ANVGD_cover-post-no-img

Napolitano renderà omaggio a Porzus (CorSera 10 feb)

L’unico che abbia tentato di rompere il tabù è stato Francesco Cossiga. Nello scorcio finale del suo settennato, nella sesta settimana del 1992, s’inventò un viaggio in Friuli pur di andare alle malghe di Porzûs e rendere ufficialmente onore ai venti partigiani della brigata Osoppo, di estrazione cattolica e laico-socialista, uccisi il 7 febbraio ‘45 da altri partigiani, appartenenti ai Gap comunisti. All’ultimo momento il presidente, sotto una marea montante di polemiche, dovette rinunciare alla missione. Che voleva essere un «atto di risarcimento alle vittime», ma fu vista alla stregua di «una provocazione politica» da quanti allora giudicavano il Picconatore uno che si compiace di dispiacere. Prima di lasciare il Quirinale, comunque, Cossiga mantenne la sua promessa ai parenti di chi era morto «per mano fraterna nemica» e la cui tragedia era stata archiviata. Non riuscì però a fare nulla più che una visita privata e senza alcun discorso.

 

Ora, a sessantasette anni di distanza dall’eccidio, sarà Giorgio Napolitano a chiudere quel controverso capitolo storico. Con una tappa ad hoc programmata per l’inizio di maggio. L’ha annunciato ieri, nel «Giorno del ricordo» istituito nel 2004 per conservare la memoria delle foibe e dell’esodo fiumano-dalmata. Un dramma, ha detto, che «serve ricordare anche per ripensare a tutti i fatali errori, al fine di non ripeterli più…» Per fortuna, tenendo sullo sfondo questo incitamento, «la visione europea ci permette di superare ogni tentazione di derive nazionalistiche, di far convivere etnie, lingue, culture e di guardare insieme con fiducia al futuro». Per il capo dello Stato, insomma, i valori della comune patria europea ci offrono adesso motivi di nuova fiducia e sono quasi un antidoto, dopo che ci siamo «impegnati a coltivare la memoria e a ristabilire la verità storica». Un passo magari tardivo, aggiunge, ma «giusto e importante».

 

Ed è proprio nella logica di una ricomposizione in grado di cancellare vicende rimosse perché «politicamente sensibili» o per la cosiddetta ragion di Stato (come fu nel rapporto Est- Ovest per le foibe), che Napolitano salirà sui prati del Friuli. Un eccidio a lungo coperto perché gettava una macchia insanguinata su una certa «narrazione egemonica» che fu fatta della lotta di Liberazione. In particolare, quel che accadde nella Venezia Giulia non ebbe paragoni nel resto d’Italia, «ma nel resto della Jugoslavia», come ha spiegato lo storico Raoul Pupo nel suo contributo al saggio pubblicato dal Mulino Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale, curato da Tommaso Piffer, che da qualche giorno è stato recapitato al Quirinale.

 

Il volume è un punto fermo del nuovo clima storiografico che renderà possibile – forse – la «riconciliazione nel nome della verità» sulla quale il presidente insiste da tempo. Una verità difficile da riconoscere, nel caso di Porzûs. Perché in quell’angolo di confine la Resistenza ebbe un doppio volto: uno legato al movimento operaio molto influenzato dai comunisti sloveni (che manovravano il Pci italiano), l’altro rappresentato da uomini delle forze democratiche, laiche, socialiste e cattoliche confluite nel Cln. I primi tendevano a ispirare le loro scelte a quelle dei compagni titini, più che guardare agli interessi nazionali. È in questo contesto di feroce scontro ideologico che Mario Toffanin, il comandante «Giacca» ordinò l’attacco contro i partigiani bianchi acquartierati nelle malghe e nelle cui file c’erano anche Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo, e Francesco De Gregori, zio e omonimo del cantautore. A incarico eseguito, «Giacca», condannato in contumacia all’ergastolo per quel «crimine di guerra», fuggì in Jugoslavia e Cecoslovacchia, prima d’essere graziato da Pertini. E mentre un velo di ambigui silenzi calò sulla strage, lui non si pentì mai.

 

Marzio Breda

“Corriere della Sera” 10 febbraio 2012  

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.