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Ricordi di una profuga da Zara (Giornale di Brescia 22 feb)

LETTERE 

L'altra sera, mentre guardavo il film «Il cuore nel pozzo», ricordi dolorosi sono riemersi dentro di me, anche se durante la mia vita non ho mai dimenticato che 65 anni fa sono venuta con la mia famiglia a Chiari. Sì, Direttore, sono profuga da Zara: avevo 10 anni quando io e la mia famiglia siamo partiti per l'Italia anche se noi eravamo già in Italia e per fortuna non abbiamo subito l'invasione dei militanti Titini, giunti solo pochi mesi dopo, ma abbiamo subìto più di 50 bombardamenti, vivendo praticamente nei rifugi e nelle grotte, riparandoci dalle bombe che gli angloamericani sganciavano sulla nostra città, nascondendoci anche dai tedeschi che non risparmiavano angherie di varia natura, rastrellando le case per prelevare gente da portare nei campi di concentramento.

Poi nel 1944 siamo riusciti a prendere la nave,"il Sansego" e partire per Trieste, sempre però con la paura dei bombardamenti dal cielo. Quando, dopo un paio di giorni di peripezie, siamo arrivati a Chiari, ospitati da una splendida famiglia di contadini, già numerosissima, vivevamo fianco a fianco dividendo ciò che c'era. Per me, le mie sorelle e mio fratello tutti bambini, era una novità, perché non avevamo mai visto tanti animali ed il calore del fieno che ci riscaldava era una sensazione mai provata. I miei genitori, speravano sempre, una volta finita la guerra di poter tornare a casa, ma ciò non fu possibile, venimmo così etichettati "profughi GiulianoDalmati" poi la storia racconta…

Nel 1950, dopo la morte di mia madre, siamo venuti a Brescia, dove ci assegnarono un appartamento al villaggio GiulianoDalmata «S. Antonio», dove abbiamo vissuto per molti anni con altri profughi zaratini, fiumani, istriani, inserendoci bene, socializzando con i bresciani, integrandoci con amicizie e matrimoni.

Vede, Direttore, sto scrivendo questo perché ancora oggi, dopo tanti anni, quando vado negli uffici pubblici, gli impiegati mi chiedono «Ma Zara dove è?… Allora lei è Croata!». Il sentirmi rispondere così, mi fa arrabbiare, tanto da voler gridargli in faccia quanta ignoranza ci sia, perché, per restare italiani, mio nonno e mio padre sono stati due volte profughi,una volta dopo la Prima Guerra Mondiale da Traù dove erano nati e l'altra dopo la Seconda Guerra Mondiale da Zara. Vede, anche mio suocero, sì perché ho sposato un fiumano, è stato in prigione per 6 anni a Maribor, dove è stato torturato e alla fine rilasciato con uno scambio di prigionieri slavi al confine italo slavo, perché quando i Titini avevano occupato Fiume, e facevano tutto quello che facevano nel film, una notte andò sul tetto del Palazzo del Governatore, strappò la bandiera Jugoslava ed issò quella italiana, tutto questo per far capire quanto ci sentivamo italiani e quanti torti abbiamo subito.

Ieri mattina ho assistito a Sanpolino all'intervista che il presidente della A.N.V.G.D., ha rilasciato alle reti locali, condividendo quello che ha detto, ribadendo che sarebbe ora che la nostra storia fosse scritta su libri di testo, perché anche i giovani sappiano quello che è successo più di 60 anni fa. Devo altresì contestare il fatto che si dovrebbe ricordare di tenere più unita la nostra Comunità, i nostri "vecci" che purtroppo sono rimasti pochi in tutta la provincia e sono gli unici testimoni che hanno vissuto in prima persona queste vicende e possono insegnare tante cose ai giovani.

Anna Zanne, una zaratina Botticino

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