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Quei Volontari smarriti nelle pieghe della Storia (Voce del Popolo 10 ott)

TRIESTE – Trieste 1945: quante liberazioni? La domanda è anche sottotitolo di un volume di Marina Cattaruzza che indaga su memoria della guerra, identità nazionale e consolidamento della democrazia. Tra i nodi ancora da sciogliere l’insurrezione armata di Trieste da parte degli uomini del CVL. Nonostante se ne sia parlato recentemente, rimangono in sospeso considerazioni e verità ancora da palesare. Perché? La risposta è molto semplice. Ai protagonisti di questa storia venne chiesto il “silenzio sui fatti”… come racconta Fabio Forti Presidente Associazione Volontari della Libertà.

“Partirei da un piccolo, ma fondamentale particolare: l’insurrezione del Corpo Volontari della Libertà fu guidata dal ten. col. Antonio Fonda Savio, che per disposizione del Presidente del C.L.N. di Trieste, don Edoardo Marzari, si prese la piena e grave responsabilità di quell’insurrezione cittadina, che il 30 aprile 1945 con non facili, complessi ed anche piuttosto duri combattimenti decretò il possesso della Città. Fu proprio quell’azione militare dei Volontari, a salvare il porto di Trieste dalla sua completa distruzione. Vennero fermate le motozattere tedesche che avevano il compito di sbarcare i soldati che avrebbero innescato le mine”.

Perché si tenta ancora oggi di sottovalutare il vostro contributo?

“Perché ha una certa incidenza sia sul piano politico che su quello militare. Ci sono personaggi che gongolano quando qualcuno “sparla” di noi. Mi riferisco per esempio a quanto scritto dallo storico sloveno Gorazd Bajc, che afferma: “Per quanto riguarda l’insurrezione del 30 aprile, senza sottovalutare i combattimenti nel centro di Trieste, appaiono decisivi sul piano militare quelli svoltisi intorno alla città, soprattutto ad Opicina e a Basovizza. Sono del parere che al 30 aprile dovremmo attribuire un valore simbolico. Ora, non ci meraviglia che questa “negazione” provenga da parte “slovena”, che tutto sommato gli storici continuano a curare i loro interessi, ma che anche da parte “italiana”, qualcuno voglia in qualche modo sminuire finanche annullare, il valore dell’azione dei giovani Volontari. Dimenticano questi signori che nelle motivazioni per la Medaglia d’Oro al valore militare concessa alla Città di Trieste, un punto riguarda direttamente il Corpo Volontari della Libertà: …In condizioni particolarmente difficili sotto l’artiglio nazista dimostrava con la lotta partigiana quale fosse il suo anelito alla giustizia e alla libertà che conquistava cacciando a viva forza l’oppressore”.

Ma a livello nazionale ed internazionale la vostra azione ha riscontri positivi?

“Certamente, voglio ricordare qui Roberto Battaglia nella sua grande Storia della Resistenza italiana, in cui scrive: “il dissidio politico nazionalistico mina invece la resistenza nella Venezia Giulia. Gli Alleati fermano le truppe neozelandesi che stanno per entrare a Trieste. Il 30 la città tuttavia si libera da sola e il tricolore sventola di nuovo sul municipio al posto della svastica, che tedeschi e rinnegati fascisti avevano issato nel 1943. E poi non posso dimenticare Dennison Rusinow, uno dei più accreditati studiosi inglesi della Jugoslavia di Tito, il quale afferma che gli uomini della Resistenza italiana a Trieste rimasero “fino alla fine un gruppo ristretto ma coraggioso di uomini audaci e votati alla causa, fedeli ai loro ideali e alla ferma convinzione, a cui erano già pervenuti da tempo, su quale fosse, per loro, la sola via percorribile”. E c’è un altro punto sul quale voglio fare una semplice osservazione: di questi tempi, si dice che nessuno voglia ricordare il sacrificio dei combattenti della Repubblica Sociale Italiana, che operarono nell’Alto Carso contro i partigiani slavo-comunisti, in difesa dell’”italianità” di queste nostre terre. E allora si dimentica che in caso di vittoria del III Reich, le Province di Bolzano, Trento e Belluno (Operationszone Alpenvorland) e di Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume (Operationszone Adriatisches Kuestenland), sarebbero state annesse alla “Gross Deutschland”; quindi le truppe della R.S.I. combattevano per l’italianità di queste terre, oppure per la loro tedeschizzazione? Ciò senza nulla togliere alla sincerità ed al loro amor di patria”.

Perché, secondo Lei, c’è tanta difficoltà a ricordare nella giusta dimensione, con equidistanza e consapevolezza delle proprie posizioni?

“Per una sorta di pudore. Quanto è successo nella Venezia Giulia è la tragica conseguenza di quella infausta guerra che noi italiani (la colpa dobbiamo assumercela tutti assieme), abbiamo dichiarato, al mondo intero (vae victis). E a nulla sono valse azioni che oggi si tenta di far apparire “strategiche”. Mi riferisco al ruolo della X MAS nella battaglia di Tarnova. La Decima, in quello scontro, soggiace ad una controffensiva dei partigiani, subisce perdite ed è costretta, anche per mancanza di rinforzi, a ripiegare su Gorizia. Ma il IX Korpus, pur avendo avuto la meglio, non si muove, rimane protetto nei boschi, non si sogna nemmeno di arrivare in città. È grazie a questa operazione che si sarebbe in seguito arrivati a “salvare all’Italia Trieste e Gorizia”? Pia illusione. Se all’Italia è stato graziosamente “concesso”, da parte degli Alleati, queste due città, lo si deve esclusivamente a superiori interessi internazionali tra il “blocco democratico occidentale” ed il “blocco comunista orientale”, null’altro! Se però i tedeschi fossero riusciti a far brillare le mine del porto di Trieste, la città sarebbe stata quasi certamente ceduta alla Jugoslavia”.

Nonostante ciò siete stati sacrificati col comando del silenzio…

“Siamo stati “sacrificati” per la “Libertà”. Nulla abbiamo mai chiesto, anzi abbiamo ubbidito all’invito, alla fine della guerra, di apparire il meno possibile, a causa della difficile situazione da “Guerra Fredda” in cui era costretta queste estrema parte nordorientale d’Italia. Su tutto ciò va meditato previa documentazione, se si vuole almeno tentare di capire in parte quella pagina di storia che ci riguarda, in quel triste periodo che si riferisce alla parte finale della Seconda guerra mondiale”.

Rosanna Turcinovich Giuricin

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