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La Nato recupererà le bombe al largo dell’Istria (Il Piccolo 02 ott)

FIUME Sarebbero perlomeno una quindicina le bombe scaricate – e non ancora individuate – nelle acque nordorientali dell’Adriatico dagli aerei della Nato al loro ritorno dalle missioni sulla Serbia durante il conflitto innescato dalla crisi in Kosovo. Ordigni che avrebbero dovuto essere sganciati in zone di mare esattamente delimitate (almeno in teoria) da velivoli in difficoltà per i danni subiti dalla contraerea serba o comunque in avaria: “alleggerimenti” effettuati per motivi di sicurezza prima del rientro nelle basi in territorio italiano, in primis quella di Aviano. È tuttavia assai probabile che gli ordigni scaricati nella zona al termine dei raid di dieci anni fa sulla Serbia siano in realtà parecchi di più. Tra i quali anche le micidiali bombe a frammentazione o i missili anticarro all’uranio impoverito, usati per certo in Kosovo e in territorio serbo. Che siano “soltanto” una quindicina o probabilmente di più, resta il fatto che costituiscono un pericolo incombente che si dovrebbe fare in modo di eliminare.

Delle “bombe americane” in Adriatico s’era parlato, quasi di sfuggita, solo durante i raid aerei o, per poco tempo, al termine delle incursioni. Poi sul problema (e sul pericolo latente) era calato il silenzio.

A sollevare di nuovo la questione è stato un ex ufficiale croato, che a qualche anno dal pensionamento ha deciso fosse il momento di riproporre il problema del recupero e disinnesco degli ordigni prima di qualche disastro, anche di profilo ambientale. Secondo Nediljko Pusic, questo il nome dell’ufficiale a riposo, nella fascia orientale dell’Adriatico, incluse le acque territoriali croate, dalla primavera 1999 ci sarebbero ancora almeno una quindicina di ordigni esplosivi scaricati dai cacciabombardieri della Nato (soprattutto Usa) che dovrebbero essere localizzati e recuperati.

Non sarebbe neanche da escludersi che pure la tragedia del tuttora misterioso incendio su una delle Incoronate (Kornati), in cui il 30 agosto del 2007 vennero carbonizzati 12 pompieri spediti a domare un incendio di sterpaglia su un isolotto quasi del tutto disabitato, fosse dovuto proprio a un qualche ordigno inesploso. Un’ipotesi che i governanti di Zagabria si sono sempre rifiutati di prendere in considerazione, senza tuttavia spiegare i motivi dell’invio sull’isola di un distaccamento di truppe speciali, giunto sul posto ben prima dei soccorritori. Così come resta inspiegata la misteriosa scomparsa dei registratori di volo degli elicotteri fatti intervenire dopo il “distaccamento speciale”.

Il problema degli ordigni disseminati in Adriatico resta comunque attuale e potrebbe originare nuovi disastri. Al riguardo il succitato Pusic ha avviato una propria indagine personale, raccogliendo sull’argomento un dossier di oltre 18 kg di documenti. I suoi più recenti tentativi di richiamare l’attenzione sulla vicenda delle “bombe di scarto” e i suoi precedenti appelli non hanno suscitato la benchè minima reazione da parte del governo. Stando a quanto emerso dalla Conferenza internazionale sullo sminamento e la bonifica dagli ordigni esplosivi, svoltasi nell’agosto 2004 in Danimarca, in Adriatico gli aerei Nato al rientro dai raid in Serbia avrebbero scaricato più di 230 tra bombe di vario tipo e missili.

Gli “alleggerimenti” sarebbero avvenuti in aree di mare ben delimitate, suddivise fra il Medio e l’Alto Adriatico. Le successive operazioni di recupero avrebbero tuttavia individuato anche degli ordigni al di fuori di tali aree. In tutto l’opera di bonifica o “decontaminazione”, suddivisa in due tranche, avrebbe interessato oltre 1.040 miglia quadrate di mare. Secondo un rapporto ufficiale Nato, “gran parte degli ordigni sarebbero stati recuperati”. Gran parte, ma non tutti. La quindicina o forse più di quelli non individuati sarebbero disseminati soprattutto in un quadrilatero situato a Nord della congiungente Capo Promontore-Venezia. Un’altra zona potenzialmente a rischio sarebbe poi costituita da un’area circolare proprio al largo delle Incoronate.

Sullo stesso argomento da aggiungere un’ultima novità. Domenica a Spalato, in chiusura dell’esercitazione congiunta “Jackal Stone” (reparti speciali antiterrorismo di una decina di Paesi sotto l’egida Nato) sarebbe stato l’ammiraglio Usa Mark Fitzgerald, che a Napoli è a capo dello Stato maggiore delle forze combinate del Fronte Sud dell’Alleanza, ad accennare al problema. Dichiarando la disponibilità Nato a mettere a disposizione della Croazia i mezzi tecnici, il personale specializzato e la documentazione necessaria per il recupero delle “bombe disperse”. (f. r.)

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