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18 apr – Ministro sloveno fa retromarcia su Trieste

(di Maddalena Rebecca su Il Piccolo del 18 aprile 2009)

Per lui l’incidente diplomatico è definitivamente chiuso. Anzi, a dire il vero, non si è mai aperto. Perché, chiarisce, scrivendo l’ormai famosa lettera al sindaco Dipiazza non intendeva certo accusare Trieste di persecuzioni ai danni della minoranza slovena, ma semplicemente invitare a tenere alta la guardia contro i gravi e frequenti imbrattementi di iscrizioni e monumenti.

Getta acqua sul fuoco e ridimensiona il caso innescato dalle sue critiche alla città, il ministro per gli sloveni all’estero, Boštjan Žekš. Lo fa durante la prima visita in regione in veste di componente del nuovo governo di Lubiana. Visita che inserisce in programma l’incontro con i vertici delle categorie economiche slovene, con la giunta di San Dorligo guidata da Fulvia Premolin e, nel pomeriggio, con l’amministrazione di San Pietro al Natisone, ma che non prevede invece alcun faccia a faccia con Roberto Dipiazza.

Nessun nuovo strappo però, lascia intendere Žekš. Le cose con il primo cittadino sono già state in qualche modo chiarite. «Mi ha fatto molto piacere sapere che il sindaco ha a cuore il problema della convivenza tra italiani e sloveni e che si sta adoperando in questo senso – precisa il ministro -. E mi ha rallegrato ancora di più il suo invito a visitare Trieste. Cosa che farò volentieri perché mi permetterà di vedere tutte le azioni positive che, anche sul fronte dei rapporti con la minoranza, sono state avviate nella vostra città. La data non è ancora stata fissata, ma posso anticipare che vedrò Dipiazza alla prima occasione utile».

Il futuro incontro riconciliatore con il primo cittadino, tuttavia, non cancellerà tanto facilmente le polemiche di questi giorni, legate alle espressioni forti contenute nella lettera incriminata: una fra tutte, l’immagine della «pericolosa marcia dei suscitatori di intolleranza interetnica» che potrebbe minare la stabilità di Trieste. «Personalmente però – replica secco Žekš – non credo proprio di aver usato toni pesanti. Ho semplicemente richiamato l’attenzione su episodi che, in Slovenia e anche all’interno della minoranza italiana, hanno destato viva preoccupazione. Mi riferisco alle provocazioni rappresentate dagli imbrattementi di monumenti e iscrizioni. Azioni gravi che, per molti di noi, rappresentano delle vere e proprie ferite. Era giusto quindi che io, come ministro degli sloveni all’estero, richiamassi l’attenzione sul problema. Credo di averlo fatto nel modo corretto. E, sia chiaro, ho agito di mia iniziativa, senza ascoltare i suggerimenti di nessuno». Un riferimeno fin troppo chiaro a quanti ipotizzavano che, dietro alla lettera, si nascondesse la mano di qualche «cattivo consigliere».

Quanto alla veemenza di alcune critiche arrivate da esponenti del centrodestra triestino (Roberto Menia, per esempio, aveva bollato l’iniziativa del ministro come «propaganda ridicola» ndr), Boštjan Žekš neanche si scompone. «Guardi, le organizzazioni slovene più accese mi hanno accusato di aver usato toni troppo morbidi in quella lettera, mentre in Italia molti hanno parlato di contenuti eccessivamente duri. E dal momento che la verità di solito sta nel mezzo, avendo io scontentato tutte e due le fazioni, credo di aver agito con equilibrio».

Lo stesso senso dell’equlibrio che l’ha spinto a scrivere direttamente al sindaco di Trieste, senza investire direttamente della questione il governo italiano. «Se fossi il ministro degli Esteri avrei inviato la lettera a Roma – chiarisce ancora l’esponente dell’esecutivo di Lubiana -. Ma visto che mi occupo di minoranze slovene che vivono in altri territori, credo che i miei principali interlocutori debbano essere proprio gli amministratori di quei territori. In questo caso, quindi, l’interlocutore giusto era il sindaco Dipiazza».
 

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