Campagnuzza, storia del villaggio dell’esule di Gorizia

A settant’anni dall’edificazione del “villaggio dell’esule”, e dal trasferimento in via Pola del collegio “Fabio Filzi”, il comitato provinciale di Gorizia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, presieduto da Maria Grazia Ziberna, ha voluto raccontare in collaborazione con il Centro di Documentazione Multimediale della cultura giuliana, istriana, fiumana e dalmata una realtà che non tutti i goriziani ricordano, per motivi di età o di provenienza geografica.

Chi vive oggi a Gorizia, sente parlare lingue e dialetti diversi, e apprezza la convivenza tra italiani e sloveni, tra genti arrivate da tutte le regioni d’Italia e dall’estero. Il mosaico culturale che si è venuto a creare è certamente frutto degli ultimi decenni di storia della città, ma affonda le sue radici ben più lontano. Sicuramente è difficile per i giovani o per chi è arrivato in città da poco tempo immaginarsi una realtà del tutto diversa da quella odierna, in cui, all’interno di un’Europa unita, non ci sono confini tra noi e gli amici sloveni. Difficile concepire un confine che rappresentava il limite del mondo occidentale, democratico, una “cortina di ferro” che ci separava fisicamente e ideologicamente dai Paesi dell’Est, e comprendere come i conflitti del Novecento abbiano traumatizzato la città, che nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale subì prima l’occupazione nazista e poi, per 40 giorni, a guerra finita, quella dei partigiani comunisti jugoslavi. Inoltre, dopo la cessione di gran parte del territorio comunale alla Jugoslavia, si trovò divisa da un reticolato, tanto da essere paragonata ad una piccola Berlino…

Da sempre punto di intersezione tra la civiltà latina, tedesca e slava, tra area danubiana e Adriatico, tra pianura Padana e Balcani, l’area dove sorge Gorizia è stata, ed è tuttora, terra di frontiera e di confine, e in quanto tale di coesistenze a volte pacifiche e altre volte conflittuali, di incontri e di scontri : è stata testimone della capacità di convivenza di varie etnie che hanno vissuto fianco a fianco con i popoli che già vi risiedevano, collaborando con essi ed integrandosi, ma anche teatro di violenze che non dobbiamo dimenticare, per non ripetere gli stessi errori. Come aveva affermato il Presidente Sergio Mattarella nel febbraio 2019 “Oggi la città di Gorizia non è più divisa in due dai reticolati. Al loro posto c’è l’Europa, spazio comune di integrazione, di dialogo, di promozione dei diritti, che ha eliminato al suo interno muri e guerre. Oggi popoli amici e fratelli collaborano insieme nell’Unione Europea per la pace, il progresso, la difesa della democrazia, la prosperità.” In occasione della sua visita in città per celebrare insieme al Presidente della Slovenia Borut Pahor la nomina di Gorizia e Nova Gorica a Capitale europea della cultura 2025 ha poi ricordato che “Oggi il confine tra Italia e Slovenia da frontiera di divisione si trasforma in elemento di raccordo e di collaborazione, punto di incontro e di aggregazione capace di generare nuove idee, di far crescere insieme (…) L’assegnazione unitaria alle due citta’ del titolo di Capitale Europea della Cultura conferma che la diversità culturale non è un tratto che distanzia e separa, ma un valore che arricchisce questa realtà e chi in essa vive,chi la osserva,la frequenta,la rispetta e l’ammira”.

E anche quello che era il villaggio dell’esule si è trasformato: non è più il quartiere degli esuli ma un borgo di Gorizia, per il sindaco Rodolfo Ziberna “esempio di tolleranza e di convivenza pacifica tra anime culturali ed esperienze diverse che hanno arricchito il patrimonio storico ed economico della nostra città, rendendolo unico nel suo genere”. Il testo del video è tratto da “Campagnuzza, da villaggio dell’esule a borgo di Gorizia” di Maria Grazia Ziberna e Francesca Santoro, edito da ANVGD Gorizia e CDM. Nella pubblicazione, dopo i saluti del sindaco Ziberna, del presidente nazionale dell’ANVGD Renzo Codarin, del presidente dell’Associazione “Ierimo del Filzi” Furio Dorini e dell’attuale parroco don Fulvio Marcioni, si ripercorrono le vicende che spinsero cinquemila esuli giuliani, fiumani e dalmati a rifugiarsi a Gorizia, dove trovarono solidarietà ed accoglienza e dove nel giro di pochi anni si integrarono nel tessuto economico e sociale, contribuendo al progresso della città. Alla storia degli esuli si aggiunge l’analisi della situazione odierna da parte di don Marcioni : in tanti decenni la realtà è cambiata, quasi tutte le famiglie degli esuli si sono trasferite e il quartiere si è arricchito di tante nuove presenze, diventando multiculturale. Ed è con questo spirito, nella condanna di ogni guerra e di ogni persecuzione nei confronti di qualsiasi persona, che sono stati realizzati il libro e questo video: chi ancora non conosce la storia degli esuli capirà cosa hanno dovuto affrontare, e quanto abbia contato per loro l’accoglienza della città dove hanno potuto ricostruire serenamente il proprio futuro, collaborando al progresso della città. Grazie a loro noi, loro discendenti, siamo orgogliosi di essere goriziani, figli e nipoti di chi è stato “italiano due volte: per nascita e per scelta”.

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