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Murano, il Museo del vetro ricco di corredi zaratini (mondedelgusto.it mag 12)

Il Museo vetrario di Murano è in assoluto uno dei più importanti al mondo per la ricchezza e la qualità delle sue collezioni, che consentono un’ampia visione sull’arte vetraria veneziana ma che comprendono anche un’interessante raccolta di vetri di epoca romana. Quest’ultima deriva dal raggruppamento di tre differenti nuclei di materiali archeologici: le raccolte originariamente custodite nel Museo di San Donato di Zara, la Collezione Loewy ed i reperti di una tomba rinvenuta a Salizzole (Verona); i materiali, di proprietà statale, sono in grande maggioranza esposti. Nel corso del 1932 furono consegnati al Museo Vetrario tanto i 64 pezzi che componevano la Collezione Loewy, quanto i 10 esemplari che appartenevano al corredo della tomba di Salizzole.

 

L’approdo dei vetri, ma più in generale del materiale archeologico zaratino di San Donato, a Venezia è, invece, il risultato finale di un lungo iter diplomatico ed amministrativo legato alle vicende della guerra: la città di Zara, parte integrante dello Stato Italiano sino alla seconda guerra mondiale, dopo una serie di rovinosi, quanto inutili bombardamenti alleati, venne occupata dall’armata jugoslava. La città fu quindi affidata a quel paese dai Trattati di pace post-bellici, col conseguente esodo in massa della popolazione di etnia italiana fortemente incentivato dai nuovi occupanti.

 

Per quanto concerne l’archeologia prima della guerra Zara rientrava territorialmente sotto la competenza della Soprintendenza delle Marche, degli Abruzzi e di Zara, con sede ad Ancona. Nel 1948 una prima commissione mista italo-jugoslava aveva vagliato le 14 casse di reperti portate in salvo prima dell’occupazione della città; il 15 settembre 1961 veniva sancito l’accordo Italo-Jugoslavo per la restituzione dei beni culturali dei beni pertinenti alle terre orientali occupate dalla Yugoslavia: in cambio di 4 statue imperiali romane già appartenenti alla collezione Cernazai di Udine, la Jugoslavia cedeva all’Italia il materiale archeologico del museo di Zara custodito a Venezia.

 

Il 28 marzo 1963 i vetri venivano assegnati in deposito al Museo Vetrario di Murano, mentre il restante materiale archeologico veniva affidato al Museo Archeologico Nazionale della città lagunare. La Collezione comprende 480 oggetti, per la maggioranza dei quali è andato perduto il contesto tombale e spesso anche la località di provenienza; alcune indicazioni, tuttavia, le si possono ricavare dalle vecchie pubblicazioni e dagli archivi della Soprintendenza.

 

Per esempio in un articolo del 1932 si ribadisce che «[…] buona parte dei vetri di Zara, specie quelli raccolti nei tempi più lontani, è giunta in Museo sciolta dai nessi tombali […]. Le molte centinaia di vetri del museo di Zara provengono quasi integralmente da due soli centri abbastanza vicini l’uno all’altro; la stessa Zara, la romana Jadera e Nona, l’antica Aenona; e quasi tutti vennero rinvenuti nelle necropoli delle due città […] esplorate saltuariamente e senz’ordine, tranne che negli ultimi anni quella di Zara (riferimento agli scavi del Valenti del 1928 a Zara in loc. alla Madonnina e in loc. Casali).

 

Una questione particolarmente rilevante che si era già posta agli studiosi italiani e, negli ultimi anni, anche a quelli croati (Zara dopo l’occupazione jugoslava ha seguito le vicende storiche della Dalmazia, finendo incorporata nel corso degli anni ’90 nel neonato Stato croato) riguarda la possibilità che i numerosi vetri rinvenuti nella Dalmazia occidentale fossero stati importati da altre aree dell’Impero o dovessero considerarsi di produzione locale o, almeno, adriatica (da Aquileia a Spalato): la questione al momento è stata risolta attribuendo alla seconda ipotesi la massa dei rinvenimenti, riconducendo a centri produttori più lontani quei vetri che per lavorazione o decorazione o qualità possono trovarvi dei confronti puntuali. I materiali romani esposti presso il Museo Vetrario di Murano costituiscono una raccolta di grande interesse, che comprende, oltre ai soliti tipi legati alla quotidianità, anche forme piuttosto inusuali per l’area veneta e singoli pezzi di indubbia eleganza.

 

Massimo Tommasini

(fonte www.mondodelgusto.it) 

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