Ricordo dell’eccidio titino dei Carabinieri di Malga Bala (25 marzo 1944)

Ricordiamo i 12 carabinieri (Primo Amenici, Lindo Bertogli, Michele Castellano, Rodolfo Colzi, Domenico Dal Vecchio, Antonio Ferro, Dino Perpignano, Pasquale Ruggiero, Pietro Tognazzo, Attilio Franzan, Fernando Ferretti ed Adelmino Zillio) facenti parte delle formazioni della Guardia Nazionale Repubblicana, più precisamente volontari nella 62ª Legione “Isonzo”, che proprio oggi, 25 marzo, nel 1944 vennero orribilmente massacrati presso Malga Bala ad opera dei partigiani jugoslavi comunisti di Tito. 

Vennero dapprima catturati presso il comando vicino a Tarvisio ( il 23 marzo) e derubati di tutto. Giunti alla malga, dopo una marcia serrata, i Carabinieri furono rinchiusi nella stanzetta della stagionatura dei formaggi e, uno alla volta, spogliati, vennero dapprima avvelenati tramite una bevanda a base di soda caustica poi malmenati, incaprettati con filo di ferro, costretti nel piccolo cucinino della Malga e uccisi con il piccone. Finire un prigioniero o un avversario col piccone era un sistema in uso nel mondo comunista in segno di estremo dispregio verso il nemico, di umiliazione totale, di annientamento della sua dignità e personalità: si ricordi la fine di Trotckij. Così avvenne pure a Malga Bala.

Il comandante dei Carabinieri Perpignano era stato uncinato a testa in giù ad una trave della stanza e preso continuamente a calci nella testa, con le formiche attratte dal sangue che cercavano un pasto finalmente appagante. Sventrati, evirati, maciullati, singolarmente, subito dopo due partigiani trascinavano il corpo maciullato del malcapitato fin sotto un grosso sasso nelle vicinanze e la mattanza ricominciava con un nuovo prigioniero.

Poi, finita la carneficina, mentre ricominciava a nevicare, i 22 partigiani del distaccamento, se ne discesero a valle, intavolando nei giorni successivi, nel tentativo di “purificare” la propria immagine, la teoria che a commettere quella strage fossero stati proprio  i tedeschi per riversare poi, malignamente, la colpa sui partigiani della zona del tutto ignari dell’accaduto.  I tedeschi, invece, furono proprio coloro i quali scoprirono casualmente l’atroce scenario del massacro e diedero l’allarme, con il conseguente recupero dei trucidati: i funerali solenni servirono a dimostrare l’atrocità dei partigiani.

Proprio in questo giorno mi sento di consigliare a tutti voi di leggere il libro PLANINA BALA, proprio su questi avvenimenti. Un libro unico nel suo genere, scritto dal giornalista Antonio Russo, che alcuni anni or sono ha presentato la sua opera in una conferenza del Comitato provinciale di Treviso dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Si tratta di un lavoro puntiglioso, ricco di dettagli che l’autore riuscì ad estrapolare proprio dagli stessi partigiani, riuscendo anche ad intervistati e a registrare le loro voci sui nastri audio.

Roberto Biffis
Anvgd Treviso

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