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Sgarbi parte da Trieste per l’Italia delle meraviglie (Il Piccolo 16 nov)

Sarà in libreria da mercoledì ”L’Italia delle meraviglie. Una cartografia del cuore” (Bompiani, pagg. 360, eyro 19,50), il nuovo libro del critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi, che propone un inedito ”viaggio in Italia” da Nord a Sud, da Trieste a Palermo, alla scoperta del patrimonio artistico e culturale del territorio italiano, anche di quello dimenticato e negato. Da Nord a Sud, un percorso ideale tra bellezze che tutto il mondo ci invidia e capolavori sconosciuti: dal Nordest che guarda a Oriente (Venezia, Trieste, Padova) alla Lombardia, dalle infinite città e cittadine dell’Emilia e della Romagna, passando per i borghi e le città delle Marche e dell’Italia centrale, Roma e l’Abruzzo, fino alle città luminose dei Regni del Sud (Napoli, Bari, Brindisi), la Calabria e la Sicilia e la Sardegna. Una cartografia dei luoghi – ma anche degli artisti e dei poeti – che nell’indicarne alcuni non dimenticherà di citarne altri e nel tralasciarne altri ancora sorprenderà i lettori che inseguiranno senza sosta questa guida d’eccezione. Per gentile concessione dell’editore Bompiani anticipiamo una parte del primo capitolo, intitolato ”Da Trieste a Casalmaggiore”, del nuovo saggio di Vittorio Sgarbi ”L’Italia delle meraviglie”.

di VITTORIO SGARBI

Nell’ottocentesco edificio di gusto neoclassico che si affaccia su Piazza Ponterosso ha abitato il grande scrittore James Joyce, l’autore dell’«Ulisse»; in questo luogo hanno trovato ampio respiro il pensiero, la poesia, la letteratura europea e la letteratura universale. Joyce arrivò a Trieste nel 1905 e, insieme ai suoi cari, abitò in questo edificio per qualche mese, come indica una targa posta sullo stesso. Ritroveremo un’indicazione analoga sopra la libreria di Umberto Saba.

Seguendo Umberto Saba ci spostiamo nella libreria antiquaria di Trieste. Esistono certamente librerie antiquarie importanti in molte città italiane, come a Roma o a Torino, ma questa è diversa da tutte le altre, anzitutto perchè è la libreria di un Poeta. La grandezza di Saba fu quella di ricercare, con la sua poesia, non una parola assoluta e astratta bensì la parola del quotidiano, tanto che il suo messaggio poetico è passato nei professori, nei maestri che abbiamo avuto nelle scuole, e Saba si ritrova così a esser eil poeta del Novecento più letto in Italia dopo la triade Carducci, Pascoli, D’Annunzio.

Ogni volta che ritorno a Trieste e vado nei locali di quella libreria, dove Saba non ha fatto soltanto lo scrittore e il poeta ma ha anche lavorato in senso stretto, sento che lì il suo spirito è vivo. In realtà, oggi, quella libreria è una biblioteca, soprattutto della memoria, un luogo in cui si ha la sensazione di sentire che il Poeta ancora vi abita. Quando Saba vendeva libri, Trieste era il luogo in cui la letteratura europea esprimeva la sua più alta capacità di testimonianza, perchè scrittori come Italo Svevo, James Joyce, Pier Antonio Quarantotti Gambini stavano creando una civiltà letteraria che aveva proprio Trieste come capitale.

Trieste ha uno dei più bei musei d’arte contemporanea d’italia, dal nome insolito, Museo Revoltella, che riprende il nome dal proprietario dell’edificio dove è raccolta una parte delle collezioni. Revoltella fu tra i finanziatori della Compagnia Universale del canale di Suez, impresa di cui rimane nel palazzo la testimonianza di una grande scultura allegorica di Pietro Magni. Una prima parte dell’edificio è dedicata all’età contemporanea, con le testimonianze legate alle tradizioni familiari dei Revoltella, che rispecchiano l’impresa industriale moderna; una seconda parte è dedicata alle colelzioni vere e proprie: due sculture di Arturo martini, una pittura di Sironi, grandi maestri del Novecento, ma soprattutto un nucleo di opere di maestri triestini, anch’essi in larga parte dimenticati o disconosciuti.

La sensibilità che le opere d’arte qui conservate esprimono è il parallelo visivo di quello che abbiamo descritto in letteratura parlando di Saba, Svevo e Joyce nei quali risalta la peculiare miscela di triestinità e di internazionalità. Quella che possiamo chiamare la Scuola triestina ha come suo rappresentante il pittore Arturo Nathan, la cui sensibilità corrisponde perfettamente a quella espressa da De Chirico, il primo pittore del Novecento italiano, che infatti è stato amico di nathan.

Nathan è il più romantico dei pittori triestini ed è uno straordinario interprete della condizione estrema di finis terrae che la letteratura triestina testimonia nei suoi autori più importanti: pittura e letteratura esprimono in fondo lo stesso clima, e possiamo immaginare che non la casa ricca di Revoltella bensì le case di Svevo, le case che poteva vedere Joyce, le case di Saba avessero alle pareti proprio i dipinti di Nathan, o di un altro grande artista triestino come Carlo Sbisà, decoratore di opere monumentali con mosaici e con affreschi, ma sorpattutto poeta di un intimismo domestico – non l’intimismo delle piccole cose, ma un intimismo tutto interiore – volto al pensiero, alla filosofia. C’è sempre in questi pittori qualcosa di profondamente filosofico, una riflessione sull’esistenza in cui anche la dimensione domestica non è mai crepuscolare, ma è sempre nutrita di pensieri elevati.

Nomi come Sbisà e Nathan rappresentano una vera e propria scuola di pittori che declinano la lingua moderna con l’accento triestino.

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