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Le voci sul dopo-Ravignani (Il Piccolo 15 gen)

di GABRIELLA ZIANI

Aspetta, mormora, forse sa, ma non dice. La Chiesa triestina, e non solo questa, elegantemente si astiene dal sollevare un chiacchiericcio mondano su chi sarà il prossimo vescovo di Trieste, a oltre un anno dalle formali dimissioni di Eugenio Ravignani, in ossequio a una norma vaticana (ora però in discussione, un documento di modifica è già all’attenzione del Papa) che impone un «fine carica» al compimento dei 75 anni.

Le indiscrezioni tuttavia non mancano. Intanto Ravignani lavora come se nulla fosse accaduto, infatti non è accaduto niente se non che nel frattempo anche il vescovo di Udine, monsignor Brollo, si è dimesso lo scorso dicembre, sempre per raggiunti limiti di età. Le due principali diocesi della regione sono dunque «in proroga» e in attesa, e forse la partita cambierà di fronte alla mutata scacchiera.

In questo periodo Ravignani ha sovrinteso a San Giusto, in nome di Papa Ratzinger, alla prima beatificazione mai celebrata a Trieste nell’intera storia della diocesi (quella, politicamente delicatissima, di don Bonifacio, primo riconosciuto martire delle foibe) e ha ricevuto il San Giusto d’oro, premio offerto dai cronisti ma in fondo omaggio della città, ha pubblicato un libro di sintesi dei suoi interventi pubblici e accentuato ancora il severo monito ai triestini: accoglienza, attenzione ai poveri, multiculturalismo, perdono storico, rispetto per le altre religioni.

Si capisce che in un contesto così complesso, dove tra l’altro oggi un vescovo non può permettersi d’ignorare un po’ di lingua slovena, ormai sdoganata anche dal pulpito, da un lato è impegnativo per gli uffici vaticani trovare un candidato adatto, e dall’altro anche i candidati adatti a volte rifiutano.

È, successo, pare, già tre volte. Da qui il tempo che passa. «E più ne passa – dicono voci informate – più le indiscrezioni corrono». Si sa di fazioni con le antenne ritte, dell’attesa o speranza o timore (a seconda degli umori) che il vescovo sia scelto fra il più esperto clero della diocesi triestina, e d’altra parte l’ipotesi viene screditata, anche se resta per alcuni quanto meno solleticante.

In questa spessa cortina di silenzio fuggono tuttavia dal segreto almeno tre nomi, tre candidati non ufficiali, comunque «papabili» anche se incerta a oggi è la percentuale di possibilità che l’accreditamento sia ancora tale. E si tratta di personalità interessanti. Il primo è il veneto Giampaolo Crepaldi, nato a Pettorazza in provincia di Rovigo nel 1947, già vescovo di Bisarcio nel comune di Ozieri in Sardegna, e soprattutto direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro dal 1985 al 1994, sottosegretario del Pontificio consiglio della giustizia e della pace riconfermato nel 2001, autore di moltissime pubblicazioni.

Il secondo nome che si spende in queste ore dietro le quinte è quello del rettore della Basilica di Sant’Antonio a Padova. Padre Enzo Poiana – e qui sta uno dei suoi probabili atout – è nato a Corona, nei pressi di Gorizia, nel 1959. Ha frequentato il seminario di Gorizia, dove dopo un’interruzione lo convinse a tornare padre Antonio Vitale Bommarco, poi vescovo proprio di Gorizia, che in quella stessa cattedrale lo ordinò sacerdote nel 1991. Una vicinanza territoriale che sarebbe in linea con le precedenti scelte attuate per la curia triestina (Santin, Bellomi, Ravignani) e che confermerebbe il peso, in materia di nomine, anche della Conferenza episcopale del Triveneto dove due sedi sono state appena coperte (Vittorio Veneto e Bolzano).

La controprova? Il terzo nome. Di nuovo si torna in area veneta. Tra i possibili prescelti per Trieste ci sarebbe infatti anche il parroco di Chioggia, monsignor Angelo Busetto. Città dove il vescovo lo scorso ottobre si è ugualmente dimesso per età.

Nessuno ha fretta di veder Ravignani lasciare il suo posto. Qualcuno si spinge però a dire che mancherebbero settimane all’annuncio (ma lo si sussurrò già l’ottobre scorso quando la data ultima sembrava quella di Bonifacio beato), e qualcun altro pensa che la meditazione sia ancora in alto mare. A volte per riconsegnare insegne vescovili ci vogliono anche due anni e questo non è certo bene per chi è nelle incerte vesti del prorogato.

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