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Padriciano: nomadi e profughi (Il Piccolo 15 gen)

LETTERE

«Siamo stufi, abbiamo ospitato per decenni i campi profughi». Così dichiara nell’intervista il sig. Drago Gregori sul Piccolo dell’8 gennaio 2008.

È qui che voglio soffermarmi, in quanto mette sullo stesso piatto della bilancia profughi e nomadi. Questo vuol dire che lei signor Gregori non sa distinguere la lana dalla seta.

I profughi istriani installati nei campi di Padriciano hanno portato la loro cultura sul Carso e si sono ben integrati nella realtà locale. Anche se non era facile, in quanto voi non siete stati teneri nei nostri confronti, ci chiamavate «Tuijzi»!

Lascio a lei la traduzione che penso sia spregiativa. Con tutto ciò penso che ai profughi istriani non sia rimasto nessun rancore nei vostri confronti, anzi vi ringraziano per la vostra ospitalità. Anche se non è stato facile.

I profughi istriani hanno lavorato e hanno speso quei quattro spiccioli che avevano nelle botteghe e nelle osterie del Carso ma non hanno mai rubato, come dice lei che fanno i nomadi, che, a parole, tutti li amano ma nessuno li vuole.

Ce li impone l’Europa come impone la caratura delle banane e la lunghezza dei cetrioli. Dunque, signor Gregori, neanch’io voglio i nomadi vicino a casa mia. Ma se venisse ad abitare nel mio condominio un carsolino della minoranza slovena sarebbe ben accettato.

Mi perdoni signor Gregori, penso che lei indossi ancora l’abito dell’odio, che, per fortuna, nel nostro territorio si è dismesso ormai da tanto tempo.

La prego di non sproloquiare più confondendo il diavolo con l’acqua santa e le auguro che la sua lotta abbia un buon fine.

Antonio Coslovich

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