Proiezione a Brescia del documentario “Antonio Santin Defensor Civitatis”

La conclusione della Seconda guerra mondiale a Trieste è caratterizzata dai Quaranta giorni di occupazione comunista jugoslava nel corso dei quali si scatenerà la seconda ondata di stragi nelle foibe. Il 30 aprile 1945 era avvenuta l’insurrezione del Comitato di Liberazione Nazionale, che aveva sostanzialmente sconfitto le ultime truppe del presidio tedesco. L’indomani sarebbero arrivati in città i “titini”, i quali esautorarono i partigiani italiani: a baluardo della città emerse la figura del Vescovo della Diocesi di Trieste e Capodistria, Monsignor Antonio Santin, che già aveva fronteggiato i tedeschi facendoli desistere dai loro propositi di distruggere con le mine il porto.

E proprio Antonio Santin Defensor civitatis è il titolo del documentario che l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha dedicato alla carismatica figura del presule istriano e che verrà proiettato sabato 24 giugno alle ore 17:30 nel corso di un incontro organizzato dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia presso il Teatro Sant’Afra del Centro Teatrale Bresciano, Parrocchia sant’Afra e santa Maria in Calchera (Vicolo dell’Ortaglia, 6 – Brescia), con la presentazione a cura della prof.ssa Donatella Schürzel (PhD europeo in Storia dell’Europa e docente di Master presso UniCusano). Tale iniziativa fa parte del progetto Bergamo e Brescia città dell’accoglienza dell’esodo. Luoghi, storie, MEMORIA e memorie  presentato dal Comitato Anvgd di Bergamo e dalla Delegazione Anvgd di Brescia nell’ambito di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.

Franco Nero legge “La preghiera per le vittime delle foibe” in Antonio Santin Defensor Civitatis

Dopo i saluti del Presidente nazionale dell’Anvgd Renzo Codarin e della delegata provinciale Laura Busecchian, interverrà Mons. Ettore Malnati con la relazione Il vescovo Antonio Santin e la tutela dei diritti umani nella Venezia Giulia. Già prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale Santin, in effetti, da vescovo di Fiume inizialmente e di Trieste in seguito, pur provenendo da un ambiente di sentimenti patriottici italiani, aveva prestato attenzione ai suoi fedeli di lingua slovena o croata, bersaglio delle politiche snazionalizzatrici del cosiddetto “fascismo di confine”. Così come non rimase in silenzio di fronte alla promulgazione delle leggi razziali, annunciate da Mussolini proprio nel corso di un comizio a Trieste.

Il dopoguerra vedrà ancora una volta il vescovo di una città tradizionalmente laica ergersi a interlocutore autorevole del Governo Militare Alleato che amministrerà Trieste prima del ritorno dell’Italia (26 ottobre 1954) mentre si consolidava la linea di demarcazione che, attraversando la diocesi di San Giusto, recideva il capoluogo giuliano dal suo tradizionale retroterra istriano sempre più fagocitato dalla nascente Jugoslavia comunista di Tito. Nel novembre 1953 si verificano i tafferugli con la polizia del G.M.A. che insegue i manifestanti per l’italianità di Trieste fino all’interno della Chiesa di Sant’Antonio: nelle successive concitate ore di scontri si registrano 6 morti e decine di feriti e la situazione non degenera ulteriormente solo perché Santin invita tutti alla calma.

Nel frattempo Trieste diventa capitale morale dell’esodo e ancora una volta Santin sarà protagonista nell’accoglienza della marea di giuliani, fiumani e damati in fuga dalla dittatura titoista. Negli squallidi campi profughi che li accolgono, Santin rivide le baracche in cui la sua famiglia fu internata in uno dei Barackenlager allestiti con condizioni igienico-sanitarie precarie dall’Impero austro-ungarico in Austria per internare durante la Prima guerra mondiale migliaia di istriani sospettati di agire nelle retrovie a vantaggio dell’Italia.

Forse non casualmente, soltanto quando Santin fu sostituito per raggiunti limiti di età, l’Italia portò a termine le trattative segrete con la Jugoslavia che portarono al Trattato di Osimo, il quale sancì la rinuncia definitiva alla ex Zona B del Territorio Libero di Trieste. Il malcontento dei triestini, privi della loro autorevole guida spirituale, sarebbe sfociato nella Lista per Trieste, primo clamoroso laboratorio politico civico ed antipartitocratico di successo.

 

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