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Denazionalizzazione (Voce del Popolo 04 set)

di Milan Rakovac

Le acque dell’Adriatico si stanno placando ed ora anche gli esuli riceveranno, finalmente, perlomeno un indennizzo formale dal momento che la Croazia sta formalizzando il diritto alla restituzione (al risarcimento) del patrimonio a tutti le persone (o ai loro discendenti) vissute un tempo sul suo territorio. Fino a poco tempo fa, infatti, questo diritto veniva riconosciuto soltanto ai cittadini croati (ex jugoslavi). La domanda che ci si pone ora è: qualcuno degli esuli istriani potrà rientrare finalmente in possesso delle sue proprietà? Qualcuno certamente sì, la maggioranza altrettanto certamente no. Chiaramente, le situazioni saranno esaminate caso per caso e tutto dipenderà dal contesto, dagli avvocati, dai tribunali…

Il fatto positivo in questa vicenda è che l’Ostpolitik della diplomazia e della politica italiana abbandona le acque agitate dell’Adriatico. È evidente che mi riferisco al famoso (e criticato) principio “pacta sunt servanda”. Questo principio ha prodotto circa quattrocento paesi dati alle fiamme (nell’Italia di allora), da Caporetto a Vokordići, Šaini e Lipa, per mano repubblichina e nazista. E ha dato vita anche all’esilio e all’abbandono delle proprietà da parte di quanti hanno dovuto abbandonare le proprie terre. Una politica messa in atto da due Paesi intenzionati a ricucire i rapporti bilaterali. Ovviamente, a danno dei loro cittadini.

Ora l’Ostpolitik italiana e la West Politik croata, forse, anche a causa della crisi che non accenna a rientrare, cominciano a rendersi conto che impostando un’amicizia e una collaborazione reciproca, ma soprattutto collaborando a livello economico e culturale, possono rispondere alle sfide che la società pone di fronte a loro. Forse è giunto finalmente il momento per porre in essere i rapporti di ottimo vicinato?!

Se parliamo delle vittime del XX secolo (Prima guerra mondiale, Rapallo, fascismo, Seconda guerra mondiale, Parigi, comunismo) notiamo, purtroppo, che queste sono sempre un tremendo “effetto collaterale” che non potrà mai essere rimediato.

“Vendensi l’albergo Continental a Susak”; ricordo questo bizzarro annuncio pubblicato alla vigilia della nazionalizzazione & sequestro jugoslavi. I saggi proprietari avevano capito cosa stava per succedere, il sequestro della proprietà, e cercavano di arrangiarsi. Mi chiedo se i proprietari o i loro discendenti riceveranno indietro il loro albergo?

Mi chiedo anche se esista la possibilità che i due Stati, l’Italia e la Croazia, interrompano finalmente questo circolo vizioso fatto di accuse e di debiti reciproci e siglino un accordo sui beni e gli indennizzi agli esuli? Ovvero se i due Stati riusciranno finalmente a realizzare gli accordi (molto precisi) già raggiunti in tema di risarcimento e a diffondere così una ventata di freschezza che porterà idee nuove e valide sulla traccia di quella che si propone di destinare una località nel Buiese agli esuli.

C’è da chiedersi se la Croazia e la Slovenia da una parte e l’Italia dall’altra riusciranno ad attuare gli accordi “validi” già da anni e se cominceranno ad risolvere in tempi più rapidi le richieste di risarcimento e di restituzione dei beni presentate da tutti coloro che non sono inclusi negli (inattuati) accordi?!

Questa sarebbe una dimostrazione di buona volontà che porrebbe fine a un secolo costellato di ingiustizie. Sta alla Croazia e alla Slovenia garantire a tutti gli stessi diritti in tema di denazionalizzazione e di diritti sanciti negli accordi bilaterali italo-jugoslavi che hanno ereditato.

Nei recenti commenti che leggo sui giornali noto, comunque, un dettaglio strano che mi preoccupa un po’. Quando si parla della sentenza che equipara tutti coloro che vivevano sul territorio dell’odierna Croazia (e che su questo territorio possedevano dei beni) indipendentemente dalla cittadinanza vengono nominati espressamente i cittadini dell’Austria, della Germania, della Slovenia e dello Stato di Israele. In realtà non si menziona l’Italia nonostante sarebbe logico farlo tenuto conto delle tristi vicende del Secondo dopoguerra.

Dovremo dimostrare un livello maggiore di umanità e di libertà di pensiero. Dovremo diventare più democratici e smettere di “regolare” i rapporti internazionali applicando i rigidi criteri del dopoguerra. Per diamine, abbiamo alle spalle più di cinquant’anni di scontri Rossi-e-Neri, con un lieve tocco dei Bianchi. È giunta l’ora per guardare al futuro.

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