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Il convento francescano di Rovigno: secoli di storia (Voce del Popolo 03 apr)

Il convento francescano che ha custodito la storia religiosa degli ultimi trecento anni di Rovigno si erge su un colle alla fine di via Edmondo de Amicis, con una vista diretta verso la chiesa di Santa Eufemia. I conventi francescani sono noti come centri di spiritualità, di arte e del sapere e quello rovignese non fa certo eccezione. Infatti, oltre alla chiesa e al convento, negli anni Settanta del secolo scorso in ambito al complesso, grazie all’impegno dei frati Ilario Lukšić e Veseljko Grubišić, viene aperto un museo dedicato alla storia del convento Al pianterreno dell’ala orientale, accanto alla sacrestia, nei vani che venivano usati dai ministranti e per la preparazione delle ostie, i frati hanno fatto allestire la raccolta di opere d’arte e di oggetti originali utilizzati per le liturgie e in proprietà del convento, alcuni dei quali risalenti addirittura al lontano XVI secolo. Il museo è aperto tutta l’estate dalle 10 alle 12 e a prendersene cura sono i frati Mate Trinajstić e Vlado Zahija. Sono nel contempo gli ultimi due religiosi dell’ordine rimasti nel convento rovignese, il quale nei suoi anni di maggiore sviluppo del XIX secolo fu anche centro di studi teologici con più di 40 studenti. Importantissima è pure la collezione di libri della biblioteca del convento, che consta di ben 15mila volumi. Inoltre, durante la stagione turistica, la chiesa del convento francescano ospita numerosi concerti di musica sacra e profana, ai quali partecipano cori e complessi musicali provenienti da tutta l’Europa. I tre secoli di esistenza del convento francescano di Rovigno sono stati solennemente celebrati otto anni or sono, il 4 ottobre del 2002, giornata che nel calendario cristiano è dedicata a San Francesco D’Assisi. In tale occasione, grazie al patrocinio del Ministero della Cultura, era sta allestita e presentata al pubblico la collezione “I tesori sacri dei francescani rovignesi”.

La chiesa, il museo e il convento

La costruzione della chiesa rovignese di San Francesco iniziò nel lontano 1702 e fu completata soltanto otto anni più tardi, nel 1710. Si tratta di un esempio sobrio di stile barocco con un altare maggiore posto nell’abside delimitato da un grande arco. Dietro l’altare è posto il coro semicircolare con l’organo della chiesa, costruito nel 1882 da Edurd Kunad, che era un noto organista di Lubiana, città dove gli studiosi di teologia del convento rovignese si educavano. Dietro all’altare è posto un grande quadro con la Beata Vergine con Bambino e San Bonaventura. La chiesa ha inoltre altri due splendidi altari laterali dedicati a San Pietro di Alcantara ed al Santissimo Crocifisso. Nell’ala destra c’ è una cappella dedicata a San Giuseppe in cui si trova un presepe, dato che fu proprio San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività di Cristo, dando luogo a questa tradizione religiosa. Nell’ala sinistra della chiesa, invece, si trova il museo dal quale si può accedere pure al bellissimo e accogliente chiostro del convento. In ambito alla collezione del museo, oltre a vari e preziosi oggetti religiosi, i visitatori possono vedere pure un interessantissimo “Erbario marino del territorio rovignese”: una raccolta unica, del 1887, che si deve ad Antonio Zaratin, un insegnante rovignese che all’epoca era dirigente scolastico a Parenzo. Sono esposte inoltre numerose foto e cartoline dei frati italiani che abitarono il convento prima dell’esodo avvenuto alla fine della Seconda guerra mondiale.

Le raffigurazioni sacre della chiesa

I quadri e le raffigurazioni della chiesa hanno un valore artistico notevole. Una delle opere più di rilievo è ‘immagine di Cristo crocefisso, con ai piedi le figure di San Francesco, San Diego e San Bernardino da Siena, opera di un maestro veneziano anonimo del Seicento, probabilmente vicino alla scuola di Palma il Giovane. Particolarmente interessante è inoltre l’opera di un pittore anonimo veneziano del XVIII secolo che raffigura la Vergine Immacolata sulla mezzaluna e con una sfera con un serpente attorcigliato attorno. Sul lato sinistro del quadro s’inchina alla Vergine madre di Cristo, Sant’Antonio da Padova, mentre sul lato opposto compare il ritratto di San Pietro d’Alcantara che abbraccia il crocifisso, oggetto della passione di Cristo. Sulle pagine del libro aperto raffigurato nel quadro, in basso a destra, compare il nome di Giuseppe Ventura, al quale in alcuni scritti viene attribuita l’opera d’arte, ma gli esperti d’arte barocca non ne sono del tutto convinti. Nell’altare di San Pietro d’Alcantara vengono custodite, inoltre, le spoglie di Santa Candida, martire di Cartagine, mentre nel secondo altare laterale della Crocifissione di Cristo, si trova una statua del corpo disteso di Sant’Antonio da Padova che come in tutta l’Istria era sempre molto venerato anche a Rovigno.
I quadri delle pareti del presbiterio riproducono le scene e i personaggi dell’interessante iconografia francescana. Al centro, nella calotta dell’abside è raffigurato San Francesco d’Assisi che canta: un dipinto eseguito con la tecnica della tempera a secco, con sotto il testo del famoso Cantico delle Creature, per realizzare il quale è stata usata, invece, la tecnica dell’affresco. Sulle mura laterali del presbiterio sono dipinti i busti degli evangelisti con i loro simboli, Santa Clara e Sant’Antonio dirimpetto e Santa Elisabetta, regina portoghese e San Ludovico, re francese del 13.esimo secolo. Le presenza di questi due ultimi personaggi ci riporta ai frati francescani del terz’ordine di cui Santa Elisabetta e San Ludovico erano celebri rappresentanti. Le immagini dell’abside sono un’opera di Carlo Donati di Verona, e risalgono al 1928, dati questi comprovati dai documenti custoditi nell’archivio del convento. I quadri del presbiterio, invece, furono commissionati al pittore rovignese Antonio Macchi, che nel 1926, in occasione del settimo centenario della morte di San Francesco, per volontà della Commissione per le Belle Arti di Trieste, si occupò del restauro e della ristrutturazione della chiesa.

La lunga storia dei francescani a Rovigno

La storia dell’ordine francescano sul territorio rovignese è pero molto più antica della chiesa, dato che il primo convento ufficiale di cui si ha notizia risale ancora al lontanissimo 1449, quando i frati francescani dell’ordine degli osservanti presero in possesso il vecchio monastero benedettino, posto sulla bellissima isola di Sant’Andrea, per volontà di Giovanni da Capistrano. I frati rimasero sull’isola fino all’arrivo dei francesi, nel 1808, dopodiché le costruzioni a Sant’Andrea cominciarono a decadere. La famiglia del barone Huetterott acquistò l’isolotto nel 1891 e riadattò il monastero a residenza estiva. Però l’idea di costruire una nuova chiesa dedicata e San Francesco e un relativo monastero nacque su proposta del Consiglio comunale rovignese nel 1696 con l’intenzione di creare un nuovo punto di ritrovo religioso per i cittadini data l’espansione sempre più costante della Rovigno d’allora, che contava circa 5000 mila abitanti. Il doge veneziano Alvise II Moncenigo approvò l’apertura di un ospizio francescano vicino alla chiesa di Sant’Antonio Abate, dove presero posto tre sacerdoti e tre frati che crearono il primo nucleo del futuro convento, guidato poi da Padre Fortunato di Bassana.˝Nel 1702 iniziò la costruzione della nuova chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi e per la prima volta a Rovigno venne utilizzato dell’esplosivo per creare i pozzi della cisterna, che si troverà al centro del nuovo monastero. La chiesa fu completata nel 1710 e benedetta nell’attesa della consacrazione ufficiale del convento, che avvenne nel 1750 ad opera del vescovo Gaspare Negri. Il ritardo era dovuto all’ostracismo dell’ordine degli osservanti dell’isola di Sant’Andrea e dei Serviti dell’isola di Santa Caterina, che non vedevano di buon occhio l’apertura di un altro convento a Rovigno perché anch’essi vivevano di elemosina. Inoltre, il Capitolo rovignese vedeva nell’apertura di un nuovo ordine anche la minaccia di perdere parte del suo potere.

Il rovinoso incendio del 1802

Nel 1802 il convento venne quasi distrutto da un rovinoso incendio, ma grazie all’aiuto dei credenti rovignesi fu presto ricostruito. Nel 1810 quando Napoleone decretò la chiusura dei conventi in tutta Italia, quello rovignese si salvò perché era considerato territorio della provincia Illirica. L’anno successivo, quando il decreto si estese pure all’Istria, il maresciallo Marmont non lo eseguì per paura della reazione che una tale disposizione avrebbe suscitato nella popolazione locale. La seconda volta che in Italia furono aboliti i conventi, nel 1866, l’istituzione rovignese si salvò perché sotto regime austriaco e fu in quegli anni che ebbe il suo maggiore sviluppo. Nel 1879 venne completata la costruzione della nuova ala del convento per gli studenti di teologia, diventando uno dei Centri di studio religioso più importanti della regione fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Con l’avvento della Jugoslavia, poichè nei conventi istriani c’erano quasi esclusivamente frati italiani il ministro provinciale Girolamo Serafini richiese alla provincia cristiano-dalmata di San Geronimo di mandare un frate di lingua croata in ogni convento istriano e a Rovigno arrivò il frate Pavao Dodič, che conosceva perfettamente il croato, lo sloveno e l’italiano. Con l’entrata in vigore del trattato di Parigi l’ordine francescano della regione creò un Commissariato provvisorio per l’Istria, con a capo Serafino Mattielo. Lo stesso anno la polizia dei servizi segreti jugoslavi, tuttavia, lo arrestò e altri tre religiosi finirono in carcere con l’accusa di spionaggio. Lo scandalo impose indirettamente ai frati italiani l’esodo e gradatamente vennero sostituti da religiosi croati della provincia cristiana della Dalmazia fino al 1949, quando il Commissariato per l’Istria venne abolito e tutti i conventi istriani passarono sotto la giuristidizione ecclesiastica della provincia dalmata.

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