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Ritratto di Magris, uomo di frontiera (Il Piccolo 23 apr)

Esce domani in libreria il primo dei due Meridiani Mondadori dedicati a Claudio Magris. Curatrice dei volumi è Ernestina Pellegrini, docente all’Università di Firenze che si occupa da sempre di letteratura triestina e in particolare dell’opera narrativa di Claudio Magris. Alla professoressa Pellegrini abbiamo chiesto di descriverci il progetto e i criteri che ha adottato per la compilazione di un’opera destinata a divenire un vero e proprio punto di riferimento per studiosi e appassionati dello scrittore triestino. «Il progetto editoriale prevede l’uscita di due Meridiani che presentano un’ampia selezione dell’intera opera saggistica, narrativa e teatrale di Claudio Magris. Il secondo volume dovrebbe seguire nel 2014.

 

La struttura generale dell’opera segue un criterio cronologico: dal “Mito absburgico” del 1963 fino alle recentissime raccolte di saggi (“Livelli di guardia” del 2011) e altre probabili e auspicabili sorprese narrative. Si è preferito non dividere l’opera complessiva in sezioni e per generi artistici, mostrando il continuo intersecarsi dei linguaggi e degli stili, in un percorso evolutivo che rivela la loro fertile contaminazione, senza perdere mai di vista la fisonomia complessiva di quest’uomo di frontiera, di questo intellettuale di fama internazionale, cercando di modellare un ritratto – come dire – mercuriale e “cubista”, un ritratto in continuo divenire. C’è il germanista, c’è il saggista, c’è il giornalista, c’è il narratore, c’è lo scrittore di teatro, c’è il viaggiatore, c’è l’intellettuale impegnato in battaglie morali e politiche. È ciò che chiamerei la voce dell’epica, della sabiana “calda vita”». In questo primo libro ritroviamo, dunque, il percorso che conduce a “Danubio”, forse il capolavoro di Magris, una vera pietra miliare…

 

«Il libro si apre con i due saggi monumentali, che hanno inaugurato la sua carriera di studioso, capace di diffondere in Italia la conoscenza della cultura mitteleuropea e della civiltà ebraico-orientale, “Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna” (1963) e “Lontano da dove. Joseph Roth e la tradizione ebraico-orientale” (1971), in cui è possibile vedere in controluce la presenza clandestina di un “romanziere refoulé”. Segue “Illazioni su una sciabola” (1984), il libro che ha segnato il passaggio alla narrativa – uscito in sincronia con “L’Anello di Clarisse”, il grande viaggio dentro la letteratura del nichilismo – un racconto filosofico, una specie di favola morale che narra la bizzarra odissea cosacca, quella del generale bianco Piotr Krasnov, alleato dei nazisti. C’è poi, naturalmente “Danubio” (1986), il libro più noto a livello internazionale (ha avuto finora 24 traduzioni e 6 sono attualmente in corso), un inconsueto baedeker e viaggio sentimentale verso l’altra Europa, che è stato paragonato a un’Odissea contemporanea, a un “romanzo sommerso” – come lo definisce l’autore stesso – che ha ispirato un buon numero di parodie e imitazioni.

 

Credo si possa sostenere che quel grande romanzo sovranazionale che il giovane Magris aveva invano sollecitato agli austriaci, un romanzo capace di afferrare nella sua duttile vivacità spirituale quanta più realtà storica possibile, alla fine l’ha scritto lui stesso – come sostiene acutamente Renate Lunzer – “lui il flaneur e l’erudito uniti nella stessa persona”». Ci sono anche altri apporti e apparati davvero interessanti. Ce li può descrivere? «È stato un lavoro di gruppo, una sinergia straordinaria. Non potrò mai ringraziare abbastanza la generosità di Claudio Magris che ha messo a mia disposizione per anni il suo incredibile archivio personale. Grazie anche alla sua collaborazione e alla sua amicizia, ho potuto avere a disposizione tutto ciò che mi occorreva. Maddalena Longo e Rossella Pacor, che collaborano con lui, sono state talvolta dei veri e propri angeli soccorritori, premurose nel fornirmi carte e consigli.

 

Accanto alla mia introduzione molto generale, nel volume c’è un bel saggio specifico di Maria Fancelli, che illumina la produzione di Magris studioso delle letterature in lingua tedesca, e documenta il suo interesse per alcuni prediletti autori delle letterature scandinave. Per la stesura delle “Notizie sui testi”, che sono quasi delle tessere saggistiche autonome, ho attinto ai documenti inediti conservati in archivio, e ho potuto così fornire informazioni dettagliate sulla genesi delle opere, nonché ricostruire per ciascun libro un’amplissima rassegna della ricezione critica non solo in Italia ma anche all’estero, e specialmente nei Paesi di area germanica e nord-europea che, fin dai tempi de “Il Mito absburgico”, hanno individuato in Magris un interlocutore autorevole non solo in campo letterario. L’Archivio Magris è stato una risorsa fondamentale anche per la preparazione della Bibliografia, a cura di Luca Bani, bibliografia in sé sterminata, ma qui proposta in forma essenziale sia nella sezione delle opere di Magris, sia in quella che registra i principali titoli della bibliografia secondaria – quest’ultima relativa soltanto ai libri raccolti nel Meridiano».

 

C’è poi l’apparato della Cronologia… «Che presenta delle vere e proprie sorprese al lettore. È qui, soprattutto sotto il profilo biografico, che il contributo di Magris si è rivelato più diretto e indispensabile. Siamo davanti a una specie di autobiografia obliqua, che comunque non è stato facile ricostruire, visto la rocambolesca vita dell’autore, fra viaggi, premi e collaborazioni internazionali. Mi sembrava di essere la tartaruga che insegue Achille. Grazie a queste inedite testimonianze autoriali la storia familiare di Magris, ma anche le sue vicende personali – che spesso si intrecciano con momenti e personaggi cruciali della cultura del nostro tempo (Singer, Canetti, Borges, Glissant, Vargas Llosa, Marin, Saramago, etc) – sono ricostruite con ampiezza di aneddoti e di dettagli». Comporre un “Meridiano” è un punto d’arrivo per uno studioso, ancor di più nel caso di un grande autore italiano vivente? «Innanzitutto vorrei ringraziare Renata Colorni, perchè senza la sua guida, la sua sicurezza nel determinare l’impianto editoriale, il libro non avrebbe visto la luce. Renata Colorni, Elisabetta Risari e Chiara Pontoglio hanno contato moltissimo nella realizzazione di questo volume, non solo, come è ovvio, come “guida” editoriale, ma coi loro consigli, le loro integrazioni, la loro passione e competenza, la loro “forza”, grazie a cui questa impresa non facile e entusiasmante è arrivata in porto. Dicevo giorni fa scherzando ad alcuni miei colleghi dell’Università di Firenze che mi sembra di aver partorito un minotauro, a sembrare, se non diventare, la studiosa diametralmente opposta a quella che sono…

 

Ma c’è anche un pizzico di verità. Si sa che lavorare alla curatela di un “Meridiano”, di un autore poi così importante e complesso, e amato e universalmente noto, come Magris, è la meta di tanti studiosi. È come per uno scalatore raggiungere la vetta. Ci ho riso su con Magris, che mi diceva sullo stesso tono: “ora che tu stai costruendo il mio cenotafio…”. In realtà, i Meridiani non sono per fortuna una collana celebrativa e imbalsamatoria del canone occidentale. Formano anche una collana viva, che ha cantieri aperti, veri e propri work in progress. Penso alla trilogia sugli scrittori ebrei americani, Philip Roth, Saul Bellow e Bernard Malamud. Penso al volume dedicato a Vargas Llosa. Quando guardo alla libreria più importante di casa mia e guardo i tanti scaffali pieni di Meridiani, non riesco a pensare (o meglio ci riesco, un po’ con orgoglio e molto con incredulità) che presto ci sarà anche quello di Magris curato da me».

 

Roberto de Denaro

“Il Piccolo 23 aprile 2012

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