ANVGD_cover-post-no-img

Schurzel: la memoria fondamentale per l’identità

Il Giorno del Ricordo a Roma è stato caratterizzato da una serie di iniziative ad alto livello, dal Quirinale al Campidoglio, ma anche in altre sedi, a testimonianza del fatto che la risposta alla legge del 2004 è compatta nella capitale come in tante città grandi e piccole d’Italia. Non mancano anche le risposte dall’estero. Tutto questo impegnarsi, a spiegare, a raccontare, a ribadire tesi e concetti, ad aprire nuove pagine che portino luce su realtà sconosciute o sottaciute ha prodotto, all’interno dell’associazionismo degli esuli, profondi cambiamenti. Una comunità abituata ad evolvere se stessa in ambiti chiusi, all’improvviso viene messa a nudo ed incontra sulla propria strada dinamiche nuove, inesplorate anche se per tanto tempo rincorse, vagheggiate. Il 10 Febbraio sta cambiando non solo gli italiani ignari, ma anche gli esuli, o almeno il loro coinvolgimento all’interno delle associazioni. Il tutto non disgiunto da un funzionale ricambio dovuto all’età media delle persone che si sentono appartenere a questo popolo sparso.

In Campidoglio, anche quest’anno la manifestazione del 10 Febbraio è stata organizzata in collaborazione con l’Anvgd Comitato di Roma, presieduto da Donatella Schürzel, nata nel Quartiere Giuliano-Dalmata da padre di Rovigno e madre di Pola. Docente di lettere, studiosa di storia e cultura dell’Adriatico orientale, impegnata a portare avanti iniziative di vasto respiro – non ultimo il gemellaggio Roma-Rovigno che ha aperto riflessioni e possibilità sul futuro di questo mondo.

Il suo è un caso emblematico, altri suoi coetanei in altre città italiane, hanno raccolto il testimone dell’associazionismo con pari dignità e desiderio di evolvere il discorso in chiave senz’altro europea. Ma che cosa rappresenta oggi il 10 Febbraio per i Comitati ed associazioni? Ne parliamo proprio con la Schürzel al termine della mattinata in Campidoglio che ha coinvolto il mondo della scuola, quello dell’associazionismo e delle istituzioni in una sintonia di tesi e proposte.

“È un impegno che dura tutto l’anno – risponde – e culmina nel Giorno del Ricordo con il coinvolgimento di tutti. Anche le persone più mature che per anni hanno sostenuto il Comitato Anvgd sono al nostro fianco in questo momento. Hanno compreso ed accettato ben volentieri di dare il proprio contributo in quest’ambito”.

Nell’attività c’è stato un giro di boa, i temi “storici” degli esuli sono diventati “altri”, quale la reazione?

“Noi non abbiamo abbandonato richieste come gli indennizzi, i beni abbandonati che rimangono prioritari, ma non sono più l’unico biglietto da visita della nostra realtà. Per altro anche i temi storici, che sono stati il principale motore nei primi anni delle celebrazioni del 10 Febbraio, si stanno arricchendo con riferimenti alla nostra cultura, dalla letteratura all’arte, al rapporto tra lingua e dialetto, fondamentali per capire l’essenza del nostro popolo”.

Le seconde generazioni sentono i legami con le radici, ma esiste la possibilità di immaginare un futuro?

“L’impegnarsi nell’associazionismo è legato ad altre dinamiche del quotidiano che passano attraverso il raggiungimento di una stabilità lavorativa, familiare, personale. Raggiunte queste mete, diventa più facile, quasi una necessità, esplorare altri bisogni. L’appartenenza è un motore importante, la sua definizione finisce per diventare un collante tra le generazioni, i più giovani alla ricerca di un proprio mondo interiore che li saldi alla propria storia, gli anziani ancora in grado di fornire gli strumenti di questa indagine fatta anche di memorie, di suggestioni, di esempi importanti”.

L’appuntamento in Campidoglio sta diventando una consuetudine, per voi quale significato assume?

“Ci siamo ritrovati per il terzo anno in questa famosa aula Giulio Cesare, che per il suo prestigio immediatamente porta alla mente la millenaria storia dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, condivisa sin dai tempi dei Cesari con l’Italia, o meglio la penisola italica. Quella penisola italica che già lo stesso Dante desiderava fortemente vedere unita in quelli che definiva i naturali confini “Pola e il Quarnaro ch’Italia chiude e i suoi termini bagna” all’interno dei quali il processo culturale era condiviso e soprattutto un’unica lingua era parlata: il volgare italico. Sappiamo bene quanto sia proprio la lingua per qualunque civiltà e popolo il mezzo veicolare per identificarsi in una unica nazione”.

La lingua, un elemento che sarà presente più che mai in quest’anno in cui si ricorda il 150.esimo anniversario dell’Unità d’Italia…

“Non perché io voglia essere di parte, ma chi più dei Giuliano-Dalmati può essere definito a buon diritto “italiano”? Questi Italiani così radicati nel loro sentimento di patria hanno preso parte alle guerre del Risorgimento, sono stati Garibaldini (ne vediamo ancora oggi alcune tombe nel cimitero di Cosala a Fiume) e moltissimi di loro, prevalentemente giovani, hanno dato la loro vita durante la Prima guerra mondiale, soprattutto sul Carso, per il solo obiettivo di riunire nell’unica madre patria, l’Italia, tutte le terre negli stessi confini. È lo stesso desiderio e amore dell’Unità che ha fatto sì che questo popolo, al termine della Seconda guerra mondiale, affrontasse il dramma dell’esodo proprio per mantenere quell’italianità in terra italiana. Pensiamo a personaggi come Marisa Madieri, Pierantonio Quarantotti Gambini o Paolo Santarcangeli, il quale nel parlare della sua Fiume, quella conservata nel cuore e nella memoria, pensando all’esodo diceva: Per gli esuli l’arrivo in Italia rappresentò l’inizio della vita nei diversi campi profughi e in vari luoghi dove non sempre ricevettero un’accoglienza umana, sensibile e dignitosa, quale avrebbe dovuto essere quella degli Italiani verso degli altri connazionali che avevano pagato con il loro sacrificio la guerra che aveva coinvolto tutti. Ecco perché per noi è importante essere al Campidoglio il 10 Febbraio”.

Una delle mete è il coinvolgimento della scuola, a che punto siete?

“Devo dire che in questo ultimo anno sono stati fatti diversi progressi; cito ad esempio l’importante lavoro che le nostre associazioni stanno svolgendo con il Miur giungendo ai seminari di formazione per docenti, quello del 23 febbraio dello scorso anno di cui sono stati già pubblicati anche gli atti, e quello che si terrà tra pochi giorni nuovamente il 23 febbraio; a ciò va aggiunto l’avanzamento del progetto sulla Casa della Memoria seguito direttamente dal Delegato alla Memoria Prof. Ricci e personalmente dal Sindaco, e questo ci fa sperare di giungere ad una rapida e felice conclusione; per non parlare dell’importante lavoro svolto dall’Assessorato all’Istruzione del Comune di Roma nelle scuole al fine di diffondere la conoscenza della nostra storia corredando tutto ciò anche con gli ormai noti viaggi del ricordo in terra giuliana, di cui il prossimo avrà luogo tra pochi giorni, alla fine di febbraio”.

Tutto ciò sposta il significato del 10 Febbraio su un piano più completo, cosa ne pensa?

“È fondamentale, a mio avviso, che il Giorno del Ricordo non renda solo il dovuto onore alle vittime delle foibe e a tutti gli esuli che sono stati e sono Italiani di altissima fede verso la patria, ma che attraverso la memoria di fatti, valori, convinzioni e sentimenti che hanno un così forte impatto emotivo, offra materia insostituibile non solo alla costruzione del sapere e della verità storica, ma anche e soprattutto dell’identità, che è qualcosa al di là delle collocazioni geografiche, è dentro di noi e ovunque può essere sentita, ritrovata ed affermata”.

Che cosa le sta dando il nuovo rapporto con Rovigno che non è solo vacanza, ritorno, ma anche impegno, proposte di collaborazione, vicinanza, conoscenza?

“È un gesto di ricomposizione che dobbiamo ai nostri cari e al nostro bisogno di radici. Abbiamo avuto modo di ribadirlo più volte, noi delle seconde generazioni abbiamo fatto i medesimi percorsi alla ricerca di noi stessi, indipendentemente se nati in esilio o nelle terre di provenienza. C’è un qualcosa di forte che ci unisce, è il momento di focalizzarne la portata e di dargli un senso, insieme. Un’ultima cosa: per moltissimi anni il cuore degli esuli è stato gonfio di dolore e spaccato come la pietra carsica, dobbiamo far sì che quella bellissima regione costituita dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia diventi ora il cuore di tutti noi, di tutti gli Italiani, non più gonfio e spaccato, ma ritrovato e condotto su nuove vie attraverso i riconoscimenti del ricordo e della giustizia”.

Rosanna Turcinovich Giuricin su La Voce del Popolo del 22 febbraio 2011

 

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.