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Papà si oppone alla scuola slovena, il giudice invece dice sì (Il Piccolo 25 lug)

di CLAUDIO ERNÈ

«Non voglio che i miei due figli frequentino una scuola con lingua di insegnamento slovena. Sono italiani e devono studiare con insegnanti di lingua italiana».

Questa in estrema sintesi la richiesta presentata al Tribunale da un papà triestino – graduato dell’esercito – che si è separato dalla moglie, cittadina italiana di lingua slovena, e che non condivide la scelta dell’ex coniuge di aver iscritto i due figli ad una scuola elementare della ”minoranza”. L’istanza del papà è stata respinta dal presidente del Tribunale civile Giovanni Sansone con una motivazione molto precisa e dettagliata. «Il fatto costituisce un’indubbia occasione di arricchimento per i due bambini e non si ravvisano motivi giustificati per vietare loro la frequentazione della scuola italiana di lingua slovena».

Nel decreto il Tribunale ha disposto che i due fratellini frequentino la scuola primaria di uno dei Comuni minori della provincia di Trieste. Non facciamo per motivi ovvi i nomi dell’istituto scolastico, nè tantomeno quello dei due piccoli coinvolti, a loro insaputa in una disputa a tutto campo che coinvolge i loro genitori. Ma vivono a San Dorligo. Certo è – come spiega l’avvocato Roberto Corbo, legale della loro mamma – che è questa la prima volta che i giudici triestini hanno dovuto risolvere con una motivata ordinanza il problema dell’iscrizione di due fratellini ad una scuola piuttosto che a un’altra. Con lingua di insegnamento italiana, come pretendeva il padre, o con lingua di insegnamento slovena, come voleva la madre. Va aggiunto che i due piccoli tra il 2009 e il 2010 hanno frequentato l’asilo sloveno e il padre nulla aveva avuto da ridire su questa decisione.

Nel corso dell’udienza il graduato dell’esercito aveva anche affermato che quando si presentava a scuola, «le educatrici d’istinto mi parlavano in sloveno; poi quando capivano che parlavo solo l’italiano comunicavamo in questa lingua senza alcun problema».

Nella richiesta ora respinta dal Tribunale , il papà aveva sostenuto che i suoi figli dovevano essere iscritti a una scuola con lingua di insegnamento italiana, essenzialmente per tre motivi. «Avrei difficoltà a seguire i bambini nello svolgimento dei compiti a casa, perché non conosco lo sloveno. Avrei difficoltà a relazionarmi con le maestre, con il personale della scuola e con gli altri genitori, dal momento che tutte le attività hanno come base questa lingua». Il terzo motivo addotto nel ricorso coinvolgeva invece l’ex moglie giudicata «inadeguata a seguire i bambini nello svolgimento dei compiti».

Nessuno di questi tre argomenti ha trovato spazio nell’ordinanza del Tribunale. Al contrario i giudici hanno accolto e valorizzato la ragioni addotte dalla madre e dal suo avvocato. «La conoscenza di più lingue agevola l’introduzione nel mondo del lavoro. In particolare il vantaggio di conoscere sia la lingua slovena che quella italiana è ancora maggiore, considerata la vicinanza geografica della Slovenia , ormai parte dell’Unione europea. Non vi è inoltre motivo di dubitare che i minori possano imparare bene anche la lingua italiana, pur frequentando una scuola slovena. I due bambini avranno modo di impararla nella stessa scuola slovena, dove viene insegnato l’italiano per quattro ore settimanali, dialogando con il padre di lingua madre italiana, nonché nel relazionarsi quotidianamente nel tessuto sociale in cui vivono, dal momento che essi incontestabilmente vivono in Italia».

Ma non basta. L’estensore del decreto, il giudice Monica Pacilio, scrive nel provvedimento che «esiste una abbondante letteratura scientifica che pone in luce i vantaggi del bilinguismo nello sviluppo della capacità intellettive e della personalità. Il contributo scientifico prodotto nell’istanza della mamma, costituisce solo un piccolo esempio: in esso si pone in evidenza come il bilinguismo non possa più considerarsi causa di confusione e ritardo nel linguaggio dei bambini, i quali invece rivelano una maggiore capacità di apprendere un terza lingua, una propensione maggiore alla flessibilità e adattabilità alle nuove situazioni, anche esistenziali, nonché maggiore apertura verso nuove culture». Insomma bilinguismo è bello e utile. Specie a Trieste.

 

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