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Mantica: l’Italia investe nei Balcani (Eco di Bergamo 01 nov)

l’intervista ➔ Alfredo Mantica (sottosegretario agli Esteri)

Balcani, l’Italia investe per costruire nell’area un futuro di pace e sviluppo

 

Skopje, Podgorica, Sarajevo, Zagabria. Quattro capitali nel cuore dei Balcani occidentali. Quattro giovani Paesi di cui si conoscono le ferite della guerra che ha sconvolto la zona negli anni ’90, ma non la realtà delle loro economie tutte da reinventare, delle loro risorse e dei progetti che l’Italia lì sta mettendo in atto. Macedonia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina e Croazia sono state

proprio le tappe del recente tour balcanico compiuto dal sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica. Una missione volta a ribadire la solidità dei rapporti bilaterali e le prospettive euro-atlantiche dell’area. In un’intervista a L’Eco di Bergamo, il senatore traccia gli interessi italiani nella

zona e la situazione economica delle diverse Repubbliche ex jugoslave, individuandone le linee del possibile sviluppo futuro.

Sottosegretario, al termine della sua visita di Stato, possiamo stilare un elenco dei Paesi più interessanti, dal punto di vista economico, per l’Italia?

«Direi di sì. E partirei dalla Croazia, passando poi al Montenegro, alla Bosnia e infine alla Macedonia».

 Che situazione ha trovato in Croazia?

«Per la Croazia siamo i primi partner commerciali in assoluto all’interno dell’Unione europea.

Quindi partiamo non dico da una posizione di forza, ma quantomeno consolidata. Per noi è decisamente il Paese più importante dell’area, con uno scambio di quattro miliardi di euro. Una cifra importante. C’è poi una presenza molto diffusa dell’imprenditoria italiana. Vogliamo fare un forum economico per rafforzare questa posizione anche qui partendo dal settore energetico che per noi è prioritario in tutti e quattro i Paesi».

 Che tipo di energia?

«Si tratta di sfruttare le risorse che ci sono in queste aree, anche quelle di carattere idroelettrico, per realizzare quegli obiettivi di produzione energetica che servono allo sviluppo di questi

Paesi e in molti casi anche del nostro».

In Montenegro, invece, che interessi coltiviamo?

«Per la sua posizione geografica il Montenegro è davvero interessante: nel porto di Bar lo Stato sta investendo molto e ci ha chiesto di contribuire a questo sviluppo. Bar potrebbe diventare la porta d’accesso dell’Italia verso tutto il sistema economico dei Balcani fino alla Serbia. Pensiamo che si sta realizzando un’autostrada litoranea che congiungerà tutti i Paesi che si affacciano sul

Mediterraneo e in prospettiva è programmata un’autostrada che arrivi fino a Belgrado, nel cuore dell’area».

 Oltre al porto di Bar sono in cantiere altri progetti?

«Il Montenegro va vissuto come una realtà di scambio, un punto di appoggio e non è un caso che l’altro grande progetto dopo quello di Bar è quello della Terna (Trasmissione elettricità rete nazionale, ndr), la nostra società di distribuzione di energia elettrica. L’obiettivo è: testa di ponte in Montenegro di un grande elettrodotto sottomarino, che deve diventare la grande autostrada di scambio di energia elettrica tra noi e quest’area dei Balcani».

 Qual è la presenza italiana in Bosnia-Erzegovina?

«Qui abbiamo una forte presenza di piccole e medie industrie, anche se più spostata verso l’area della Repubblica Srpska, cioè l’area serba. Ma credo solo per motivi amministrativi. Sembra infatti che siano più facili le realizzazioni in questa area, dove la burocrazia funziona in tempi più veloci. Ma vorrei sottolineare l’importanza di vedere sempre questo Stato nel suo complesso».

 La Macedonia, invece, sembra ancora una realtà distante.

«È un po’ più lontana da noi, anche come realtà storica e culturale. Con Skopje abbiamo sempre avuto meno rapporti che con il resto della zona.

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