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Il Piccolo – 091207 – Lubiana: intervista col Ministro Rupel

Mauro Manzin

LUBIANA – L'ingresso nell'area Schengen, la presidenza dell'Unione europea dal 1 gennaio 2008 e i rapporti tra Italia e Slovenia: è un fiume in piena il ministro degli Esteri, Dimitrij Rupel che, davanti a un caffè, nel suo austero ufficio di Lubiana trova la forza di sorridere alle sfide che attendono il suo Paese. Appena 16 anni fa in guerra per l'indipendenza, tra 22 giorni sul tetto d'Europa.

*Che cosa significa per la Slovenia l'ingresso in Schengen?

«Schegen è la realizzazione di un grande desiderio. È il nome per un'Unione europea aperta e senza confini. È il nome di un successo della Slovenia e io spero di tutti gli altri Paesi Ue quando si parla di rapporti tra popoli, Stati, nazioni, lingue, culture. In breve una cosa positiva».

*Che cosa cambierà il prossimo 21 dicembre?

«Cambieranno alcune abitudini della gente e io spero in una direzione positiva. Se penso alla gente che vive nella Valle del Vipacco o sul Carso ritengo che le loro strade e i loro punti di vista cambieranno. Se guardate la carta geografica vedrete che il confine tra la Slovenia e l'Italia è fatto in un modo tale da impedire i contatti tra chi appartiene alla stessa nazione, ma anche tra gli sloveni e gli italiani che vivono in quest'area. Chi vive nella Valle del Vipacco o sul Carso avrà una strada più breve per  raggiungere il mare. Gli sloveni che vivono a Trieste o a Gorizia avranno molto più spazio. Noi sloveni che vogliamo bene al Litorale, a Trieste e a Gorizia saremo più felici».

*Però sul Carso sloveno sono in molti a temere di diventare una sorta di provincia di Trieste visti anche i numerosi acquisti di terreni e immobili da parte degli italiani in quell'area…

«Ho molte volte e molto spesso sentito affermazioni di questo tipo. Mi ricordo quando è stato raggiunto il cosiddetto "Compromesso Solana", quando è stato dato semaforo verde al processo di associazione della Slovenia all'Unione europea dopo alcune complicazioni con l'Italia molti ammonivano che gli italiani avrebbero comperato la terra in Slovenia. Ma ciò non è avvenuto. È
ridicolo».

*Ora però la situazione è cambiata…

«Certo, siamo nell'Unione europea, gli sloveni possono acquistare terreni e immobili in Italia e se da noi i prezzi saranno troppo alti allora la gente si orienterà in modo diverso e inizierà a comperare immobili in Italia. Io stesso avrei voluto piuttosto che acquistare una casa a Strugnano comperare
un immobile a Prosecco che è la terra dei miei avi. Io credo che questi siano paure ingiustificate. Ma ritengo altresì giusto che la gente si orienti valutando le occasioni, i prezzi e così via».

*Per Trieste e Gorizia la caduta del confine ha un sapore particolare. Gorizia perché era una sorta di piccola Berlino. Trieste perché non è riuscita ancora a metabolizzare i 40 giorni dell'occupazione titina e con tutto quello che ne è seguito. Tant'è che a Trieste per andare in Slovenia si dice ancora "andare in Jugo"…

«Lei fa questa domanda a uno che ha con Trieste e con i triestini un rapporto prioritariamente positivo. Perché Trieste è la città natale di mio padre. Perché Trieste è stato e lo è ancora uno dei centri della slovenità e della cultura slovena. Io vedo in Trieste una parte indispensabile della mia vita ma anche di una gran parte degli sloveni. Credo che dobbiamo sviluppare le tradizioni positive di Trieste. Trieste una volta respirava molto liberamente assieme al suo retroterra che oggi fa parte della Slovenia.
Quando è stato creato il confine tra Italia e Jugoslavia nel 1945 e poi confermato nel 1975 questo confine era più o meno un confine classico ma allo stesso tempo artificiale. Un confine che tagliava nel profondo i rapporti umani. Senza questo confine vivremo tutto meglio. Questo vale per gli italiani e per gli sloveni. Noi tutti dimentichiamo che prima della Prima guerra mondiale sloveni, italiani, tedeschi vivevano assieme in amicizia e cordialità e i problemi suscitati da una parte dal Fascismo e,
dopo la Seconda guerra mondiale, dall'altra parte sottolineati dal Comunismo, a quell'epoca non c'erano. Io desidero che si ritorni a quel tipo di fraternità tra popoli in questa parte del mondo. Del resto questo è il nostro mondo centroeuropeo e mediterraneo che ci è comune su cui viviamo da
secoli insieme e vivremo assieme nel futuro. Voglio solo ribadire un concetto da me più volte evidenziato: dopo Schengen e da quando noi sloveni siamo nell'Ue gli italiani sono automaticamente nostri amici. E oggi italiani e sloveni collaboriamo nelle istituzioni europee e ci capiamo bene
e molto spesso ci aiutiamo».

*Lei parla di convivenza europea. Ma dopo Schengen quelle scritte che inneggiano a Tito sui fianchi del monte Cocusso, ad esempio, o che sono apparse sul Sabotino spariranno o rimarranno lì a ricordo di una storia passata?

«Sono forse insensibile, ma queste scritte non le vedo o le osservo molto raramente. Del resto pochi giorni fa sono stato a Berlino e ho visitato il Bundestag. E lì ci sono scritte in cirillico, lasciate e conservate dai tedeschi. Sono le scritte dei soldati russi che occuparono Berlino nel 1945.
La storia è lì e penso sia giusto che ce la ricordiamo. Cancellare artificialmente questo passato non ha senso. Quello che conta è che quei problemi ci furono ma che oggi quei problemi non ci sono più».

*Lei ha parlato del suo recente viaggio a Berlino. Ma pochi giorni fa si è incontrato anche con il ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema. In vista della presidenza dell'Ue della Slovenia sta nascendo un nuovo asse politico-diplomatico Roma-Lubiana-Berlino?

«No, dobbiamo essere molto prudenti quando usiamo certi termini come "asse" e così avanti. Sono termini alquanto screditati dal passato. Sono stato a Roma per accompagnare il premier Janez Jansa che ha visto anche il Santo Padre e in questa occasione ho voluto parlare con il mio amico D'Alema con cui abbiamo molte visioni comuni. Abbiamo discusso dell'allargamento dell'Unione europea, dei colloqui tra la Croazia e l'Ue con particolare riguardo alla zona ecologico-ittica e con D'Alema abbiamo confrontato i nostri dati e le nostre reciproche conoscienze e ci siamo trovati d'accordo».

*E la Germania?

«Per quel che riguarda la Germania il tema principale è stato il Kosovo. La diplomazia tedesca è molto sperimentata e ha anche molte cose da dire sui Balcani orientali. I tedeschi hanno presieduto un anno fa l'Ue e credo che sia per noi molto utile ottenere informazioni anche dalla parte tedesca. Come sapete il problema Kosovo sarà irrimediabilmente anche un problema della presidenza slovena e per questo mi è sembrato importante confrontarmi anche con il collega Steinmayer».

*Che cosa è scaturito di preciso sul tema Kosovo?

«Dobbiamo compiere tutti gli sforzi per incrementare l'unitarietà dell'Unione europea sul problema Kosovo soprattutto per quel che riguarda il futuro dei Balcani orientali che io mi sento di dire dovrà essere dentro l'Unione europea».

*Quando D'Alema ha visitato Lubiana nel gennaio scorso ha sollevato il problema degli Accordi di Roma del 1983, susseguenti al Trattato di Osimo. Il capo della Farnesina ha affermato che i 110 milioni di dollari di indennizzo allora pattutiti con la Jugoslavia vanno rivisti e va rivalutato il criterio in base al quale la Slovenia, che peraltro ha già onorato il suo debito, si sia accollata i due terzi di quanto pattuito lasciando un terzo alla Croazia. Lei che cosa ne pensa? E perché l'Italia non ha ancora
ritirato i 70 milioni di dollari che Lubiana ha depositato in un conto fiduciario della «Dresdner Bank» di Lussemburgo?

«Questo deve chiederlo al governo italiano. Per quel che riguarda la suddivisione del debito jugoslavo sancito dagli Accordi di Roma è molto semplice calcolare quanto spetta alla Slovenia e quanto alla Croazia. La Slovenia ha onorato il suo debito e il denaro è depositato alla Dresdner Bank di Lussemburgo ed è a disposizione dell'Italia. Io capisco che l'Italia aspetti che anche la Croazia paghi la sua parte e non so di preciso quale sia la situazione. Desidero che questo problema venga presto risolto perché rappresenta una sorta di rimasuglio del passato. Quando era ministro degli Esteri, Renato Ruggiero ho parlato con lui di queste problematiche e il comunicato congiunto che ne è scaturito esprimeva chiaramente il concetto che "pacta sunt servanda". Credo che questo valga anche per i nostri amici croati e con questo per me la questione è "ad acta"». Cioè, archiviata.

*A proposito di Croazia, c'è il problema della zona ecologico-ittica. Se Zagabria non farà un passo indietro bloccando l'entrata in vigore della stessa per i Paesi Ue l'1 gennaio 2008 Italia e Slovenia sono pronte a porre il veto all'adesione della Croazia all'Unione europea?

«Siamo ancora lontanti da una decisione del genere. E io in questo momento non anticiperei nulla. Come sapete la Croazia non ha ancora il nuovo governo. Come sapete l'Unione europea ha già più volte ribadito che la possibile entrata in vigore di questa zona significherebbe un grosso problema per la Croazia nel suo processo di adesione all'Ue. Resterei su questa situazione. Io ho parlato con il commissario europeo per l'Allargamento Olli Rehn e sono d'accordo con lui quando afferma che la Croazia prima di far entrare in vigore questa zona deve raggiungere un accordo con i Paesi limitrofi. Questo la Croazia lo ha promesso e su questo si è impegnata. Se la Croazia rompesse la promessa questo sarebbe veramente un grosso problema, non tanto per noi quanto per la Croazia».

*Senta ministro, in Slovenia c'è un governo di centrodestra…

«No, un governo di centro».

*Va bene. Lo scorso governo italiano era quello di centrodestra a guida Berlusconi. Perché i rapporti sono migliori tra Lubiana e Roma ora che invece c'è l'esecutivo di centrosinistra di Romano Prodi? «Alcune cose vanno al di là di quello che è lo schieramento di un governo.
Sono processi europei che si sviluppano senza guardare al colore degli esecutivi. Non ascrivo al governo di Berlusconi qualche particolare peccato.  Con il governo Berlusconi abbiamo avuto ottimi rapporti. È vero però che nei rapporti tra Slovenia e Italia non vanno solo considerati quelli generali tra i due Paesi, ma anche tutta una serie di problemi e fattori locali e credo che forse il governo Berlusconi è stato meno capace di risolvere questi problemi locali rispetto al governo Prodi».

*Con l'entrata in Schengen la Slovenia diventa confine esterno dell'Unione europea. In Istria la minoranza italiana viene spezzata in due. Che cosa si può fare per garantire l'unitarietà della minoranza italiana?

«Il problema lentamente si risolve. La situazione della minoranza italiana diventa col tempo migliore. Se il confine si sposta più a Sud vuol dire che c'è un problema in meno. La minoranza italiana in Slovenia non sarà più divisa e sarà all'interno diSchengen. I problemi si annullano. Per quel che riguarda la Croazia, la Slovenia ha insistito con l'Italia per introdurre un sistema di passaggio ai confini che sarà assolutamente indolore e non problematico. La Slovenia si è impegnata perché i cittadini croati possano oltrepassare il confine senza il passaporto ma con la sola carta d'identità
riempendo un semplice cartoncino».

*Questo sistema, dunque, favorisce anche la minoranza italiana?

«Con l'introduzione di questo piccolo e insignificante cartoncino ora la minoranza italiana è in pratica unitaria, è unita con la madrepatria Italia. Io vedo che i problemi si stanno risolvendo e sono sempre minori».

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