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Perseguitati ed esuli, ma uniti attorno al vescovo (Avvenire 03 feb)

DI CARLO C. CIPRIANI

Degli esuli italiani di Istria e Dalmazia si è ricominciato da qualche tempo a parlare, per fortuna. Ma assai meno si ricorda il loro clero, profugo allo stesso modo. A Zara la guerra aveva provocato molti problemi, ingigantiti da 54 bombardamenti fra novembre 1943 e ottobre 1944, quindi dall`occupazione dei partigiani il 30 ottobre 1944. La Chiesa venne perseguitata, molti religiosi perseguitati e carcerati, fra essi l` arcivescovo monsignor Pietro Doimo Munzani.

Nel 1948, in seguito al trattato di Parigi che dava Zara alla Jugoslavia, la Santa Sede riunificò il territorio dell`antica arcidiocesi e nell`agosto monsignor Munzani lasciò la sede per trasferirsi in Italia (divenne l`apostolo dei profughi giuliani e dalmati, che visitava in tutt`Italia, e morì nella cattedrale di Oria il 28 gennaio 1951), nominando suo vicario monsignor Matteo Garkovic. Con la sua partenza cessava di esistere la struttura ecclesiastica italiana a Zara e in Dalmazia. Come la popolazione, anche i sacerdoti si sparsero in Italia e nel mondo: uno finì nella Terra del Fuoco. Erano, compreso l`arcivescovo, 58 (10 rimasero nelle loro parrocchie); almeno uno di essi, don Romano Gerichievich, fece lunghianni nelle carceri titine, prima di poter arrivare in Italia. Dopo penose traversie riuscirono, un po` alla volta, a trovare una sistemazione, taluni incardinandosi in nuove diocesi. Ma la nostalgia delle case e delle parrocchie dalmate era forte, aumentata dalle notizie di violenze in patria, sia contro i confratelli che contro i fedeli.

Con queste premesse don Giuseppe Della Valentina prese, nell`autunno 1952, l`iniziativa di un incontro dei preti della diocesi di Zara, tenutosi a Bologna il 29 e 30 dicembre 1952 per «rinsaldare i vincoli di amicizia contratti nei lontani annidi seminario e nel servizio comune in diocesi». Si trovarono in 27, su 48 viventi. Parlarono di molte questioni, fu compiuta una visita al cardinale di Bologna Lercaro, e inviata una lettera d`omaggio al Papa, che rispose tramite monsignor Montini. Uno dei frutti della riunione fu un bollettino ciclostilato, intitolato in Fide et Caritate , il cui primo numero i di 3 pagine è del 1953, probabilmente di gennaio-febbraio. Questo giornale ebbe successive uscite, una o due volte l`anno, sempre come occasione di incontri fra i sacerdoti diocesani di Zara dispersi per il mondo. Il secondo numero di 5 pagine è dell`autunno 1953. I primi numeri furono curati da don Antonio Fillini, che dovette rinunciare nel 1956 per i gravosi impegni parrocchiali.

Dal n. 6 di inizio 1957 il bollettino passo alla redazione di don Giovanni Lovrovich, abate e parroco a Marino (Rm). Con intervalli più o meno lunghi, talvolta a stampa, talvolta in ciclostile, usci fino al n. 21 dell`agosto 1973. Uno degli scritti dice: «Chi ha conservato la serie dei 20 numeri possiede una miniera di ricordi gioiosi e mesti: sono brandello della vita di  ciascuno di noi». Cosa contengono queste pagine? Molti sono i ricordi: di Zara, Làgosta e Lussino ai tempi in cui erano ancora italiane, ricordi del seminario. Frequenti le notizie sulla situazione attuale dei confratelli, delle loro attività e progetti; diversamente dalla restante pubblicistica degli esuli giuliano-dalmati, poco spazio si dava alle recriminazioni e alle sofferenze della guerra e dell`esilio. Qualche eco delle polemiche con le organizzazioni ufficiali degli esuli, che iniziavano allora ad organizzare i primi raduni annuali, per la scarsa attenzione ai religiosi (che non venivano esplicitamente invitati).

I vari numeri servivano anche a commentare i raduni dei sacerdoti zaratini – a Roma, Loreto, Firenze, Viserba di Rimini, Treviso – portando quanto era stato detto e fatto a conoscenza dei confratelli che non erano intervenuti. Sempre presenti notizie sulla situazione religiosa della Dalmazia: le difficoltà dei sacerdoti e dei fedeli rimasti, le persecuzioni che subivano. Molti sono i racconti dei giubilei sacerdotali e dei confratelli defunti (particolarmente significativo il racconto della morte di don Emilio Luzich, il 2 luglio 1973, sulla porta della chiesa di Bellei sull`isola di Cherso: era il 36° anniversario della sua prima messa celebrata nella stessa chiesa).  Molto spazio è dato alle lettere dei religiosi che raccontano la loro nuova vita. Nel n. 18 (gennaio 1968) una toccante lettera di padre Musich chiedeva aiuti per la sua missione in Brasile, dove viveva in povertà assoluta.

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