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Punta Salvore che ispirò Tintoretto (Il Piccolo 08 ott)

di NIKI ORCIUOLO

Punta Salvore, il punto più occidentale dell’Istria, s’identifica, per chi naviga nel golfo di Trieste, come il luogo da cui, da quasi due secoli, si diffonde la luce dello storico faro. Progettato da Pietro Nobile su commissione e a spese della Deputazione della Borsa di Trieste, l’odierna Camera del Commercio, fu inaugurato nel 1818 alla presenza dello stesso imperatore Francesco I. Attirò subito la curiosità di molti e, in un certo senso, diede inizio all’attività turistica della zona con la creazione di alberghi, pensioni e di un ospizio marino destinato ad accogliere bambini da tutto l’impero austro-ungarico.

Il faro in pietra locale, alto 36 metri e con una portata di 20 miglia, fu costruito con l’intento di rendere più sicura la navigazione verso Trieste; ad esso venne aggiunto nel 1822 un edificio progettato da Matteo Pertsch. Fu anche il primo nel Mediterraneo ad utilizzare, per l’illuminazione, gas distillato dal carbone che diede però molti problemi al punto che già nel 1823 si ricorse alla primitiva illuminazione con l’olio di oliva prodotto nei dintorni.

Salvore è ricca di storia, ma l’episodio forse più importante, è la battaglia navale che ebbe luogo nel 1177 nei pressi della costa. In quelle acque infide avvenne, infatti, lo scontro tra 40 galere veneziane, allestite anche grazie all’aiuto delle cittadine istriane e sostenute da papa Alessandro III, e ben 75 genovesi e pisane schieratesi dalla parte dell’imperatore Federico Barbarossa. La flotta comandata dal doge Sebastiano Ziani e Nicolò Contarini, nascosta nel vallone di Pirano colse di sorpresa gli avversari, catturò 45 navi, ne affondò altre e fece prigioniero lo stesso comandante, il futuro Ottone IV, figlio del Barbarossa. La vittoria ebbe vasta eco tanto che a Venezia, nella sala del Gran Consiglio, fu esposta una grande tela dell’evento dipinta da Domenico Tintoretto e ogni anno, per perpetuarne il ricordo, si ripete in Canal Grande la suggestiva cerimonia dello “sposalizio del mare”.

L’accesso al porticciolo è piuttosto difficoltoso con grandi imbarcazioni ma, con un po’ di prudenza, vale la pena di penetrare nella baia riparata, accostare ai pescherecci o alla vecchia banchina o gettare l’ancora tra i resti semisommersi di due poderosi moli romani in pietra arenaria costruiti a secco e le rovine di un’antica torre di difesa veneziana.

L’originale paesaggio con le barche sospese sul mare per difenderle dai forti venti di bora e scirocco rende il luogo oltremodo interessante e piacevole.

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