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Trieste litiga sui fondi UE a Slovenia (Il PIccolo 08 mag)

di GABRIELLA ZIANI

Bocciata alla prova dei bandi europei Italia-Slovenia, stupita da una Slovenia pigliatutto, l’Università si ribella e insinua dubbi: perché in Italia la ricerca non è appoggiata? È possibile che nessun ateneo del Friuli Venezia Giulia, di Veneto ed Emilia Romagna sia stato in grado di allestire un progetto credibile per la distribuzione di fondi Interreg 2007-2013, e le piccole e giovani università del litorale sloveno invece siano risultate addirittura capofila per i due paesi? La torta era di 41 milioni, sul Friuli Venezia Giulia ne ricadono comunque 20, il 48% del totale secondo la Regione.

Questa l’accusa del rettore Francesco Peroni. Intorno, il fronte si rompe. Chi critica e sospetta, chi si appella alla trasparenza, chi fa l’uomo di mondo. A tagliar netta la questione il direttore della Sissa, Stefano Fantoni: «Questioni geopolitiche, non c’è dubbio». Alleata con l’Università di Trieste in un progetto del capitolo «conoscenza e innovazione», assieme ad altri 11 enti, pure la Sissa è finita bocciata in compagnia. «Un fulmine a ciel sereno – commenta Fantoni -, è impossibile che nel campo la Slovenia sia più avanti rispetto a noi».

«Nessuna decisione politica – dice subito l’assessore regionale con delega alle Relazioni internazionali, Federica Seganti -, ci sono punteggi ”alla cieca”, si vede che le Università slovene sono più dinamiche, più innovative, qui non si tratta di ricerca pura ma di ricadute sul territorio e collegamento con le aziende».

«Vogliamo proprio vedere come sono state messe le ”crocette” di voto – ribatte Sabina Passamonti, ricercatrice di Biochimica al Dipartimento di Scienze della vita che con Renato Gennaro ha costruito il progetto ”Rete transregionale per l’innovazione e il trasferimento tecnologico per il miglioramento della sanità”, 3 anni e 2 milioni e 600 mila euro di previsione -, nessun progetto guidato da università italiane ha ottenuto un punteggio sufficiente a rientrare nella rosa dei finanziati, invece in ciascun asse prioritario compare una università slovena. È possibile pubblicare il foglio di valutazione per capire i punti di forza dei vincitori e quelli di debolezza dei perdenti? Che errori ha fatto questo Dipartimento, da anni beneficiario di finanziamenti europei per la ricerca e per programmi Interreg? Sembra singolare – aggiunge – che le Università slovene siano più ”pratiche e preparate”, hanno forse un supporto tecnico più efficace?». Riunioni esplicative dei bandi si tengono anche qui. Ma lo stesso Peroni nota: «Gli sloveni sono supportati da un governo statale, che proprio alle sue Università affida l’ideazione di programmi strategici nazionali e transfrontalieri, lo Stato italiano non fa altrettanto».

Non la vede affatto così il presidente dell’Area di ricerca, Giancarlo Michellone: «Una rondine non fa primavera, non concordo con Peroni – risponde subito -, i bandi sono pubblici, chiunque pensa di poter partecipare, lo fa, noi andiamo a caccia, poi verifichiamo le priorità per la Regione. Viceversa, può essere la Regione a sollecitare gli enti, se ha interesse. Oppure alla richiesta può rispondere ”non mi interessa”. In un mondo ideale – prosegue Michellone – gli enti di ricerca già conoscono le priorità della Regione. Posso partecipare ai bandi anche come singolo, ma con la Regione è meglio, si perde meno tempo, si può andare in gruppo, evitare il sovrapporsi di due cordate sullo stesso bando. Insomma si decide con la Regione. Ma poi, quando parto, la Regione mi deve appoggiare».

Trasecola Passamonti: «Che cosa dice? I bandi europei sono sovranazionali, devono valere solo le competenze, non si dialoga prima con la Regione, è come avvantaggiarsi indebitamente. Le università sono abituate a severe valutazioni solo tecniche. Michellone dice questo? Si vede che ha imparato a vivere nel paese in cui ci troviamo, nell’Italia dei furbi, che evidentemente è arrivata fino a sfere impensabili».

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