ANVGD_cover-post-no-img

Status, quo vadis? (Voce del Popolo 22 mag)

di Milan Rakovac 

È palese che ho mutuato il titolo dell’XI “Forum Tomizza”, che fino al 28 maggio si svolge a Capodistria, Trieste e Umago. Il tema dell’XI Forum è, infatti, STATUS QUO… VADIS.

A quanti hanno studiato il latino è chiaro che il titolo del Forum è una combinazione di due detti latini: uno giuridico – status quo e uno religioso – quo vadis Domine.

Siffatta combinazione di questi due detti si presta a più letture. Ovviamente, in questo caso, il riferimento è al Forum e agli sforzi da questo fatti per cercare di mantenersi attuale e tagliente nei confronti del contesto in cui opera, ovvero del contesto esistente in quest’area transfrontaliera. E il contesto è difficile; la crisi colpisce tutto il mondo e anche l’area transfrontaliera, lungo le sponde del Dragogna ci confrontiamo con un nuovo slancio nazionalista e le tensioni storiche continuano a farsi sentire.

Delle vicende storiche si è discusso ampiamente anche un paio di giorni fa a Brescia, dove lo storico triestino Fulvio Salimbeni ed io abbiamo partecipato a una tavola rotonda coordinata dal giornalista Valerio di Donato. Propongo di seguito un ampio estratto dell’articolo di Emanuela Zanotti dedicato a questo incontro intitolato “Foibe ed esodo, le memorie divise di una tragedia”, che è stato pubblicato sul Giornale di Brescia. “Ogni avventura umana ci ricorda Claudio Magris, inizia con un esilio, una condizione drammatica. Il profugo vive una violenza, un senso d’incompletezza, una funambolica sospensione dell’esistere. Come trapezisti camminano in bilico tra due culture, sono gente di frontiera a cavallo tra due mondi diversi a cui sentono sempre di appartenere. Non sono solo ‘psicopatologie di frontiera’, come le definisce lo scrittore e poeta croato Milan Rakovac, una delle voci fuori dal coro della retorica nazionalista e figlio di un eroe della resistenza istriana, Joakim Rakovac, ucciso su delazione.

In un’affollata Sala Bevilacqua della Pace su iniziativa della Ccdc, Cooperativa cattolico-democratica di Cultura, Valerio Di Donato redattore del Giornale di Brescia e autore del libro ‘IstrianIeri Storie di esilio’, ha sollecitato e introdotto nel vivo di un dibattito doloroso due voci, Rakovac e Fulvio Salimbeni docente di storia contemporanea all’Università di Udine, studioso dei rapporti tra Italia e Jugoslavia nell’ ‘800 e ‘900.

La riflessione proposta, ‘Foibe ed esodo, memorie divise di una tragedia nazionale’, parte dall’esigenza di un reale contraddittorio tra parte italiana, slovena e croata. Rakovac col romanzo ‘Riva i druxi’, 1983, ha narrato l’esodo di 350mila italiani dall’Istria in conseguenza del Trattato di pace che cedeva l’Istria alla Jugoslavia. In un idioma ritmato da inflessioni venete, ha elencato cento modi multilingui di dire ‘stupido’ in istriano. Un tentativo letterario per evidenziare quanto siano aberranti tutti gli ‘ismi’. ‘Esistono due culture affacciate sull’Adriatico, nazioni in contrasto che non s’incontreranno mai; croati e italiani si guardano con un fucile immaginario, scusate, sono uno scrittore non sono politically correct’. Ciononostante, ha proseguito il poeta, una riconciliazione, un’armonia va riconquistata per onorare i cadaveri di quelle gole carsiche.

Come ricostruire la storia comune.

Le foibe sono come due binari paralleli ma, con testardaggine, dobbiamo riuscire a farle convergere… Si dovrebbero unire due memorie, con la volontà politica di creare quell’‘Italia affratellata con gli slavi del Sud’, di mazziniana memoria. Fulvio Salimbeni citando Raoul Pupo, massimo conoscitore del dramma delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata, osserva che la memoria non può che essere personale, ma altresì rispettosa di quella altrui… L’istituzione della Giornata del ricordo è sicuramente servita a far conoscere uno dei capitoli più dolorosi e a lungo dimenticati, ma attenzione che sia la memoria della Shoah, degli Armeni, dei Croati… ognuno rivendica un lutto privato. Chi è più vittima, chi ha sofferto di più? Salimbeni ha sottolineato quanto le interpretazioni storiche separate e divise in realtà tengano vivi i contrasti. Forse si dovrebbe istituire una giornata unica per fare i conti con il proprio vissuto senza il bilancio delle colpe altrui, scrivendo la storia a più voci, così come sono riusciti a fare Francia e Germania”.

Ebbene, credo che Salimbeni abbia ragione; va istituita una giornata del ricordo per tutto l’Adriatico, bisogno istituirla e celebrarla tutti assieme. Credo che le due culture adriatiche siano capaci di compiere un passo del genere, ma temo che non ne siano capaci le due nazioni e le due politiche. Non importa. Basta che a fare il primo passo siano le culture: basta che queste si muovano alla ricerca delle risposte e diano le indicazioni giuste per poterci lasciare alle spalle le domande retoriche; ad esempio quella posta dal Forum Tomizza; Status quo vadis?!

Cercare di mantenere in vita la forza di convivenza che abbiamo impostato non è esattamente una missione impossibile. Dopo che tutti noi, con leggerezza, abbiamo fatto nostro lo stile di vita americano è una sfida che vale la pena di cogliere!

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.