Dante Adriaticus, una ricerca alle radici dell’italianità adriatica

In un’epoca in cui era ancora prematuro parlare di Stato e di Nazione, Dante aveva le idee ben chiare su quali fossero i confini territoriali e culturali d’Italia. Un’Italia concepita come una regione in cui si parlava una medesima lingua, osservata nella varietà dei suoi dialetti nel De vulgari eloquentia, in cui si fa menzione anche dell’istrioto. Un’Italia concepita nella Divina Commedia “com’a Pola presso del Carnaro, ch’Italia chiude e suoi termini bagna”, con riferimento alla necropoli romana di Pola, che l’illustre poeta ebbe quasi sicuramente modo di vedere durante un soggiorno istriano.

Nel periodo risorgimentale, in cui la lingua italiana rappresentava una componente fondamentale nella ricerca di un’identità ancora da perfezionare, Dante diventò icona nazionale e, nelle terre ancora irredente al termine delle Guerre d’indipendenza, statue e busti, riferimenti toponomastici ed iniziative culturali in onore del “ghibellin fuggiasco” si sarebbero riscontrati a Trento, Pola, Trieste, Zara e Fiume. Questa passione dantesca avrebbe raggiunto l’apice nel viaggio patriottico compiuto a Ravenna nel 1908 da centinaia di giuliani, fiumani e dalmati per recare omaggio alla tomba di Dante. Senza dimenticare che la Società Dante Alighieri, sorta a Roma nel 1889, svolse un ruolo importantissimo nel sostenere la salvaguardia e la promozione della lingua e della cultura italiana nelle province ancora sotto la dominazione asburgica. Al termine della Prima Guerra Mondiale sorsero ufficialmente anche a Trieste, in Istria, a Fiume ed in Dalmazia sedi locali della Dante Alighieri e dopo la Seconda Guerra Mondiale centinaia di migliaia di esuli adriatici si sarebbero identificati nei versi in cui il poeta fiorentino, incontrando nel Paradiso l’avo Cacciaguida, prevedeva e descriveva il proprio esilio: «Tu lascerai ogni cosa diletta più caramente; […] Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salire per l’altrui scale».

Il progetto dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia “Dante Adriaticus” trae nome da un’incisione che Adolfo De Carolis realizzò per celebrare nel 1920 Gabriele d’Annunzio e la città di Fiume, al centro di un travagliato percorso di riunificazione all’Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Tale iniziativa è stata ideata, programmata e coordinata dal Comitato provinciale di Roma dell’ANVGD attraverso un Comitato scientifico composto da Donatella Schürzel, Eufemia Giuliana Budicin, Maria Grazia Chiappori, Lorenzo Salimbeni e Barbara Vinciguerra. La finalità del progetto è quella di ricordare che, al di fuori degli odierni confini, l’italianità autoctona dell’Adriatico orientale è da salvaguardare, oggi più che mai, e da ricostruire nella sua plurisecolare presenza in loco. Il progetto si è sviluppato in diverse attività che si sono svolte in tre poli culturali: Roma, Verona, Pola. Sul canale YouTube del Centro di Documentazione Multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata (CDM) è possibile vedere la registrazione di tutto gli eventi del progetto.

I momenti di studio e approfondimento prevedevano Convegni di taglio multidisciplinare, Itinerari tematici, legati ai luoghi di Dante e del suo tempo, Performances poetico-musicali, accompagnate da immagini e con approfondimenti proposti da esperti da realizzare tra settembre e ottobre auspicabilmente in presenza (comunque nel rispetto delle normative sanitarie in vigore). Al termine delle attività verrà allestito, nella sede romana della Casa del Ricordo, un report con mostra fotografica; inoltre il materiale prodotto durante i convegni sarà raccolto e pubblicato negli Atti, la cui presentazione avverrà prossimamente a Roma.

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Il Piccolo – 25/03/2022

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