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Slovenia: nel vortice di crisi e corruzione (AnsaMed 07dic12)

La Slovenia non è più un Paese felice. Indicata fino a qualche anno fa come stato modello e economicamente più progredito e stabile fra quelli dell’ex Europa comunista, il piccolo Paese ex jugoslavo ha subito un brusco ridimensionamento, con la crisi che ha tolto certezze date ormai per acquisite. Oggi, in piena recessione, con una grave crisi d’insolvenza del sistema bancario, un debito pubblico galoppante che ha toccato il 50% del Pil e una disoccupazione che ha superato il 10%, la Slovenia – unico dei paesi della vecchia Jugoslavia a far parte di Ue e eurozona – viene sempre più spesso indicata come il nuovo malato d’Europa, tra quelli che potrebbero chiedere gli aiuti del fondo salva-stati europeo.

 

Specchio di tale precaria situazione economico-finanziaria è il forte deterioramento della situazione sociale, con la rabbia dei cittadini che si è impossessata delle strade e delle piazze a Lubiana e altre città, invase sempre più spesso da manifestanti ‘indignati’ non più disposti a sopportare sacrifici e una corruzione politica che emerge con sempre maggiore virulenza.

 

La protesta, che ha fatto da sfondo alle presidenziali vinte al ballottaggio di domenica scorsa dall’ex premier socialdemocratico Borut Pahor sul capo di stato uscente Danilo Turk, ha avuto il primo effetto vistoso di indurre alle dimissioni Franc Kangler, il sindaco di Maribor (seconda città slovena) accusato di corruzione e nepotismo. La mobilitazione sociale si è concretizzata sulle reti del web e Maribor, da cittadina tranquilla e ridente, stazione invernale di grande richiamo internazionale, si è trasformata in rumorosa cassa di risonanza dell’insoddisfazione degli sloveni.

 

“La vicenda di corruzione del sindaco è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso’’, ha detto un analista citato dal quotidiano Vecer. La rabbia infatti andava avanti già da tempo, ‘‘alimentata dall’alto tasso di disoccupazione, dai continui fallimenti di aziende, dall’indifferenza dinanzi ai molteplici casi di malaffare”. L’austerità messa in atto dal governo conservatore di Janez Jansa per evitare il fallimento del Paese ha fatto il resto. E il tutto si riflette su un crescente allontanamento dalla politica di una popolazione sempre più delusa e incerta sul futuro. Al ballottaggio presidenziale di domenica ha votato infatti solo il 42%, l’affluenza più bassa mai registratasi in Slovenia dall’indipendenza del 1991.

 

“Spero che la mia vittoria possa essere un nuovo inizio per la Slovenia e dare nuove speranze a tutti”, sono state le prime parole del neopresidente Pahor subito dopo l’elezione domenica. Suo intento è di lavorare insieme al governo conservatore e alla sua politica di austerità per contribuire al risanamento finanziario del paese. Ma non sarà facile. Anche perchè gli sloveni, dopo anni in cui hanno visto costantemente e con orgoglio migliorare il loro livello di vita, fanno fatica ad abituarsi a convivere con la recessione, col taglio dei salari e con una austerità quotidiana che per ora non fa vedere la luce in fondo al tunnel.

 

(fonte AnsaMed 7 dicembre 2012)

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