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Poteva fare di più il documentario sui rimasti (Voce del Popolo 06 apr)

FIUME – Un’opera filmica attraverso la quale aprire una strada verso la realtà comunitaria italiana dell’Istria e di Fiume, in modo da iniziare un nuovo capitolo di diffusione. È stato così definito il documentario “Italiani sbagliati. Storia e storie dei rimasti” di Diego Cenetiempo, la cui prima non solo fiumana ma in generale, nei territori d’insediamento della CNI, si è tenuta al Salone delle Feste della Comunità degli Italiani di Fiume venerdì scorso. Il film, prodotto da “Pilgrim Film“ e “Il Ramo d’Oro Editore”, sceglie di ricomporre l’episodio storico a seguito del terremoto sociopolitico del ’45 che ha per sempre cambiato la fisionomia delle nostre terre. E lo fa attraverso le vicende personali di un pugno di testimoni speciali, cinque tra le scrittrici e gli scrittori viventi più rappresentativi della comunità italiana in Istria e a Fiume: Ester Sardoz Barlessi, Mario Schiavato, Claudio Ugussi, Giacomo Scotti, Alessandro Damiani e Nelida Milani. La pellicola, il cui obiettivo è di non disperdere la memoria di chi ha operato e opera per il mantenimento e il rafforzamento della cultura italiana viva in queste terre, è reduce dell’ottimo successo ottenuto all’ultimo Film Festival di Trieste. In quell’occasione, rammentiamolo, avevamo raccolto le impressioni del pubblico triestino, il quale era composto prevalentemente da esuli. Ora, con la proiezione fiumana, è stata la volta delle opinioni degli spettatori fiumani, ossia dei rimasti.

EMOZIONI E PARERI CONTRASTANTI Esattamente come per l’appuntamento triestino, anche quello a Palazzo Modello ha suscitato un miscuglio di emozioni e pareri contrastanti. L’unica cosa su cui tutti hanno concordato è che si tratta di un’opera fondamentale, poiché pone le basi per un possibile nuovo filone con questa tematica. A dare il via alle discussioni con i numerosi spettatori, subito dopo le proiezione, è stata Agnese Superina, presidente della Comunità degli Italiani di Fiume, facendo notare agli autori che nella pellicola “nessuno è fiumano. Ci sono – ha detto Superina – dei fiumani adottati da questa città, però neanche uno è indigeno, ed è un vero peccato per la storia della nostra città. È importante – ha proseguito poi – che questa pellicola venga vista in Italia, perché noi conosciamo bene la nostra storia, e conosciamo abbastanza bene quella degli andati. Tuttavia non è una cognizione reciproca. Inoltre, si parla ancora troppo poco degli optanti, che a differenza dei rimasti e degli andati, sono stati costretti a rimanere contro la loro voglia”, ha osservato Agnese Superina.

“Sono molte le cose che avremmo potuto trattare e aggiungere”, è stata la risposta del regista della pellicola Diego Cenetiempo. “L’utilità di questo documentario è puramente didattica, soprattutto in Italia, e vuole essere una sorta di apriporta, un aprivia. Non potevamo in un’ora, che è il tempo medio di un documentario, inserire o trattare la grande mole di temi e fatti storici legati alle realtà comunitarie dei rimasti, e quindi abbiamo preferito selezionare quegli elementi che ci sembravano ai nostri occhi fondamentali e più recepibili al pubblico, soprattutto a quello giovane”, ha concluso il regista.

RACCONTARE NOI STESSI Alla presentazione era presente pure Silvio Forza, direttore della casa editrice EDIT, la cui istituzione, assieme alla locale Comunità degli Italiani, ha organizzato la serata di presentazione. Forza ha rilevato che “come tutti i prodotti in cui uno si espone con una poesia, con un romanzo, con un racconto, e in questo caso con un documentario, si possono trovare mille obiezioni, specialmente quando ci sono da fare delle scelte. E quelle realizzate nell’opera ‘Italiani sbagliati’, è stata una valutazione di tipo tematico fatta dagli autori, che va rispettata. La nostra realtà comunitaria – ha continuato – gestisce milioni di euro all’anno e non siamo capaci di fare nulla che racconti di noi. Arriva Diego Cenetiempo da Trieste con il suo documentario, e viene accolto con estremo scetticismo, in quanto estraneo al nostro mondo. Impariamo anche noi a usare le nostre risorse perché non lo sappiamo fare, e quindi dinanzi a un’opera del genere, vediamo di giudicarla per il buono che porta e per l’attenzione che solleva. L’intenzione di base – ha detto infine Silvio Forza – è comunque migliore di quello che siamo riusciti a fare noi nel corso di sessant’anni”.

MANCA LA FIUMANITÀ “Il documentario è molto interessante – premette Lina Superina –, tuttavia devo dire con un po’ di rammarico che c’è più Istria che Fiume. Non c’è poi neanche un vero fiumano a raccontare le nostre vicissitudini, poiché quelli che parlavano a nome della nostra città non sono di Fiume”, ha agggiunto. Anche Sonia Konestabo ci confessa la propria soddisfazione per il documentario: “È molto bello. Vederlo mi ha fatto tanta malinconia e una tristezza per tutti coloro che sono stati costretti a rimanere come anche per quelli che sono andati via, portandosi dietro il dolore dello sradicamento dalla propria terra”.

Tra il pubblico anche il musicista di fama internazionale Francesco Squarcia. “Il mio commento è molto positivo – spiega il celebre violista – anche per il fatto che ci sia intanto questo documentario. Ovviamente, ci poteva essere qualche originario fiumano presente nell’opera che parlasse degli avvenimenti di quegli anni. Intanto però, la pellicola è stata fatta, e prendiamo atto con rammarico che non è un prodotto delle nostre forze. Anche se vivo a Roma, io parlo sempre ‘noi’, perché mi sento fiumano e lo ho dimostrato anche con il fatto che ho voluto incidere qui il disco che prossimamente consegnerò al presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano perché ci tengo a questa forza che arriva dagli italiani di queste terre. Da qui e da noi dipende la continuità territoriale e culturale di queste aree. Quindi il mio commento è molto positivo, perché è stata aperta una porta, e adesso la strada indicata deve essere percorsa con decisione”, ha osservato Squarcia.

OCCORREVA DARE MAGGIORE SPAZIO ALLA SCUOLA Incontriamo pure l’avvocato, oramai in pensione, Enrico Skerbec, che ammette: “In tutta sincerità, mi attendevo qualcosa di più, da questo documentario. Penso che si poteva fare molto di più. Non si parla niente di come i rimasti abbiano avuto dei successi nella vita, e proprio grazie alla conoscenza della lingua italiana, per le vecchie generazioni anche della lingua latina. Non è stata affrontata l’importanza del mondo scuola. Ormai anche se siamo in pochi, abbiamo un enorme numero di persone laureate. Questo significa che le nostre scuole hanno garantito, nonostante tutti i problemi incontrati nei passati sessant’anni, la continuità della CNI. Oggi noi abbiamo ex studenti del liceo che sono in giro per l’Europa e il mondo intero, sono persone qualificate che fanno onore alla nostra realtà comunitaria”. Infine incontriamo Paolo Ivančić: “La pellicola mi è piaciuta, anche se devo dire che il finale mi è sembrato tagliato di netto. Per il resto è molto interessante, e quindi fa piacere vedere un documentario che racconta di noi”.

Gianfranco Miksa

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