Solo due settimane sono passate dalle elezioni per l’Europarlamento e la Slovenia torna già alle urne. Lo fa oggi per rispondere sì o no a un quesito referendario sulle nuove regole d’accesso ai documenti degli archivi di Stato, introdotte dal governo a gennaio. Regole che prescrivono tra le altre cose l’«anonimizzazione» dei dati personali sensibili nei documenti lì custoditi che contengano informazioni delicate sulle vittime ma anche su chi, al tempo del regime socialista, occupava posizioni di rilievo nelle organizzazioni responsabili della repressione del dissenso.
Referendum abrogativo che è stato reso possibile dalla mobilitazione dell’Sds di Jansa, il partito d’opposizione più critico verso i potenziali effetti dei cambiamenti, sostenuto da sabato anche dai popolari dell’Sls. Cambiamenti che, per l’Sds, nasconderebbero solo il proposito di «bloccare» di fatto «l’accesso agli archivi» e ai documenti relativi ad agenti, collaboratori e attività della polizia segreta jugoslava, ha riassunto l’agenzia stampa Sta. In pratica, si vorrebbe «proteggere chi ha spiato» alle spalle dei «propri concittadini», mettendo sullo stesso piano «vittime del regime e persecutori».
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