L’esule fiumano Rino Cerniar: «Avevo perso la mia identità»

In un’atmosfera di raccoglimento e commozione si è svolta, nell’aula polivalente dell’istituto comprensivo di Grotte di Castro, la conferenza, organizzata dall’amministrazione comunale in collaborazione con la Società studi fiumani – Archivio museo di Fiume, denominata “Il giorno del ricordo. L’esodo degli Italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia” che ha visto la partecipazione del sindaco Piero Camilli, della dirigente scolastica Luciana Billi e dei relatori Marino Micich, saggista e direttore dell’Archivio museo storico di Fiume, e Rino Cerniar, esule fiumano nonché cittadino di Grotte di Castro, destinata agli alunni della scuola secondaria di primo grado dell’istituto.

Dopo i saluti e l’introduzione del sindaco e della dirigente scolastica che hanno illustrato l’importanza storica della festività, istituita con la legge 30 marzo 2004 numero 92 dopo un lungo periodo di oblio su quanto accaduto nelle terre istriano-dalmate nell’immediato dopo guerra, Micich ha coinvolto i ragazzi con il racconto della propria esperienza di figlio di esuli e delle vicende dolorose vissute dalla sua famiglia. Famiglie costrette a lasciare tutto e tutti, migliaia di persone uccise dai partigiani di Tito e i loro corpi gettati in parte nelle foibe, in parte nelle fosse comuni, in fondo al mare o fatti prigionieri e mai tornati. La maggior parte delle persone spariva senza lasciare traccia della propria sorte per venir poi semplicemente nominata con l’appellativo generico e drammatico di “foibe” che le accomunava in un destino di noncuranza e di annientamento dell’identità.

Furono circa 300mila le persone che lasciarono le proprie case nella parte di Venezia Giulia ceduta alla Jugoslavia per arrivare a Trieste, a Gorizia e Udine ed essere poi destinate ai centri di accoglienza disseminati su tutto il territorio nazionale. Molte furono le situazioni di autentico ostruzionismo che i profughi incontrarono da parte di coloro che non vollero capire il dramma umano di chi aveva dovuto lasciare la propria terra.

Il racconto appassionato e competente di Micich è stato partecipato ai ragazzi anche attraverso la proiezione di un docufilm dal titolo “L’esodo giuliano dalmata e le stragi delle foibe” che con immagini e narrazione ha esplicitato tutta la drammaticità delle vicende storiche testimoniate.

Rino Cerniar, esule fiumano, ha poi narrato la propria esperienza diretta del trasferimento da Fiume a Roma nel 1957 e del suo difficoltoso inserimento nella società romana: “Tutto appare magnificato e disordinato, dove la sensazione di straniamento comincia dalle cose più semplici come le abitudini alimentari, il modo di parlare, l’assenza di tessuto familiare e amicale”. Per alcuni compagni era “il fascista scappato dalla giustizia socialista” per altri “lo yugoslavo comunista”. Era “doppio” in ogni luogo, sia durante la permanenza a Roma sia con il ritorno a Fiume dove per i nuovi fiumani era un “taljan” (italiano) e, quindi, uno straniero. Un’identità sempre confusa e difficile da definire.

I ragazzi, dopo aver ascoltato e fatte proprie le emozioni dei racconti e delle immagini proposte, hanno voluto omaggiare i protagonisti della giornata con il canto “Di là dall’acqua” della Compagnia dell’anello, rievocativo dei viaggi degli esuli sulle navi da una costa all’altra e delle loro speranze perché, come ripete il ritornello del canto, “in Istria, non ti sembri strano, anche le pietre parlano italiano”.

Fonte: ViterboToday – 03/02/2023

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