ANVGD_cover-post-no-img

28 ago – Italiani di Dalmazia: incontro con l’URSE

dell’avv. Vittorio Giorgi

Dalmazia: antica Regione della nuova Europa, irradiata dalla civiltà Latina e Veneta. Terra di imperatori, santi e papi, di incontro e poi di scontro etnico, di dolorosi esodi e radicali cambiamenti. Sono poche migliaia gli italiani che vivono oggi in Dalmazia, da Zara a Cattaro, ultimi discendenti di quei latino-veneti che conobbero ricchezza e splendore dal tempo di Diocleziano (III sec. d.C.) a quello in cui facevano parte della Repubblica di Venezia (1420-1797). Costruirono meravigliose città, chiese e palazzi in quel versante dell’Adriatico dove la terra, il mare e il cielo si uniscono nell’incanto, animarono gli scambi commerciali, promossero l’arte e la letteratura. Tutto questo fino alla caduta della “Serenissima Repubblica” nel maggio 1797, arresasi senza muovere armi alle truppe francesi di Napoleone che ne avevano violato la neutralità per cederla all’Impero d’Austria, in cambio del Belgio, col Trattato di Campoformio. Il 23 agosto dello stesso anno, al termine di una solenne cerimonia, alla presenze di tutte le milizie e di tutto il popolo, il Gonfalone della Repubblica fu sepolto dal conte Giuseppe Viscovich, capitano della guardia, sotto l’altare del duomo di Perasto, nelle Dalmazia montenegrina, pronunciando le seguenti parole: Sapranno da noi i nostri figli e, la storia farà sapere a tutta l‘Europa, che Perasto ha degnamente sostenuto sino all’ultimo l’onore del Veneto Gonfalone … Per 337 anni i nostri beni, il nostro sangue, le nostre vite sono state sempre per te, o San Marco…Tu con Noi, Noi con Te..”. Napoleone sconfisse poi l'Austria nel 1805 ad Austerlitz, e sui territori annessi costituì le sette “Province Illriche”: Corinzia, Carniola, Istria, Croazia civile, Croazia militare, Dalmazia e Ragusa. Con la pace di Presburgo aggregò l’Istria e la Dalmazia al Regno Italico, ed a febbraio dell'anno dopo il generale Mathieu Dumas, con un "proclama" ne dette l'annuncio: "Dalmati! L'Imperatore Napoleone, Re d'Italia, Vostro Re, vi rende alla Vostra Patria. Egli ha fissato i Vostri destini; il Trattato di Presburg garantisce la riunione della Dalmazia al regno d'Italia… Bravi Dalmati! Riempite i vostri destini, ripigliate il vostro Rango, quello degli Avi vostri fra le nazioni, mostratevi fedeli alla Patria comune, anelanti pel Servizio del Vostro Sovrano, sommessi alle Leggi sotto le quali Egli ha riuniti li Popoli d'Italia, come membri d'una sola Famiglia". Con le definitive sconfitte di Napoleone a Lipsia e Waterloo, la carta geografica dell’Europa cambia di nuovo: col Congresso di Vienna del 1815 Lombardia, Friuli, Veneto, Istria e Dalmazia vengono “assegnate” all’Impero d’Austria: in quel consesso furono restaurate tutte le monarchie europee soppresse dal generale francese, ma non la gloriosa Repubblica di Venezia! Questa fu la più grande ingiustizia! Nei suoi immensi confini, l’Impero d’Austria comprendeva ben 22 milioni di abitanti e 12 entità nazionali, tra le quali il Regno di Dalmazia, il Litorale Adriatico (con la Contea di Gorizia e Gradisca, la città di Trieste e il marchesato d'Istria), il Regno di Boemia, il Regno d'Ungheria, il Regno di Croazia e Slavonia, la città di Fiume. Durante il censimento del 1865 i funzionari austriaci non chiesero agli interessati quanti si sentissero appartenenti alla “Nazione dalmata” – nonostante l’Impero avesse mantenuto in vita l’antico “Regno di Dalmazia”, che nell’Evo antico era di cultura illirico-latina e nel Medioevo di cultura veneta – ma imposero una scelta spesso forzatamente favorevole agli slavi, allora molto divisi tra di loro, che appartenevano alle etnie croate, serbe (di religione ortodossa), morlacche (romani slavizzati) e montenegrine, giunte in quelle terre solo nel VI sec. d.C. Il risultato ufficiale decretò che i dalmati italiani erano 55.000 mentre i dalmati slavi 384.000. Sebbene numericamente inferiori, gli italiani rappresentavano la classe sociale colta, detentrice della proprietà immobiliare e del potere economico. Per questo, eletti democraticamente, amministravano la maggior parte degli 84 comuni della Dalmazia. Nel 1861 il Regno d’Italia nacque come stato nazionale unitario e cinque anni dopo – con la III Guerra d’Indipendenza – acquisì il Veneto dall’Austria. Di riflesso, nelle due etnie dalmate si sviluppò la coscienza dell’identità nazionale e, con essa, le prime lotte tra i movimenti annessionisti croati e quelli autonomisti italiani. Era il tempo dell’Irredentismo. Da quel momento, il governo austriaco temendo di perdere anche la Dalmazia – esercitò maggiori pressioni per indurre all’esodo un buon numero di italiani e nel contempo favorì i croati, i quali poterono così “occupare” lo spazio politico ed economico. Conseguenze: nel censimento del 1880 gli italiani erano 27.000; in quello del 1910, appena 18.000. Le ingerenze di Vienna ruppero quindi la secolare, pacifica convivenza tra i due gruppi etnici. Vienna favorì la chiusura di tutte le scuole italiane e sostituì l’italiano, lingua ufficiale nei Tribunali e negli Uffici Pubblici, con il croato. Alla fine dell‘800 gli italiani avevano ormai perso l’amministrazione delle municipalità. E in quel periodo nacque la “Lega Nazionale” per tutelare la nostra lingua ed istituire entro i confini dell'Impero d’Austria e Ungheria scuole italiane autofinanziate. Un secondo esodo si ebbe dopo la Prima Guerra Mondiale. La vittoria dell’esercito italiano, proclamata il 4 novembre 1918 dal generale Armando Diaz, determinò la disgregazione dell’Impero d’Austria-Ungheria. La Dalmazia, sebbene promessa all’Italia col Patto di Londra (1915), venne invece assegnata nel 1920 col Trattato di Rapallo al neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (dal 1929 regno di Jugoslavia). Delle terre adriatiche, oltre a Trieste e all’Istria, soltanto la città di Zara (la cui popolazione era totalmente italiana), le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa andarono al Regno d’Italia. A causa della “vittoria mutilata”, per amor di Patria 40.000 italiani da Sebenico, Traù, Spalato, Ragusa esodarono verso Zara, Roma e Trieste. Soltanto poche migliaia rimasero nel nuovo regno slavo. Venne poi la Seconda Guerra Mondiale: nel 1944 Zara subì ben 54 inutili bombardamenti aerei anglo-americani (indotti da Tito), che causarono la distruzione della città e la morte di oltre 1.000 italiani. In quel terribile periodo centinaia di zaratini e di dalmati, a causa della propria nazionalità, furono uccisi dai partigiani slavi guidati da Tito. Questo determinò il terzo esodo. Quello totale. In 20.000, su 22.000 abitanti, lasciarono Zara e tutti i loro averi per rifugiarsi nella penisola, in America o Australia. E andarono incontro al doloroso destino riservato agli esuli. L’infausto Trattato di Pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, ingiustamente ed amaramente tolse all’Italia Zara, Fiume e l’Istria per assegnarle alla Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia, che da allora omologò tutto e tutti sotto la stella rossa. A differenza dei numerosi connazionali rimasti in Istria, quei pochi italiani rimasti in Dalmazia non solo non ebbero alcuna tutela come minoranza etnica, ma furono costretti a soffocare la propria identità culturale. Questo fino al 1991, quando la Jugoslavia si disgregò con una sanguinosa guerra interna tra le varie etnie slave. La Dalmazia fa oggi parte della Repubblica di Croazia, tranne la parte meridionale (Bocche di Cattaro) che appartiene alla Repubblica del Montenegro, ed un tratto di 13 Km. di costa (il piccolo porto di Neum tra Spalato e Ragusa) che fa parte della Bosnia Erzegovina. Nel nuovo scenario geo-politico l’identità culturale della minoranza nazionale italiana in Dalmazia è rifiorita negli ultimi dieci anni, grazie alla nascita delle locali “Comunità Italiane” – istituzioni riconosciute ufficialmente dai governi croato, montenegrino e italiano – e all’impegno di varie associazioni nella nostra penisola. In questo contesto, passato e presente, si colloca la “Missione di Amicizia” appena compiuta in Dalmazia dall’U.R.S.E. – UNIONE REGIONI STORICHE EUROPEE, movimento culturale indipendente che vuole tutelare e valorizzare le 450 Regioni Storiche Europee, per la difesa delle singole identità. Presieduta dalla prof.ssa Cristina Amoroso, ha sede a Piglio, in provincia di Frosinone (www.urse.org). Chi scrive, quale consigliere giuridico dell’URSE, nel corso di un recente viaggio ha incontrato Rina Villani – presidente della C.I. di Zara, Mladen Culic Dalbello – presidente della C.I. di Spalato, Francesco Bongi – console onorario dell’Italia a Ragusa-Dubrovnik, l’antica Repubblica marinara, Paolo Perugini – presidente della C.I. di Cattaro, Andro Nunzio Saulacic – segretario della Dante Alighieri di Cattaro. A ciascuno ha donato il gagliardetto dell’URSE, in segno di amicizia e condivisione di valori. L’iniziativa, tesa ad evidenziare l’importanza della Dalmazia come regione storica, si è svolta col patrocinio morale dell’ASSOCIAZIONE NAZIONALE VENEZIA GIULIA E DALMAZIA, con sede a Roma e presieduta dal dott. Lucio Toth, che dal 1947 tutela i diritti e l’identità degli esuli giuliano-dalmati ed è editrice del periodico “Difesa Adriatica”, dell’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DALMATA, diretta a Roma dal dott. Guido Cace, editrice de “La Rivista Dalmatica” nata nel 1899 a Zara, che salvaguarda la cultura e l’identità italiana in quella regione, e della FONDAZIONE RUSTIA TRAINE di Trieste, che tutela il patrimonio culturale, artistico, storico e letterario della Dalmazia, guidata dall’on.le. Renzo de’ Vidovich anche direttore del periodico “Il Dalmata, fondato nel 1865 a Zara.

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.