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Luxardo: così un dalmata ha trionfato alla Casa Bianca (Spirito di Vino set’10)

di Fernando Mezzetti

Con le grandi nevicate e bufere che in febbraio hanno colpito buona parte degli Stati Uniti, i corrispondenti russi a Washington soprattutto quelli delle Tv, si sono perfidamente divertiti a raccontare e mostrare sullo schermo, al loro pubblico nella Russia profonda, la paralisi in cui era precipitata la capitale Usa: scuole e uffici chiusi per giorni, lavori del Congresso sospesi, aeroporti e traffico automobilistico paralizzati, Casa Bianca praticamente isolata. Mostrando la paralisi e i disagi, nascondevano male una certa derisione che trovava rispondenza profonda nel loro Paese.

Tutto ciò per un po' di neve? E che sarà mai, rispetto a quella a cui noi siamo abituati? Perduta la guerra fredda, era come se si rifacessero in quella sul freddo con perenne vittoria: nessuno, meglio dei russi, sa come patire neve, freddo, purghe, lager. Negli stessi giorni, mentre in Italia si celebrava la giornata delle vittime delle foibe, per uno come me che non aveva bisogno di aspettare la riscoperta ufficiale di quella tragedia, e che si alza togliendosi il cappello pensando a istriani e giuliano-dalmati, una rete Tv nazionale Usa offriva una diversa, sottile soddisfazione: il trionfale posto al bar della Casa Bianca per una gloria di quelle terre e di quelle genti, il Maraschino Luxardo. Una delle più seguite trasmissioni sul piacere del bere passava in rassegna, con immagini e commento, i cocktail serviti nella prima grande soirée offerta da Barack e Michelle Obama alla Casa Bianca il 18 dicembre. Cocktail di maggior successo, l'Enierson: gin Old Tom, vermouth dolce, Maraschino Luxardo, succo di lime. Lunga zumata delle telecamere sugli indaffarati barman presidenziali e sull'inconfondibile bottiglia impagliata del Maraschino Luxardo. Un bel salto dalla tragedia dalmata, quando tutto pareva finito, al trionfo nella Casa Bianca. La storia del Maraschino Luxardo è un pezzo della nostra storia. Cominciò a produrlo nel 1821 Girolamo Luxardo, distillandolo dalle marasche di Zara, allora parte dell'impero asburgico, la Kakania di Robert Musil, Ka und Lia, kaiserlich und königlich, imperiale e regia.

1 suoi irredentistici eredi gli affiancarono poi un altro liquore, ottenuto dall'infuso di marasche, che Gabriele d'Annunzio, nei febbrili giorni di Fiume battezzò Sangue Morlacco, per il suo colore rosso-cupo, con riferimento alla vitalità della popolazione morlacca nell'entroterra. La fabbrica e la residenza di questa famiglia dei patriziato mercantile dalmata segnavano d panorama di Zara, quasi completamente distrutta dai bombardamenti alleati nel '43. Ma il peggio venne dopo, con l'arrivo dei comunisti di Tito: gli eredi del fondatore, Pietro Luxardo e il fratello Nicolò con la moglie furono gettati in mare con pietre legate al collo e fatti annegare. I familiari superstiti dovettero lasciare, come tanti altri, le loro terre, e riuscirono a riparare poi in provincia di Padova, dove nel 1947 Giorgio, della quarta generazione, custode delle ricette originali, riprese l'attività di famiglia a Torreglia, nei Colli Euganei: cominciando dalla coltivazione delle marasche, oggi 20mila alberi, con controllo diretto dell'intero ciclo produttivo fino all'impagliatura delle bottiglie.

Nominalmente, il Maraschino Luxardo non è più «di Zara», ma grazie all'antica ricetta gelosamente custodita e al microclima della zona di coltivazione delle specialità di marasche, resta l'originale, perché questo, prima che «di Zara», era «Luxardo». Ecco. Nelle tempeste di neve i corrispondenti russi da Washington e i loro telespettatori in tutte le Russie si sentono vincitori della guerra nel freddo; ma da vecchio, selettivo bevitore e amico di carissimi giuliano-dalmati, mi sento anch'io un po' vittorioso col posto d'onore alla Casa Bianca per il Maraschino Luxardo, invece che per la Vodka. Anch'esso, come il Sangue Morlacco, non è acqua.

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