ANVGD_cover-post-no-img

Con Tomizza il nostro mondo in tutto il mondo (Voce del Popolo 19ott13)

Oltre a regalarci tanti libri, Tomizza ha fatto anche questo: il nostro mondo in tutto il mondo! L’ultimo non l’ha scritto lui, ma Irene Visintini, Isabella Flego, Amalia Petronio, Claudia Voncina e Cristina Sodomaco. Un libro che parla dei personaggi femminili di Tomizza e che è stato presentato giovedì sera alla Comunità degli Italiani di Umago, che porta il suo nome. Il teatrino era gremito di gente e questo ha fatto piacere a tutti, perché si voleva parlare di un argomento importante, com’è il mondo femminile in un contesto storico-sociologico non facile. Presenti la vicepresidente della Regione, Giuseppina Rajko, e i vicesindaci di Umago, Mauro Jurman e Floriana Bassanese-Radin.

“Si tratta del quinto volume, l’ultimo progetto editoriale della Collana di saggistica degli Italiani dell’Istria e del Quarnero ‘L’identità dentro’, della casa editrice EDIT, uscito in coedizione con la CI “Fulvio Tomizza” di Umago – ha detto Silvio Forza, direttore dell’EDIT, dopo i saluti di Pino Degrassi, presidente della CI locale -. L’opera contiene i risultati di una ricerca condotta grazie anche al sostegno dell’Unione Italiana – rispettivamente del Ministero degli Affari esteri della Repubblica Italiana – e rappresenta l’unico studio specialistico, sistematico e organico sulle figure femminili presenti nella produzione tomizziana”.

Il volume contiene diciassette saggi e si divide in cinque capitoli: “Identificazione della figura della moglie, icona dell’amore coniugale nella narrativa di Fulvio Tomizza”, “Figure femminili vittime della violenza sociale e familiare, della guerra e dell’esodo”, “Voci femminili della storia e della vita”, “Rappresentazione del femminile tra particolari contesti storico-sociali, private vicissitudini e drammi di frontiera” e “Considerazioni sulla condizione presente e passata della donna”.

“Figure femminili” in “Dove tornare”, di Isabella Flego, prende in esame l’ottavo libro di narrativa tomizziana. È un intreccio di racconti ben distinti, nati da fatti concreti che si sfiorano e s’incontrano attraverso le figure dal carattere distintivo e in cui Tomizza, con “affanno leopardiano”, illustra i due mondi a cui appartiene: quello capitalistico e quello comunista. Nella miriade di situazioni, interessa in maniera particolare il suo ritorno a Momichio, in cui una parte di primo piano ha, ancora una volta, la saggia e fantastica moglie Miriam; la quale nella sua volontà di avere completamente il suo uomo vuole condividere, con lui “in completo rispetto e delicatezza”, anche l’amore per l’Istria e la sua casa di Momichio. E allora eccola, lei la cittadina, che impara a maneggiare la zappa, a faticare nell’orto e nel giardino, a conoscere ed apprezzare la natura, il canto degli uccelli, gli animali selvatici…

A parlare sono state tutte le autrici, e ciascuna ha svolto un capitolo diverso. Un modo per esaminare le figure emblematiche, che come detto da Irene Visintini, “rappresentano da un lato il riflesso dell’ideologia, della poetica e della maturazione del percorso letterario di Tomizza; mentre dall’altro lato sono pregne di un valore autonomo e intrinseco, documentaristico, storico e sociologico, con il loro muoversi in tempi e contesti sociali vari, nel passato come nella contemporaneità…”. La raccolta di saggi si propone come un lavoro-testimonianza di una civiltà ormai in via di estinzione, ma anche “dell’evolversi, del mutare della condizione della donna e dei suoi rapporti con l’uomo in vari momenti storici e politici”.

Profili di donne protagoniste tracciati a trecentosessanta gradi, psicologicamente minutamente indagati, oppure personaggi femminili “comprimari” toccati quasi di sfuggita, tratteggiati velocemente nel loro alveolo culturale e storico, compongono l’universo muliebre di Tomizza. Personaggio femminile predominante nella sua opera è la moglie, l’ebrea triestina Laura Cohen. Urbana, colta, raffinata, borghese, unico punto fermo nei suoi rapporti con le donne, è la sola che riuscirà a comunicargli quel senso di equilibrio che sarà “il centro di gravità permanente” contro le labilità dello scrittore, preso a volte da vere e proprie crisi morali, depressioni, pensieri di suicidio. Apparirà nei scuoi scritti come Miriam (“La città di Miriam”), come Ester (“I rapporti colpevoli”) e Cinzia (“L’amicizia”). Laura è I’icona della moglie, alla quale è legato da un rapporto di complicità, confidenza, ironia, conoscenza umana.

Amalia Petronio si è soffermata sull’opera teatrale “Vera Verk”, rappresentata dal Teatro Stabile di Trieste nel 1963, con Paola Borboni nel ruolo principale. Il dramma è ambientato nell’Istria contadina, retrograda, ipocrita, piena di pregiudizi degli anni ’30 del secolo scorso. Vera Verk è emblema della donna istriana sottomessa, maltrattata, che non conta nulla, alla quale viene strappata la bambina, Rosa, frutto di una relazione con il cognato, e che per impedirle le nozze incestuose compie un gesto estremo mettendo fine alla sua infelice vita, riuscendo a distogliere Rosa dai suoi intenti matrimoniali.

Nella sezione “Figure femminili vittime della violenza sociale e familiare, della guerra e dell’esodo”, Cristina Sodomaco si concentra sul personaggio di Giustina, de “La ragazza di Petrovia”. Orfana di madre, con un padre ubriacone, la giovane cresce senza una guida che le insegni come affrontare la vita. Istintiva e incosciente, frequenta diversi uomini del villaggio, fino a incontrare Vinicio, con il quale rimane incinta. Lo sfondo storico sociale è quello dell’esodo, in questo caso degli istriani a Trieste. Lei rimane a Petrovia mentre Vinicio con la famiglia si trasferisce nel campo profughi a Trieste. Quando lo va a trovare per dargli la notizia, impaurita da una rissa al campo profughi, Giustina, spasmodicamente desiderosa di rifugiarsi nel nido della sua Petrovia, incomincia una folle corsa verso il confine dove, sorda alle intimazioni del soldato jugoslavo, verrà falciata da una raffica.

Nel capitolo “Voci femminili della storia e della vita”, c’è – tra l’altro – il saggio di Claudia Voncina “Maria Janis nel romanzo ‘La finzione di Maria’”, in cui lo scrittore narra un fatto storico del ’600, sulla base di documenti trovati per caso a Venezia. Maria Janis da Vertona (Bergamo) e il suo parroco Pietro Morellis furono processati dall’Inquisizione per “finzione di santità”, in quanto lei – così affermava la donna – si sarebbe nutrita unicamente dell’ostia consacrata. L’intrigante copertina e iconografia è di Sergio Morosini.

Bello il finale, con gli omaggi floreali della CI per le autrici e la firma dei libri.

Franco Sodomaco
“la Voce del Popolo” 19 ottobre 2013

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.