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Maroni a San Giusto rende onore a Palatucci (Il Piccolo 30 set)

di PIERO RAUBER

A chi gli chiedeva di replicare a Fini sui tempi per la cittadinanza italiana agli immigrati ha invocato «altre domande?». E a chi voleva una sua opinione sugli ultimi episodi di razzismo nel Bel Paese ha tagliato corto con un «eh vabbé». Niente polemiche, ha preferito Roberto Maroni, quando ieri alle 17.15 ha toccato il suolo triestino per mettere il sigillo sulla festa della polizia. Si è limitato a ricordare che lo strumendo delle ronde «è nelle mani dei sindaci, se vorranno utilizzarle bene, se non vorranno va bene lo stesso». E che «l’accordo con la Libia funziona benissimo», dato che «l’anno scorso, nello stesso periodo c’erano stati 18 mila sbarchi di clandestini, quest’anno sono 1800». La location del suo ”sbarco”, d’altronde, poco s’addiceva a un’alzata di toni.

Il ministro dell’Interno, infatti, come da programma, è arrivato in città giusto in tempo per entrare nella Cattedrale di San Giusto e presiedere alla Santa Messa dedicata al patrono della polizia di Stato, San Michele Arcangelo. Si è trattenuto qualche minuto, questo sì, all’esterno della chiesa, con il capo della polizia Antonio Manganelli, il suo sottosegretario Alfredo Mantovano, l’assessore regionale leghista Federica Seganti e altre autorità locali. Forse qualche minuto più di quanto si aspettassero i ”padroni di casa”, se è vero che a un certo punto il parroco di San Giusto don Giorgio Carnelos ha invitato a sveltire i convenevoli, rivolgendo allo staff del ministro un «che comincino a entrare».

Il problema è che non si vedevano ancora i due pulmann di ospiti provenienti da Roma via Ronchi. Giunti questi, potere temporale e spirituale sono diventati un tutt’uno, con la tromba e il quintetto d’archi della Banda della polizia ad accompagnare la Messa. Monsignor Eugenio Ravignani, alla sua ultima funzione pubblica da vescovo, ha puntualizzato che «la conversione del cuore spetta solo a Dio», ma «spetta a voi», cioè ai poliziotti, «prevenire e contrastare il male». E fra i caduti in servizio Ravignani ha citato «alcuni figli di questa nostra terra, essi sono nel libro dei Giusti, perchè hanno custodito l’ordine che genera la pace». Un nome su tutti, l’ultimo questore di Fiume Giovanni Palatucci, «che salvò dai campi nazisti migliaia di ebrei» e che «dalla nostra città fu deportato a Dachau dove trovò la morte».

E proprio Sebastiano Somma, l’attore che nella fiction ”Senza confini” ha interpretato Palatucci, è stato uno dei protagonisti della cerimonia serale al Teatro Verdi, presentata da Paola Saluzzi e Fabrizio Frizzi. Somma ha letto una toccante lettera dell’ispettore capo Giuseppe Fierro, scritta poco prima di morire, cui è stato attribuito il ”Premio San Michele”. Manganelli l’ha consegnato alla vedova Laura Colella. Altri riconoscimenti sono andati dalle mani di Maroni ai Pooh, fra i più applauditi assieme ad Aldo, Giovanni e Giacomo. L’ultimo ”Premio San Michele” è stato sdoppiato fra Roberto Cammarelle e Domenico Valentino, freschi campioni del mondo di pugilato ed entrambi portacolori delle Fiamme Oro. A premiarli un altro figlio di queste terre: Nino Benvenuti.

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