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Quando Bin Laden passeggiava per Sarajevo (Il Piccolo 22 mag)

Lo studioso ed ex agente segreto americano in Bosnia John R. Schindler domani, alle 18.30, nella Tenda Erodoto ai Giardini Pubblici di Goriziao dibatterà con Marco Dogo e Fabio Mini sul tema “Nazioni, nazionalismi e guerre nei Balcani”. Al festival èStoria Schindler presenterà inoltre il suo libro “Jihad nei Balcani – Al-Qa’ida e guerra etnica in Bosnia 1992-1995” (euro 30,00), edito da LEG – Libreria Editrice Goriziana: la tesi sviluppata dello storico è che gli eventi dell’11 settembre hanno trovato “incubazione” nelle guerre religiose dell’ex Yugoslavia.
Per gentile concessione della Leg anticipiamo un brano del quarto capitolo, intitolato “Con il Corano ed il kalashnikov”, tratto dal libro “Jihad nei Balcani” di John R. Schindler.

di JOHN R. SCHINDLER

La leadership di al-Qa'ida aveva un interesse diretto nella guerra bosniaca; rappresentava, per loro, il nuovo Afghanistan, un fronte che offriva un'apertura alla jihad e che avrebbe portato i guerrieri santi in Europa. Il vice di bin Laden, Ayman al-Zawahiri, effettuò numerosi viaggi in Bosnia per aiutare la causa. Le autorità egiziane – che consideravano il medico il nemico pubblico numero uno – stabilirono che Zawahiri, il quale trascorreva molto tempo con la leadership di al-Qa'ida a Khartoum, dirigeva parecchie operazioni in Bosnia servendosi di organizzazioni umanitarie come paravento. Zawahiri inviò il fratello Muhammad, anch'egli mujaheddin a tempo pieno, nei Balcani, nel ruolo di rappesentante di al-Qa'ida durante la guerra civile.

Lo stesso bin Laden trascorse un periodo in Bosnia durante la guerra. Nei primi anni Novanta il maestro terrorista non era affatto la celebrità internazionale che sarebbe diventato negli anni seguenti, e specialmente dopo l'attentato all'ambasciata in Africa Orientale nell'agosto 1998, ma, già a metà del 1993, i funzionari di sicurezza egiziani lo avevano indicato come guerriero santo particolarmente pericoloso, che svolgeva un ruolo rilevante nella jihad bosniaca. Essi individuarono “nell'uomo d'affari saudita” ricercato, uno dei protagonisti dietro lo sforzo bellico islamico nei Balcani.

La presenza di bin Laden in Bosnia, ed i suoi legami con i vertici della leadership di Sarajevo, erano fatti che l'SDA (il Partito di Azione Democratica, il partito bosniaco musulmano al potere; ndr), in seguito, avrebbe fatto il possibile per negare, per ovvie ragioni. Ma numerose fonti attestano le sue visite a Sarajevo per l'organizzazione del sostegno islamico alla causa musulmana. Il testimone più interessante, ed il più credibile, a riconoscere bin Laden in Bosnia è Renate Flottau, una stimata giornalista, che nei primi anni Novanta risiedeva a Belgrado ed era corrispondente per i Balcani di “Der Spiegel”, il più importante periodico d'attualità tedesco. Incontro l'arabo alto, dalla voce suadente, nel 1994 – non ricordava la data precisa, poiché effettuà numerosi viaggi a Sarajevo quell'anno – ma non diede importanza all'incontro; le era capitato di imbattersi in molti strani personaggi in Bosnia, durante la guerra, e l'importanza dell'incontro divenne chiara solo anni dopo.

La Flottau notò molti mujaheddin per le strade di Sarajevo in quel periodo; non facevano alcun tentativo per dissimulare la propria presenza, benchè gran parte di loro si presentassero come operatori umanitari, non soldati. Incontrò “un arabo alto, attraente, dagli occhi penetranti ed una lunga barba nera” nel foyer dell'ufficio del presidente Alija Izetbegovic; la Flottau era in attesa di un'intervista, mentre l'arabo voleva un'udienza. Le offrì un biglietto da visita a nome Osama bin Laden, ma, ammise la Flottau, “quel nome non aveva alcun significato per me”. I due ebbero una piacevole conversazione della durata di dieci minuti circa, nel corso della quale bin Laden espose le sue opinioni islamiste in un inglese eccellente ma con un fervore “sia impressionante che sorprendente”, ricordò. Egli parlò a lungo, non facendole alcuna domanda, ma rivelando di trovarsi in Bosnia per aiutare a portare i guerrieri santi nel paese; aveva un passaporto bosniaco emesso dall'ambasciata di Vienna.

Il contegno di bin Laden non era marziale, sembrava più un predicatore, poiché parlava “a bassa voce, con sicurezza e solennità”. La scena era, ricordava la giornalista tredesca, “incredibilmente bizzarra”. Lo staff di Izetbegovic era visibilmente contrariato dal fatto che l'uomo misterioso parlava con una giornalista occidentale. Essi informarono la Flottau che bin Laden era “qui ogni giorno e noi non sappiamo come liberarcene”. Benchè trattassero bin Laden come un dignitario, non volevano neanche che indugiasse nei pressi dell'ufficio presidenziale.

Quella non fu l'ultima volta che la corrispondente tedesca vide il combattente saudita. Lo rincontrò nell'ufficio di Izetbegovic qualche giorno dopo, questa volta accompagnato da diversi alti funzionari della SDA che la Flottau conosceva: fra tale entourage vi erano numerosi agenti della polizia segreta musulmana. Le visite di bin Laden a Sarajevo, venne a sapere, erano tenute segrete, ma di fatto molti ne erano a conoscenza.

Questo segreto di Pulcinella era noto a non pochi uomini politici musulmani (esistono persino fotografie di Izetbegovic insieme a bin Laden; ndr).

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