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Risiera: l’inno mancato (Il Piccolo 10 giu)

LETTERE

La risposta data dal sindaco Dipiazza alle giuste rimostranze fatte dal presidente della Regione Tondo sulla mancata esecuzione dell’inno nazionale durante la cerimonia del 25 Aprile alla Risiera di San Sabba mi lascia sconcertato.

Tale risposta suona nella sostanza così: non si sono volute offendere diverse «sensibilità» comunque coinvolte nella cerimonia.

L’Associazione italiana volontari Stay Behind da sempre guarda alla data del 25 Aprile come doveroso ricordo di tutti coloro che si sono sacrificati per la Patria e la libertà, commemorando in particolare i membri delle missioni militari che hanno fornito, su ordine del Governo legittimo italiano, supporto logistico e tattico alle formazioni partigiane combattenti, costituendo in tal modo gli archetipi delle reti «Stay Behind» dai quali, per l’appunto, è stata poi istituita, in modo organico, la nota struttura così denominata in ambito Nato.

Non possiamo, quindi, dimenticare che nella Risiera di San Sabba furono soppressi, o comunque cremati, eroi quali il capitano dell’aeronautica Sartori, i membri della missione Molina, il tenente dell’esercito Berghinz e la crocerossina Cecilia Deganutti, tutti decorati al valor militare e tutti membri o cooperatori dei predetti nuclei S/B.

Orbene, pretendere di poter degnamente onorare con una cerimonia la memoria di tali caduti senza la solennità data dalle note dell’inno nazionale è veramente sconcertante.

Non capisco perché dovrebbe turbare l’esecuzione dell’inno nazionale quando i sindaci che hanno partecipato alla cerimonia, compresi quelli dei comuni abitati prevalentemente da cittadini italiani di lingua slovena, indossavano tutti la fascia tricolore, simbolo dell’appartenenza dei rispettivi enti alla comunità statuale italiana.

Mi sembra che la comunità slovena sia sufficientemente e degnamente rappresentata nella cerimonia dal suo coro, che senza problemi di sorta canta canzoni partigiane nella sua lingua, e che a fronte di ciò l’esecuzione dell’inno nazionale italiano sia cosa dovuta, anche perché dopo tanti anni trascorsi all’interno dello Stato italiano è lecito attendersi dalla locale comunità slovena nei confronti del nostro Stato quello stesso lealismo che contraddistingue l’atteggiamento della nostra minoranza italiana nei confronti dello Stato sloveno.

Se così non fosse non potremmo dire di essere cittadini di una comune Europa.

Spero vivamente che il sindaco rifletta su tutto ciò.

Marino Valle, vicepresidente Associazione italiana volontari Stay-Behind

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