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05 ott – Gorizia: ”Norma Cossetto uccisa perché italiana e donna”

Torturata, stuprata e gettata nella foiba perchè italiana ma, e questo è l’elemento che forse fa ancor più riflettere, perchè donna, una donna giovane, bella, colta, raffinata e – per l’epoca – emancipata. Simbolo, dunque, di ogni nemico possibile. Ha avuto un impatto emotivo fortissimo sul folto e attento pubblico presente al Kulturni dom di Gorizia – molti i congiunti dei deportati – la rappresentazione di ”Foibe rosse”, coraggiosa trasposizione teatrale del libro, dallo stesso titolo, di Ferdinando Sessi che racconta la vita di Norma Cossetto uccisa dai titini in Istria nel 1943. Un impatto forte, specie nel secondo atto dell’opera, quando l’autore – attento e meticoloso ricercatore storico su tutte le aberrazioni del ’900 senza distinzione alcuna – affida a Norma un diario sui suoi ultimi giorni di vita spesi tra la disperazione, la terribile violenza – la scena dello stupro sul tavolaccio è da brivido – ma anche la fermezza nel rivendicare la sua italianità, mai venuta a vacillare davanti alle offerte di ”passare dall’altra parte” ripetutamente avanzatele dai suoi carcerieri.

Anche in questo ultimo aspetto vi è la chiave di lettura molto specifica del ”perchè” della morte di Norma: una donna preparata e moderna o fa molto comodo a ”rozzi rivoltosi” o è un ostacolo da sopprimere. E così è stato. Norma Cossetto, laureanda in Lettere all’Università di Padova dopo aver studiato a Gorizia, figlia di un importante possidente terriero in Istria – la cui figura viene raccontata in una sorta di intervista dalla sorella Licia e dall’amica del cuore Andreina – fu gettata ancora viva nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del ’43 – esattamente 66 anni fa – nella foiba di Villa Surari. Aveva 23 anni, era entusiasta della vita, aveva progetti, stava chiudendo la tesi di laurea dal titolo titolo-presagio ”Istria Rossa”: perchè studiava le origini delle cave di bauxite istriane ma forse anche perchè percepiva che tutto sarebbe presto cambiato, specie per la comunità italiana. Il titolo del libro ”Foibe rosse” dal canto suo non ammette interpretazioni, al di là del richiamo al sangue sparso in quei terribili frangenti: il rosso è il colore del comunismo che colpì spietatamente chiunque – anche partigiani, perfino sloveni e croati ma soprattutto la classe sociale più evoluta, ovvero quella itlaiana – si opponesse al progetto nazionalistico della grande Jugoslavia.

”Foibe rosse” è stato magistralmente proposto dall’Accademia teatrale Campogalliani di Mantova nell’ambito del Festival teatrale Castello di Gorizia organizzato dal Terzo teatro e con la collaborazione dell’Anvgd. Il prologo si era svolto alla libreria Antonini dove Ferdinando Sessi, introdotto dal presidente dell’Anvgd Rodolfo Ziberna e dal direttore del Terzo Teatro Mauro Fontanini, aveva fornito le tracce storiche, umane e psicologiche del proprio lavoro alla cui base c’è la conferma che un progetto politico violento fa le sue vittime innocenti ma è destinato a fallire e a essere condannato dalla Storia. Le piccole ”vicende”, come quella di Norma Cossetto, aiutano però a comprendere la grande Storia.

(Tonino Barba su Il Piccolo del 5 ottobre 2009)

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