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Tanti inni, tante regioni (Voce del Popolo 05 set)

di MIlan Rakovac

Ogni tanto me capita qualche cosa nostra istriana, e no vedo l’ora de dirla a tutti, cussi anche ‘desso. Anssi, due cose de la cosa nostrana-domacia istriana me vien in mente oggidi, legendo un splendido testo de Umberto Eco; prima, ma el secondo congresso istrian lo faremo un bel giorno? E secondo – el primo inno istrian lo faremo un bel giorno?

De novo devo scriver qua un episodio istrian; andavino insieme Lori Bogliun e mi, qualche anno fa, serate letterarie in Italia e dopo in Austria, e parlavamo dell’Istria, ciaro. E Loredana me fa; e coss’ te pensi ti, che sentimento sentimo noi altri quando voi altri cantè “Krasna zemljo, Istro mila, dome roda hrvatskog”? O, dio, digo, te ga rason, ma sa cossa, e no poderino insieme noi altri, qualche poeta italian, sloven e croato, scriver i versi in tre lingue per un novo inno istrian!

E cussi ‘spetemo el primo inno istrian e el secondo congresso istrian… Ma cossa, alora, xe nel ambiente istriano, gavemo cambia le idee euroregionalistiche, se gavemo stanca, siccome l’Europa, o sarà che le Nazioni e i nazionalismi ga cambià l’aria europea? Vi chiedo di non farmene una colpa, ma quando vedo che in Italia la querelle con i “nordisti” si fa sempre più accesa mi sembra che stia per sorgere una grottesca alba di un’ipotetica Europa unita.

Mi scuso immediatamente perché so quanto il patriottismo sia importante per l’Italia, come anche, del resto, per la maggior parte delle nazioni europee. Per il momento di astengo dal menzionare la Croazia perché è della Croazia che sto scrivendo. Il regionalismo è il futuro dell’Europa, ne sono convinto. Proprio come sono convinto che nel futuro non ci saranno più né gli Stati nazionali, né la ridicola unione di questi stati denominata Unione europea.

In Istria non ci sono problemi con gli inni nazionali. È vero quando vengono eseguiti bisogna alzarsi in piedi, proprio come avviene anche in tutte le altre parti del mondo, ma a differenza degli altri, anzi contrariamente a quanto avviene da tutte le parti del mondo che conosco, noi non ci sentiamo pervasi da fortissime emozioni quando sentiamo un inno. E non si tratta di un atteggiamento semplice, perché qui sono ben quattro gli inni in uso pubblico e formale: L’INNO DI MAMELI, ZDRAVLJICA, KRASNA ZEMLJO e LIJEPA NAŠA.

Con gli inni c’è poco da scherzare perché quando sentiamo il NOSTRO inno proviamo un’emozione forte, anzi fortissima, ma è in modo ancor più appassionato che FISCHIAMO gli inni altrui. Così di recente la Francia (Federcalcio) ha minacciato la Serbia (Federcalcio) che la nazionale francese abbandonerà (?!) la prossima partita a Belgrado se i tifosi serbi fischieranno l’inno francese (come fanno gli Algerini con passaporto francese nel bel mezzo di Parigi!).

“MA VA PENSIERO…”, scrive Umberto Eco per L’ESPRESSO elencando sarcasticamente i possibili inni italo-regionali. “La Lombardia, ispirandosi anche al Capo leghista aveva scelto ‘el purtava scarp de tenis’ (per i giovani, una splendida canzonetta di Enzo Janacci – M.R.), il Trentino Alto Adige optava decisamente per la Marcia di Radetsky, il Veneto si attestava su ‘La biondina in gondoleta – l’altra sera go menà’ e il Friuli Venezia Giulia, scartati ‘Le campane di San Giusto’ e ‘Vola colomba bianca vola’, troppo nazional-irredentisti, ripiegava su ‘Ciribiribin, paghè ‘na bira’…”

Ma va pensiero, ciò mio, che maniera, che spirito. Me ricordo anni annorum fa, sul Piccolo iera pubblicada una lettera che un ‘Talian d’Italia (e no un de voi qua domaci-nostrani) se domandava ma come mai a Promontore lui con un croato (ma de suso, no nostro-domaci) in gioia i coantava, bevendo vin, ciaro, Va pensiero, e i croati del logo invesse i considerava Va pensiero come roba iredentista? Ho già scritto di questa lettera e del relativismo e dell’innocenza di una canzone semplice, SINCERA e ROMANTICA che può diventare – pericolosa e aggressiva. Dipende tutto da CHI la canta, e in QUALE OCCASIONE, ma anche da chi la ASCOLTA!

Ovviamente, parlo per esperienza vissuta. Una volta a Sidney ero in compagnia, stavamo bevendo vino e cantando. Le canzoni si susseguivano e venne il momento di “It’s a long way to Tiperary”, una canzone che fino a quel momento gradivo molto e che consideravo “innocua” e “nostalgica”. Questo fino a quando un Irlandese (che aveva smesso di cantare, anche se era il più bravo tra noi) mi spiegò all’orecchio che gli Inglesi canticchiavano questa canzone mentre conquistavano la sua Irlanda.

Comunque, leggendo l’ironico Eco mi torna in mente un altrettanto ironico show nel quale Dario Fo derideva l’inno nazionale italiano davanti alle telecamere della RAI. E così comincio a bene – cosa succederebbe se qualcuno facesse dell’ironia sul nostro inno croato, come sarebbe percepita la cosa? L’ipotetico signor “qualcuno” finirebbe davanti a un giudice, o forse verrebbe pestato. E se poi qualcuno oserebbe protestare perché il compositore di questo inno è un Serbo, un cadetto austriaco!!!

“Ma proprio buila ti xe, bella nostra”; podessi mi tentar ironizzar (in questa crisi) i primi versi del inno nazionale croato?! Beh, non è consigliabile, ma io ribadisco la proposta di creare assieme un inno istriano comune…

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