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Saluti… dal borgo di Momiano (Voce del Popolo 15 gen)

La località di Momiano, situata a 280 metri sopra il livello del mare e ad una ventina di chilometri dalla costa, è conosciuta principalmente per i prodotti della terra: il vino, soprattutto il moscato, e l’olio d’oliva. Il borgo, che sovrasta la valle del Dragogna, fin dal Medioevo rivestiva una posizione strategica di rilievo e di conseguenza era conteso e fortificato. Fu proprietà dei Patriarchi d’Aquileia e dei Duinati, e successivamente fu infeudato ai Signori di Pietrapelosa e ai Conti di Gorizia, nel 1344, dopo la firma della pace tra il conte goriziano Alberto e la Repubblica il castello fu smantellato e risorse solo successivamente. Con l’estinguersi dei succitati conti ritroviamo gli Asburgo che provvidero alla ristrutturazione delle difese e il territorio passò ai potenti signori Raunach. Infine, nel 1548, Simone Rota acquistò il possedimento ed avviò la costruzione del castello trapezoidale con la torre difensiva a pianta quadrata, che divennero il simbolo del borgo medesimo.

La vita quotidiana prima dell’esodo

A siffatto centro istriano recentemente è uscito un interessante volumetto che documenta le sue peculiarità e le caratteristiche del territorio più prossimo. Si tratta di “Momiano in cartolina”, edito dal Circolo-Famiglia Momianese “Per ben far”, aderente all’Unione degli Istriani di Trieste, e curato da Enrico Neami, con la collaborazione di Nicola Gregoretti, che ha pure concesso gran parte delle immagini che compongono l’album. In un’ottantina di pagine si propone una serie di cartoline e di immagini della prima metà del secolo scorso (alcune risalgono anche agli anni Sessanta) che sono, indubbiamente, dei materiali interessanti, che rappresentano lo stato delle cose e lo svolgersi della vita quotidiana in quell’abitato, prima che l’esodo non spopolasse quelle contrade e quelle campagne, con effetti negativi che si riflessero sia sulla demografia locale (nel 1940 gli abitanti erano 2.537; nel 1987 la popolazione si era ridotta ad un quinto; mentre in base al censimento del 2001 essa non raggiungeva le 300 unità) sia sull’economia, ma anche sul centro urbano stesso. Le partenze, difatti, tolsero l’anima ad una parte non indifferente delle case, che il passare del tempo e l’incuria ridussero in rovina. Tuttora quegli edifici pericolanti rappresentano con eloquenza i vuoti lasciati oltre mezzo secolo fa.

Scorci inusuali

Considerando che le cosiddette località minori non sempre godono di grande attenzione, sia a livello scientifico sia in ambito pubblicistico, accogliamo favorevolmente l’opera in questione, anche perché essa riunisce un bel numero di immagini su Momiano e sul suo circondario e, con una certa sorpresa, constatiamo che il paese annovera non poche cartoline, segno evidente di un interesse che non sempre è noto ai più. Nella nota introduttiva del curatore si evidenzia che, oltre alle cartoline, si era ritenuto opportuno pubblicare anche delle immagini d’epoca (sempre provenienti dalla collezione Gregoretti), che “(…) presentano scorci e prospettive inusuali che focalizzano l’attenzione del lettore su particolari architettonici interessanti e peculiari che spesso passano inosservati e che oggi, anche a causa della progressiva azione del tempo e degli agenti atmosferici che stanno inesorabilmente erodendo le vecchie mura, sono difficilmente osservabili”.

Il castello, le rovine

La prima sezione del volumetto propone le cartoline raffiguranti il castello, o meglio le sue rovine, e la torre ancora integra, inserite nella campagna. L’opera difensiva aveva un’importanza non indifferente, e il mastio, che oggi appare isolato, in origine era collegato mediante un ponte in muratura sino alla base della torre, mentre una parte mobile in legno rappresentava il ponte levatoio. Il viaggio virtuale prosegue con le cartoline dedicate all’abitato in cui sono riprodotte le varie case e la chiesa parrocchiale di San Martino e non poche sono animate, con la popolazione consapevolmente in posa.
Tra gli edifici ricordiamo Casa Gianolla, che un tempo dava su piazza Cesare Battisti, con gli eleganti balconcini le cui ringhiere erano in ferro battuto riccamente decorate a tralci d’uva. Alcuni esemplari sono dedicati, invece, alla fontana ossia alla sorgiva naturale che zampilla da una spaccatura nella roccia lungo la strada che porta alla valle del fiume Argilla. Quell’acqua fu sfruttata nel corso del tempo e di conseguenza la popolazione costruì delle vasche che la raccoglieva e che veniva usata sia per gli usi domestici sia per abbeverare il bestiame.

Affascinanti vedute

Vi è poi la parte dedicata alle foto, anche in questo caso non mancano gli scatti raffiguranti il castello; tra le altre rammentiano pure un notevole panorama in cui si notano due elementi architettonici in particolare: la torre ed il campanile, oppure le vedute d’insieme del castello dal lato del paese, o ancora gli angoli delle campagne, lavorate con cura in cui si notano i vigneti ed i covoni di fieno, che in dialetto istro-veneto sono denominati “mede”. Tra le fotografie non possiamo non ricordare quella che ha immortalato le sorelle Lina, Maria e Silvia Gregoretti immerse in un ambiente completamente innevato e datata all’inverno 1929, quello stesso che fu contraddistinto per le sue rigide temperature che provocarono, tra l’altro, un duro colpo all’agricoltura, in primis agli olivi. Interessanti anche gli scatti di Casa Rota, che divenne la residenza ufficiale della famiglia dopo la dismissione del castello nel corso del XVIII secolo, e oggi non più esistente in quanto incendiata nel secondo dopoguerra dagli attivisti comunisti.

Gli anni Sessanta

Non passa inosservato il robusto stemma del lignaggio situato sopra il ballatoio. La serie delle immagini si conclude con quelle degli anni Sessanta (della collezione Sfecci-Biloslavo) che ci presentano un borgo che manteneva ancora le caratteristiche prebelliche, con le strade non asfaltate, mentre la popolazione rimasta continuava ad essere impegnata soprattutto nei lavori agricoli. Una foto – che ormai è una sorta di documento etnografico – realizzata a Villa de Sora, ci mostra un carro colmo di fieno trainato dai manzi che si incammina da San Rocco verso San Piero. La pubblicazione si chiude con un’appendice dedicata ai Soci del gruppo “Castello di Momiano”.

Kristjan Knez

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