nessuno nutriva dubbi sulla capacità di Uto Ughi di risolvere il doppio compito al meglio. Tanto in Haydn che in Mozart egli ha semplicemente incantato, alternando lirismo a fior di labbra ad impeto, con una conduzione concentrata allo spasimo, sempre emozionante, a momenti quasi superando se stesso. Come nel tempo mediano e lento del Concerto di Haydn in cui ha sfoderato una tale fantasia di timbri, una tale ricchezza di sfumature da lasciare senza respiro, provocando, allo spegnersi dell'ultima nota, un applauso scrosciante, inopportuno eppure giustificabile. Con Haydn è stato afferrato in extremis l'occasione dell'anniversario, più volte altrove celebrato. Haydn fu compositore sommo, non provetto strumentista o virtuoso di uno strumento, tant'è che le pagine sue più frequentate dai solisti sono oggi il Concerto per violoncello ed il Concerto per tromba. Il Concerto ascoltato l'altra sera è opera giovanile e l'andamento del suo discorso musicale non appare tanto dialogante quanto basato sugli interventi in successione fra solista ed archi. Della temperie raggiunta dal primo, soprattutto nel tempo lento, si è detto, degli archi basterà aggiungere che si sono dimostrati all'altezza del compito. Con l'inserimento di due coppie di strumenti a fiato, solista ed Orchestra hanno dato vita al Concerto in la maggiore di Mozart, pagina per l'epoca invece fin eccessivamente virtuosistica. All'intenso cantabile sfoderato nell'Adagio, il solista osava anche esagerare un po' in generosità nell'originale terzo movimento, in particolare nell'episodio in ritmo binario indicato dall'autore "alla Turca". Agli intensissimi applausi Ughi avrebbe risposto volentieri, elargendo come al solito più di un fuori programma, ma è bastato lo stupore di un brano solo, l'avventura "no limits" della Ciaccona di Bach per un appagamento completo.

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.