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Presentati alla Camera dei Deputati i “Protagonisti senza protagonismo” di Viviana Facchinetti – 23set15

 

Sudafrica, Canada e Australia: queste sono state le tappe del giro del mondo compiuto dalla giornalista e scrittrice triestina Viviana Facchinetti, che ha raccolto in mezzo migliaio di pagine storie e immagini di quattrocento “Protagonisti senza protagonismo”, vale a dire testimoni della diaspora giuliana, istriana, fiumana e dalmata sparpagliatasi nel mondo in seguito alle complesse vicende che interessarono il confine orientale italiano al termine della Seconda guerra mondiale. Edito da La Mongolfiera Libri (Trieste, 2014), “Protagonisti sena protagonismo. La storia nella memoria di Giuliani, Istriani, Fiumani e Dalmati nel mondo” raccoglie precedenti analoghi lavori dell’appassionata autrice ed è stato presentato a Roma nella prestigiosa cornice della Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati martedì 22 settembre 2015.

La Vicepresidente della Camera, On. Marina Sereni, ha aperto i lavori, apprezzando lo sforzo effettuato dalla Facchinetti nell’affrontare una pagina di storia finora rimossa o strumentalizzata, mentre oggi è più che mai d’attualità nel ricordarci che anche noi italiani abbiamo avuto i nostri profughi. Rilevata la sensibilità spiccatamente femminile sfoderata dall’autrice nel rappresentare le biografie e le storie dei protagonisti del poderoso volume, è stata poi l’On. Laura Garavini, eletta nella Circoscrizione Estero, a moderare i successivi interventi, a partire da quello di Fabrizio Somma, Presidente dell’Università Popolare di Trieste, uno degli enti che ha contribuito, assieme al Centro di Documentazione Multimediale della Cultura Giuliana Istriana Fiumana e Dalmata ed all’Associazione Giuliani nel Mondo, alla realizzazione di quest’opera.

Somma ha ricordato come poco più di un anno prima abbia avuto luogo nella medesima location un’altra significativa presentazione libraria, vale a dire quella dedicata al volume di Gaetano Dato “Vergarolla 18 agosto 1946 Gli enigmi di una strage tra conflitto mondiale e guerra fredda” (LEG, Gorizia 2014), la prima sanguinosa strage di civili nell’Italia del dopoguerra. L’ente da lui presieduto, d’altro canto, s’impegna da oltre mezzo secolo per mantenere i contatti fra Esuli e Rimasti, collaborando strettamente con l’Unione Italiana e prodigandosi nella diffusione e nella condivisione del ricordo delle tragiche vicende delle Foibe e dell’Esodo appunto. Quest’ultimo rappresenta un tema di scottante attualità, che Somma ha auspicato che venga adeguatamente trattato nei piani di studio dopo che lo spettacolo “Magazzino 18” di Simone Cristicchi ha provveduto a farlo conoscere nei teatri di tutta Italia.

Dario Locchi, Presidente dei Giuliani nel Mondo, ha ricordato che negli ultimi 130 anni sono emigrati 27 milioni di italiani ed oggi i loro discendenti equivalgono al numero di abitanti dell’Italia: in questa pletora rappresentano una piccolissima porzione gli oltre 100.000 giuliani sparpagliatisi nel globo, tuttavia costituiscono un unicum. Il loro allontanamento dalla madrepatria non originava da motivazioni economiche, bensì politiche e connesse a necessità di sopravvivenza e salvaguardia della propria identità italiana. Tra il 1945 ed il ’55, infatti, abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia circa 300.000 persone, un terzo delle quali si stabilì a Trieste, altrettante nel resto d’Italia ed un ultimo terzo si sparpagliò nel mondo, facendo da apripista per quei 20.000 circa che nella decade successiva avrebbero abbandonato il capoluogo giuliano, stante la perdurante incertezza riguardo gli assetti confinari e di fronte alla crisi economica, per dirigersi soprattutto in Australia.

Il professor Davide Rossi, consigliere del Centro di Documentazione Multimediale, ha sottolineato come il lavoro della Facchinetti sia prezioso per consolidare la memoria, vista come momento di identità e di conoscenza. Oggi c’è proprio bisogno di memoria su quanto vissuto dalle genti italiane al confine orientale per colmare uno iato originatosi nella fase finale della Seconda guerra mondiale: sul litorale adriatico orientale assunsero tutto un altro significato date simbolo come l’8 settembre, dal quale originarono le stragi di italiani in Dalmazia e nelle foibe istriane, ed il 25 aprile, cui fece seguito non la Liberazione, bensì una nuova occupazione straniera foriera di lutti e di tragedie per quaranta giorni a Trieste, Gorizia, Pola e Fiume. I cittadini italiani residenti nelle Zone A e B, delineate a tavolino da angloamericani e jugoslavi nel giugno del 1945, non poterono neppure partecipare al referendum istituzionale ed alle contestuali elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946, sicché risulta oggi necessario reintegrare questi territori nella storia nazionale, ricordare le radici dell’italianità nell’Adriatico orientale ed alimentare a beneficio delle nuove generazioni quella speranza che affiora pure dalle pagine di “Protagonisti senza protagonismo”.

Furio Radin, Presidente dell’Unione Italiana, ha ricordato, da “rimasto”, di aver sentito tante tristi storie di migrazione all’interno della sua famiglia e visitando poi le comunità di esuli diffuse nel mondo, riscontrando parimenti tanto decoro e tanta sobrietà nelle parole di chi aveva vissuto tali tumultuose vicende. Radin ha ricordato pure la seconda drammatica opzione che molti istriani furono chiamati a compiere, poiché, dopo aver optato per la cittadinanza italiana al momento dell’abbandono delle proprie case, dovettero poi optare per quella jugoslava al fine di entrare nelle quote d’immigrazione previste dai paesi ospitanti: molti non sono ancora riusciti a recuperare la cittadinanza italiana. L’auspicio conclusivo del rappresentate della comunità italiana al Parlamento di Zagabria è che non si parli più di Esuli e Rimasti in termini contrapposti, ma solamente di persone che amano la terra in cui affondano le radici delle proprie famiglie.

Non emigranti, ma profughi; partiti non per cercar fortuna, ma per salvarsi da una pulizia etnica scatenata da una terribile miscela di nazionalismo, le cui radici furono alimentate dall’Austria-Ungheria, ed ideologia comunista, declinata secondo la dottrina di Josip Broz detto Tito: così ha esordito Antonio Ballarin, Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati. Una volta definite le condizioni di partenza della problematica “Esodo”, Ballarin ha quindi evidenziato quanti e quali sono i diritti negati che gli esuli ed i loro discendenti tuttora rivendicano: fra gli altri, il principio di autodeterminazione dei popoli, il diritto alla vita, gli allegati VI e XIV del Trattato di Pace che salvaguardavano i beni di chi era costretto ad abbandonare la propria terra, la dichiarazione di Vancouver che promuove la cooperazione interstatuale per facilitare il ritorno degli esuli alle proprie case. Senza dimenticare che lo Stato italiano pagò il debito di guerra contratto con la Jugoslavia utilizzando i beni abbandonati dei profughi, indennizzando i legittimi proprietari con percentuali minime del valore effettivo e comunque inferiori a quelle adottate per liquidare i rimpatriati dalle ex colonie: un danno economico ancora al centro di trattative e che si accompagnò allo sradicamento violento.

Dopo aver tenuto l’orazione del Giorno del Ricordo 2015, Lucia Bellaspiga è intervenuta pure alla presentazione di “Protagonisti senza protagonismo”, apprezzando innanzitutto come il mosaico di piccole storie pazientemente raccolte ed intessute dalla Facchinetti (400 biografie e 300 immagini d’epoca) serva a delineare la grande storia. Ricordando un suo reportage effettuato nel 1999 alla ricerca dei Ragazzi del ’99, la giornalista di “Avvenire” ha ricordato le difficoltà che incontrano nel raccontarsi persone che sono state catapultate alla ribalta dalla storia, analogamente alla diffidenza iniziale ed alla poca voglia di raccontarsi messe in mostra da tanti esuli in Italia e nel mondo, quasi specularmente alla coltre di silenzio scesa per mezzo secolo sulla loro tragedia.

Viviana Facchinetti ha voluto cogliere parallelismi e differenze tra quanto da lei narrato e le vicende migratorie odierne, con particolare riferimento all’azione attuata all’epoca dall’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati, capace di gestire e indirizzare correttamente decine di migliaia di persone alla ricerca di una nuova collocazione. Tra le operazioni coordinate da tale organismo, poco nota è la vicenda degli esuli dislocati a Bremerhaven per imbarcarsi verso le terre australi a bordo delle navi che avevano portato nei Paesi Bassi i coloni olandesi che abbandonavano l’Indonesia indipendente. Una volta giunti a destinazione, i nostri connazionali venivano schedati e raccolti in centri di accoglienza allestiti in ex caserme ed ex campi di prigionia, in attesa di venire assorbiti nella forza lavoro. Non si possono tuttavia dimenticare pagine tristi come quella del Treno della Vergogna, allorché i ferrovieri di fede comunista della stazione di Bologna impedirono nel gelido febbraio 1947 alle organizzazioni umanitarie di rifocillare le famiglie intere di polesani che sui carri bestiame viaggiavano alla volta del campo profughi di La Spezia; a parziale consolazione, molti esuli conservano il ricordo della solidarietà e della bontà manifestate da tanti singoli, in particolare nel Mezzogiorno. L’autrice ha terminato ricordando che i protagonisti delle sue storie in qualche circostanza hanno potuto scegliere il proprio destino, in troppi casi hanno dovuto accettarlo.

Conclusioni affidate al parlamentare triestino Ettore Rosato, il quale ha sottolineato l’importanza della conservazione di queste storie umane per edificare la nostra cultura, poiché si tratta di vicende anche dolorose, ma che fanno parte delle origini della Repubblica italiana: la storia del confine orientale va conosciuta, rispettata e diffusa pure nelle sedi istituzionali.

 

Lorenzo Salimbeni

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