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Aise – 141207 – D’Alema riceve i rimpatriati dalla Libia

ROMA\ aise\ – Ha molta fiducia nell’incontro che avrà lunedì con Massimo D’Alema, alla Farnesina, la presidente dell’Associazione Italiana dei Rimpatriati dalla Libia, Giovanna Ortu. Fiducia perché finalmente un governo ha accolto anche l’associazione al tavolo delle trattative prima che gli accordi bilaterali con la Libia siano conclusi.
Il ministro ha fatto sapere ieri, tramite il portavoce della Farnesina, che "sarà aperto alle proposte operative che dall’Associazione verranno, anche nel più ampio contesto del negoziato in corso con la Libia, che è di carattere complessivo". Al suo interno c’è anche il contenzioso sui beni confiscati nel 1970 a coloro che furono rimpatriati da Gheddafi e che da allora attendono un risarcimento. "Questo – ha reso noto D’Alema – è uno dei tasselli del mosaico che si sta mettendo insieme per arrivare a una conclusione".
Ci siamo allora? Abbiamo chiesto a Giovanna Ortu, che non ha dubbi, anche se conserva una certa dose di cautela. "Conoscendo un po’ D’Alema e, d’altra parte, avendo incassato la delusione del precedente governo che, dopo tante promesse, non ci ha dato niente, vivo questa come l’ultima occasione perché ci sia data giustizia", dichiara la Ortu all’Aise.
Il punto è fermo e la presidente dell’Airl lo aveva già espresso in una lettera aperta inviata poco tempo fa al ministro degli Affari Esteri, dopo l’accordo tra Eni e Noc. "Noi vogliamo essere parte del negoziato tra Italia e Libia". Ciò non vuol dire non avere i piedi per terra.
"I libici, che chiedono all’Italia il risarcimento per i danni di guerra, certamente non sono disposti a riconoscerci più quanto ci fu da loro confiscato". E per la verità, ricorda con amarezza Giovanna Ortu, negli anni la questione non è stata mai neanche posta loro sul tappeto. Solo Andreotti, a suo tempo, non dimenticò di ribadire più volte al governo libico che già si era appropriato dei soldi degli italiani che vivevano in Libia e che aveva cacciato. Soldi, precisa la Ortu, peraltro "presi illecitamente, perché noi eravamo lì protetti dal trattato internazionale che Gheddafi non ha rispettato".
A distanza di tanto tempo, la Ortu, donna pacata ma combattiva, non c’è che dire, ammette: "queste sono le cose che succedono nella vita" e d’altra parte c’è poco da aspettarsi da un uomo, Gheddafi, "il cui passato testimonia uno scarso rispetto dei diritti dell’uomo". La presidente dell’Airl non dimentica che allora agli italiani che, come lei, vivevano sull’altra sponda del Mediterraneo furono tolte "anche le pensioni" e che furono sottoposti dal colonello "a vessazioni, come quella delle perquisizioni personali, che il governo italiano di allora ha tollerato". E per questo annuncia l’intenzione di scrivere alla segretaria di Stato francese per i diritti umani, che nei confronti di Gheddafi "ha assunto una posizione molto più decisa e dignitosa".
Nonostante la confisca dei beni agli italiani in Libia, i vari governi italiani che si sono succeduti dal 1970 ad oggi non hanno mai "fatto pesare" quanto accaduto "nel momento in cui da Tripoli venivano avanzate altre pretese". Eppure "il valore delle nostre proprietà al 1970 ammontava a 400 miliardi di lire che, rivalutate ad oggi con il coefficiente 15, sarebbero 6mila miliardi di lire, cioé proprio quei 3 miliardi di euro che oggi Gheddafi chiede all’Italia per costruire la famosa autotrada".
3 miliardi di euro che nessuno mai ha pensato di restituire ai legittimi proprietari. "Negli anni – ricorda Giovanna Ortu – non abbiamo mai avuto una legge ad hoc, ma abbiamo sempre beneficiato di leggi riparatorie nei confronti di tutti i cittadini italiani che sono andati all’estero di propria volontà e che poi, a seguito di conflitti o eventi di altro genere, hanno perso tutti i loro beni". In totale, dagli anni Ottanta ad oggi, l’ammontare di quanto restituito agli italiani cacciati dalla Libia "non ha mai neanche raggiunto il valore nominale al 1970".
La presidente dell’Airl chiarisce subito che la loro proposta, quella che presenteranno lunedì al ministro D’Alema, non sarà certo di 3 miliardi di euro. "Non penserei mai di affossare il mio Paese, che amo e stimo, con richieste che possano metterlo in difficoltà", spiega. "Sono un’italiana rispettosa del diritto, ma ciò che mi offende e mi umilia è che il nostro governo non sia riuscito a mettere sino ad ora sul piatto quello che modestamente abbiamo chiesto", ossia una somma pari a circa "250/300 milioni di euro più annualità per darci una legge di indennizzo definitiva". Una legge, incalza, cui spetta il suo posto tra le "operazioni di alchimia petrolifera" in corso tra Italia e Libia. "Non si può non tenere conto che esistiamo anche noi".
"Negli anni", prosegue ancora la Ortu, "siamo stati una collettività scomoda più per il nostro governo che per il governo di Tripoli, che nel 2004 ci ha molto ben accolti". Poi, però, "i nostri visti sono diventati di nuovo merce di scambio". A questo punto, osserva la presidente dell’Airl, "con la Libia ci tiriamo da parte, anche se – non manca di sottolineare – non riuscire ad ottenere i visti per i propri cittadini è una discriminazione" bella e buona.
Stando così le cose, l’Airl era già pronta a mobilitarsi con una manifestazione se Gheddafi fosse giunto in Italia. "Gheddafi non potrà mettere piede in Italia finché il nostro governo non si sarà liberato dal peso del nostro problema. E, poiché il nostro problema ha un’entità irrisoria rispetto agli enormi interessi in gioco – petrolio, terrorismo, clandestini –, il governo italiano non può pensare, per favorire questi grandi interessi, di usarci come zerbino". Perché gli italiani rimpatriati dalla Libia "lo zerbino lo hanno fatto per 37 anni e su questo zerbino purtroppo molti presidenti del consiglio hanno camminato".
Adesso basta, è il monito di Giovanna Ortu, che da combattente torna poi serena. "Sono contenta che il problema venga ora affrontato, anche perché – ribadisce – non è un problema irrisolvibile".
"Siamo persone che hanno sofferto, che amano il proprio Paese, tanto quanto amano la Libia", e l’Airl lunedì rappresenterà "soltanto i sacrosanti interessi di decine di migliaia di persone, molte delle quali in questi 37 anni sono morte". Ma se alla fine il problema verrà affrontato "potranno riposare in pace". Anche quelli nel cimitero di Tripoli, del quale si sta ora completando il restauro. Il "nostro" cimitero, sottolinea la Ortu, "che per 37 anni è stato lì in condizioni tremende e adesso, grazie ad un’iniziativa dell’Airl con i fondi messi a disposizione dalla Farnesina, sarà restaurato". Ed il completamento del restauro comprenderà anche la restituzione al governo libico di 9 dei 10 ettari di terreno su cui ha sede, nel centro della città. "Noi ci siamo accontentati di stringerci in 1 solo ettaro" lasciando il resto ai libici. "È il regalo che i morti di Tripoli sono ben contenti di fare ai cittadini libici", conferma la Ortu.
Prima di salutarla, le chiediamo se crede che il ministro D’Alema lunedì acconsentirà alle richieste dell’Airl, sia per l’indennizzo prospettato sia per la ri-concessione dei visti. E Giovanna Ortu chiude con una battuta. "Non lo so. So che un punto in comune con il ministro ce l’ho, perché lui ama cucinare ed anch’io. E sono convinta che il risotto lo faccio meglio di lui. Certamente il suo mestiere di ministro, D’Alema lo sa fare molto meglio di una povera donna come me, che tra l’altro è sfiancata da 37 anni di lotte con poche soddisfazioni. Naturalmente andrò alla Farnesina con l’animo carico di speranza, però", conclude infine, "porto con me il peso di tante delusioni e quest’ultima non la voglio avere, anche perché sono convinta della bontà e della ragionevolezza delle mie richieste". (raffaella aronica\aise) 

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