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Il Giornale – 04.05.08 – Quando tra Stalin e Tito, Togliatti scelse l’Urss

In «Il dito sulla piaga» Maurizio Zuccari ricostruisce la questione jugoslava,ma paragona le purghe sovietiche al maccartismo.

MARIO CERVI

"Il dito sulla piaga" di Maurizio Zuccari (Mursia editore, pp. 644, euro 26) è un'accurata ricostruzione dei rapporti tra il Pci di Togliatti e la Jugoslavia di Tito: ribelle, questi, agli ordini che venivano da Mosca. Il titolo del volume si riferisce al passaggio d'un discorso di Togliatti che, sulla scia delle direttive di Stalin, inneggiava alla scomunica del maresciallo balcanico. «Era quindi necessario mettere a tempo il dito sulla piaga, denunciare gli errori,porre davanti al partito e al popolo jugoslavo la necessità di correggere tutti questi errori prima di giungere a una situazione ancor più grave di quella attuale ». Ossia, in breve: Stalin ha sempre ragione.

In questa vicenda – che per gli italiani aveva un nome,Trieste, – «il migliore» diede il peggio della sua obbedienza al Cremlino. All'epilogo della seconda guerra mondiale, mentre i partigiani di Tito incalzavano i resti delle forze tedesche, e mentre a Trieste e in tutta la penisola si trepidava per la sorte della città qualora fosse caduta nelle mani di soldati con la stella rossa assetati di conquista e di vendetta, Togliatti faceva il tifo per i titini avanzanti, scrivendo testualmente:
«Questo significa che in questa regione non vi sarà né occupazione inglese né una restaurazione dell' amministrazione reazionaria italiana ».

Ma allorché, nel 1948, i fulmini di Stalin si abbattono su Tito, Togliatti si adegua senza perplessità: «È chiaro che non si tratta qui di conflitti tra due partiti sulla base dei contrasti tra Stati, e che non si tratta di malintesi. È evidente che da parte dei compagni jugoslavi si osserva un atteggiamento di ostilità verso il Pc bolscevico e verso l'Urss. La questione fondamentale che si pone in questo dibattito è l'atteggiamento dei Paesi a democrazia progressiva con l'Urss. I dirigenti jugoslavi rovesciano la prospettiva con la quale abbiamo lavorato prima e durante la guerra».

La pubblicistica del Pci si scagliò con violenza, dopo d'allora, contro Tito che teneva in galera militanti italiani di purissima fede: «La vita dei carcerati è in balia della bestiale ferocia antioperaia e anticomunista dei dirigenti». E venne, morto Stalin, la riconciliazione tra la Jugoslavia e l'Urss di Nikita Kruscev. Il Pci si adeguò lestamente, a Roma. Ma a Trieste i duri, intransigentemente antititini, fecero resistenza, Vittorio Vidali impegnò una lunga polemica con la direzione del suo partito, ricordando che «a Trieste ci sono trentamila esuli della zona B ove continua la snazionalizzazione con metodi nazisti».

Ma l'obbedienza prevalse. Prevalse anche dopo che, nel famoso XX congresso del Pcus, Kruscev ebbe demolito il mito d'uno Stalin bonario e geniale pastore del gregge comunista. Togliatti, con contorsioni intellettuali al limite del sublime, ammise una parziale degenerazione, nell'Urss, degli organismi direttivi, ma precisò che «non ne sono stati intaccati i fondamentali lineamenti della società sovietica».
Puntuale e obbiettivo nelle citazioni, Maurizio Zuccari, che ritengo simpatizzi per la sinistra, azzarda paralleli storici a mio avviso discutibili. Ad esempio, ricordando l'ondata di processi politici che imperversò nei regimi stalinisti, aggiunge: «Né meglio vanno le cose al di là dell'Atlantico. Questo per i furori inquisitori del maccartismo ».No,al di là dell'Atlantico le cose andavano molto meglio, perché vi si doveva deplorare lo zelo poliziesco della commissione per le attività antiamericane, ma non forche, torture, prigionie crudeli. Furono messi a morte, ma dopo un processo pubblico, Julius ed Ethel Rosenberg che avevano passato all'Unione sovietica informazioni sulla bomba atomica. Si può discutere sulla severità della pena e sull'importanza dei segreti trafugati, si può anche avere ammirazione per le convinzioni ideali dei Rosenberg, si può provare commozione per la tenerezza del loro legame. Ma erano spie e traditori veri, non inventati.

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