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Ex ministro di Tito rivuole la villa di Abbazia (Il Piccolo 10 set)

di ANDREA MARSANICH

ABBAZIA Un angolo di paradiso, immerso nel verde, accesso diretto al mare, privacy assicurata. Tanti buoni motivi insomma per denunciare la Repubblica di Croazia, chiedendole di rientrare in possesso dell’immobile, che Zagabria aveva sequestrato nel 1991 nel corso del conflitto tra le Forze armate croate e gli indipendentisti serbi della Krajina di Knin. Branko Mamula, 88 anni, ammiraglio, ex capo di Stato maggiore dell’Armata popolare jugoslava ed ex segretario federale alla Difesa popolare (l’allora ministro della Difesa jugoslavo, nda), ha denunciato anni fa lo Stato croato, pretendendo gli sia restituita quella che ritiene essere la sua villa, incastonata su Punta Colova, ad Abbazia.

La struttura, unanimemente conosciuta proprio come Villa Mamula, appartiene attualmente ai Servizi segreti croati e continua a essere un invidiabile impianto residenziale, rigorosamente off-limits ai comuni mortali. Costruita agli inizi degli anni 80 del secolo scorso, con il Comune di Abbazia a donare il lotto edificabile al citato segretariato, la villa si trova su un terreno in riva al mare, per un totale di 1813 metri quadrati. Abitazione e cortile dispongono di 313 mq, mentre il garage e l’altro cortile vantano una superficie di ulteriori 360 mq. Per anni la lussuosa villa abbaziana, il cui valore si aggira intorno ai 3 milioni di euro, fu il “buen retiro” di Mamula e famiglia, ossia di uno degli alti ufficiali preferiti dal padre–padrone della Jugoslavia, il defunto maresciallo Josip Broz Tito. Nel 1991, allo scoppio del conflitto croato–serbo, Mamula (già allora in pensione) fu costretto a malincuore a staccarsi dalla residenza liburnica, ritirandosi a Belgrado, dove gli ex comandanti delle Forze armate jugoslave potevano vivere tranquilli, a differenza della Croazia, dove venivano considerati alla stregua di autentici nemici.

Nel 2003 ecco la prima denuncia al Tribunale comunale di Abbazia, con Mamula che chiedeva la titolarità di un terzo della villa, area circostante compresa. Due anni più tardi, il tribunale abbaziano aveva respinto la richiesta, rilevando che Mamula non poteva ottenere la proprietà privata su un immobile che all’epoca della costruzione – e successivamente – era di proprietà sociale. Pronto ricorso di Mamula al tribunale di secondo grado, quello regionale con sede a Fiume, che nell’ottobre 2008 aveva dato ragione all’istanza di primo grado. Mamula, che ora vive in Montenegro, a Tivat (Teodo) e che tutti descrivono come un anziano in gamba, molto vitale e in salute, non si è arreso, ricorrendo in appello presso la Corte suprema della Croazia. Difficile prevedere quando sarà emanato il verdetto, ma è quasi certo che in caso di sconfitta, l’ammiraglio non sventolerà bandiera bianca, bensì si rivolgerà alla Corte europea per i diritti umani, pretendendo di ottenere giustizia. Interessante la tesi esposta in sede giudiziaria da Mamula pur di avere la titolarità di un terzo della villa: nelle sue denunce contro Zagabria, l’ex capo di Stato maggiore ha scritto che nel 1985 pagò di tasca propria la ristrutturazione di parte dell’immobile, portando la superficie abitativa da 126 a 191 metri quadrati.

Un tanto avrebbe creato i presupposti giuridici per ottenere il 33% della titolarità di Villa Mamula, formulazione respinta dai giudici abbaziani e fiumani.

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