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Calcio: allo studio la Jugoslavia Legue (La Stampa 25 feb)

di STEFANO SEMERARO

Una delle micce che fecero saltare la vecchia Jugoslavia fu accesa su un campo di calcio, e forse domani sarà il calcio a far rinascere, almeno sportivamente, il Paese-che-non-c'è-più. Il progetto -ancora allo studio ma sul quale già si discute da Lubiana a Belgrado, da Zagabria a Sarajevo – si chiama Jugoslavia League, e potrebbe diventare un super-campionato regionale capace di riunire in un rettangolo verde, a vent'anni dalla guerra che dilaniò i Balcani, le ex repubbliche di Tito.

L'idea è partita dalla Slovenia, dove si è appena tenuto un meeting fra i rappresentanti della federazione calcistica locale e quelle di Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro. Ha già avuto l'appoggio dei croati, in particolare di Zdravko Mamic, il presidente della Dinamo Zagabria, mentre i due colossi del pallone serbo per ora sono divisi: a favore Dragan Djuric, boss del Partizan di Belgrado; contrario Vladan Lukic, presidente della Stella Rossa, l'altra club storico della capitale. «Sono un sostenitore di un campionato regionale», ha spiegato Djuric. «Ma perché l'idea diventi concreta occorrono alcune condizioni di base. Il Partizan è sempre aperto alle nuove idee, ai progetti che possono migliorare la convivenza nella ex Jugoslavia, e credo che la nascita di una Lega di questo tipo sia una mossa nella giusta direzione. Prima o poi succederà, ne abbiamo bisogno».

Le «condizioni di base» a cui si riferisce Djuric sono ovviamente quelle che riguardano la sicurezza.   Nessuno nella ex Jugoslavia può dimenticare ciò che accadde il 13 maggio 1990 allo stadio Maksimir di Zagabria, durante – anzi prima, visto che la partita non si giocò mai – il match ad altissima temperatura etnica fra Dinamo di Zagabria e Stella Rossa di Belgrado. Una settimana prima, con l'elezione in Croazia di Tudjman, il grande avversario di Milosevic, la secessione di Zagabria e Lubiana era diventata una questione di tempo. Sugli spalti, fra i Bad Bleu Boys, gli ultra della Dinamo, e i «Deljie», quelli della Stella Rossa, guidati da Zeliko Raznja-tovic, l'uomo che sarebbe poi diventato Arkan, il feroce comandante delle «tigri», i sanguinari gruppi paramilitari serbi, si scatenò la guerriglia. Sessanta feriti, assalti al coltello dei tifosi serbi a quelli croati, cariche della polizia (a maggioranza serba) in assetto anti-sommossa, con tanto di autoblindo e cannoni ad acqua. In campo c'era anche Zvonimir Boban, il futuro centrocampista del Milan, che prese a calci un poliziotto nel tentativo di difendere un supporter della Dinamo, trasformandosi così all'istante in un eroe per i croati e in un nemico per i serbi.

Molti considerano quegli scontri il primo atto della guerra civile che per cinque anni insanguinò i Balcani. Le «tigri», nate nella curva della Stella Rossa, durante il conflitto si trasformarono in criminali di guerra, e il loro capo Arkan acquistò a guerra finita una squadra di basso livello, l'Obilic, portandolo ai vertici del campionato e alla qualificazione in Champions League, ma l'Uefa bandì la squadra per timore che le violenze degli ultras serbi dilagassero in Europa. Arkan è stato assassinato nel 2000, mentre nel 2004 è stato ucciso anche il presidente della federcalcio serbo-montenegrina Branko Bulatovic, sospettato di collusioni con la mafia serba.

Il calcio della ex Jugoslavia è stato scosso anche da altri scandali, ma ora potrebbe diventare – come già in parte il basket attraverso la Lega Adriatica -il catalizzatore di una (lenta) pacificazione etnica. «Il calcio però è una cosa diversa dalla pallacanestro», spiega Marko Naletivic, procuratore di calcio croato. «I problemi di sicurezza e ordine pubblico per una partita fra Zagabria e Belgrado ancora oggi sarebbero enormi. Si tratta di un progetto a lungo termine, che non potrà decollare fino a quando non avrà il benestare di tutti». A favore della Jugoslavia League giocano però la voglia di business – «in Serbia abbiamo bisogno di match che non siano il solito derby fra Partizan e Stella Rossa», sostiene Djuric – e l'ondata di nostalgia per i «dobra, dobra stara vremena», i bei, bei vecchi tempi della Jugoslavia unita che sta contagiando le nuove generazioni balcaniche. E come solo il calcio sa dividere, solo il calcio sa unire.

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