ANVGD_cover-post-no-img

L’EDIT una doppia chiave di accesso a due mondi a contatto (Voce del Popolo 16 ott)

Da oltre cinquant’anni gli italiani dell’Istria e del Quarnero operano al fine di conservare e sviluppare l’identità, la lingua la memoria collettiva italiana in queste terre. Strumenti fondamentali di questa missione sono, accanto alla scuola, l’informazione e l’editoria delle quali si è fatta carico l’EDIT. Infatti, è principalmente con l’attività dell’EDIT che si realizza il diritto costituzionale degli italiani di Croazia e Slovenia all’informazione nella propria madrelingua: l’italiano. Nata nel 1952, l’EDIT festeggia quest’anno i 60 anni di vita. Facciamo il punto sulla storia e l’attualità della Casa editrice con il direttore Silvio Forza, da ormai otto anni alla guida dell’Ente giornalistico-editoriale della CNI.

 

L’EDIT celebra i 60 anni. Cosa ha rappresentato la Casa editrice in questo periodo per la comunità nazionale italiana?


Mi pare abbastanza evidente che, accanto alle scuole, l’EDIT e le sue edizioni hanno rappresentato uno degli strumenti fondamentali per la conservazione, lo sviluppo e la promozione della cultura e della lingua italiana superstiti in Istria, Fiume e nel Quarnero dopo la fine della seconda guerra mondiale. Reputo che, in tutti questi decenni, la pubblicazione di manuali scolastici per le scuole italiane sia stata di portata esistenziale per tutta la CNI. Parimenti, non credo di sbagliare se osservo che il quotidiano “La Voce del Popolo”, oltre ad informare migliaia di persone nella loro madrelingua, ha avuto anche un innegabile ruolo formativo poiché ha letteralmente dovuto insegnare ed aiutare gli italiani rimasti a riconoscersi e vivere nella condizione di minoranza nazionale anche nelle località in cui minoranza non lo erano mai stati.

 

La rivista letteraria “La battana”, una delle più longeve nel suo genere, non solo è stata uno dei rari ponti di comunicazione culturale tra le due sponde dell’Adriatico, non solo è stata ed è una delle vetrine privilegiate della produzione letteraria degli italiani ad est di Trieste, ma è stata anche strumento di partecipazione civile, luogo di dibattito e palestra di pensiero, barometro dei tempi: si deve infatti a “La battana” la detabuizzazione di temi che erano stati off limits per quasi cinquant’anni quali l’esodo – e la letteratura su quest’argomento, proposta, come del resto i temi allora scabrosi dell’identità, dai tre redattori Ezio Giuricin, Maurizio Tremul ed Elvio Baccarini – e la triste vicenda del lager di Goli Otok – Isola Calva, con la pubblicazione dello splendido romanzo “Martin Muma” di Ligio Zanini.

 

L’EDIT può andare anche orgogliosa del mensile per bambini “Arcobaleno” – nato nel 1949 come “Il Pioniere” – che per molti degli italiani rimasti ha rappresentato – probabilmente accanto a Topolino – il primo contatto con la carta stampata. Parliamo di una testata ancora molto vitale, la prima ad approdare su Facebook – su encomiabile iniziativa dell’attuale caporedattore Tiziana Dabović, che in seno all’EDIT si distingue per propositività ed entusiasmo – e che grazie all’Unione Italiana e al governo italiano riusciamo a consegnare gratuitamente a tutti gli alunni delle scuole italiane di Croazia e Slovenia.

 

Grande ed importantissimo luogo di dibattito e di pensiero – basti pensare, su tutti, ai commenti scritti per tanti anni da Alessandro Damiani – è stato anche il quindicinale “Panorama” che, quando nasceva, esattamente sessant’anni fa, era di una modernità assoluta e di molti passi avanti rispetto ai tempi dell’epoca. Sono fermamente convinto che per l’EDIT “Panorama” sia una testata preziosissima e che si è conquistata un posto di rilievo nella storia della CNI anche in virtù della brillantissima stagione di “Panorama giovani”, il supplemento delle pagine a colori che grazie alla propositività di Ezio Mestrovich e al profondo impegno del redattore Ezio Giuricin – e poi di Aldo Bencina, Sanda Rundić, Lucio Vidotto e attualmente di Diana Pirjavec Rameša – nel corso degli anni Ottanta è stato per eccellenza il luogo della dialettica minoritaria che ha avuto per protagonisti principali quasi tutti quelli che, dagli anni Novanta in poi, sarebbero diventati nuovi dirigenti della CNI e delle sue istituzioni. Oggi “Panorama”, in primo luogo causa la metamorfosi subita da tutti i periodici con l’avvento di Internet e del giornalismo digitale, ha bisogno di un rinnovamento importante, che comunque si deve fondare sulla convinzione che l’EDIT e tutta la CNI di “Panorama” hanno ancora bisogno.

 

Un autentico patrimonio di conoscenza, identità, testimonianza e belle lettere sono di certo i libri extrascolastici di “EDITlibri”, il settore editoriale della nostra casa editrice: se è vero che il concorso “Istria Nobilissima”, organizzato dall’Unione Italiana e dall’Università Popolare di Trieste, è stato per gli appartenenti della CNI un grande stimolo alla scrittura, è anche vero che l’attività editoriale dell’EDIT è quella che ha consentito di raccogliere, sistemare, pubblicare, promuovere e vendere tantissimi autori della CNI tra i quali Nelida Milani Kruljac, Ester Sardoz Barlessi, Gianna Dallemulle Ausenak, Laura Marchig, Carla Rotta, Vlada Acquavita – e a breve Loredana Bogliun Debeljuh -, Osvaldo Ramous, Alessandro Damiani, Giacomo Scotti, Claudio Ugussi, Mario Schiavato, Ezio Mestrovich, Ugo Vesselizza.

 

L’EDIT ha saputo polarizzare anche la critica che nasceva all’esterno, aprendosi ai contributi di ricercatori quali Bruno Maier, Irene Visentini, Cristina Benussi, Elvio Guagnini, Predrag Matvejević, Tonko Marojević, Ciril Zlobec, Elis Deghenghi Olujić, Gianna Mazzieri Sanković, Corinna Gerbaz Giuliano, Christian Eccher. In termini generali credo si possa dire che l’attuale fisionomia della minoranza italiana in Croazia e Slovenia, con tutti i suoi valori, i suoi dubbi, le sue frustrazioni, le contraddizioni e specialmente con la sua superstite vitalità non sia in alcun modo immaginabile senza il contributo dell’EDIT e dei suoi autori. Senza i testi di Eros Sequi, Sergio Turconi, Lucifero Martini, Paolo Lettis, Ettore Mazzieri, Romano Farina, Alessandro Damiani, Giacomo Scotti, Ezio Mestrovich, Ezio Giuricin, Elis Barbalich Geromella, Laura Marchig, Mario Simonovich e di collaboratori esterni quali Nelida Milani, Elvio Baccarini, Aljoša Curavić e tanti altri, né l’identità della CNI, né la sua rappresentazione sarebbero le stesse. In questo contesto vorrei ricordare anche altri personaggi che sono stati fondamentali nei vari ingranaggi del funzionamento dell’informazione e dell’editoria in seno all’EDIT quali i giornalisti Renato Tich, Luciano e Mirella Giuricin, Claudio Radin, Mirella Fonio, Mario Bonita, Renzo Vidotto, Giovanni e Luigi Barbalich, Aldo Bressan, Rosi Gasparini, Irene Mestrovich, Nevio Abram, Andrea Marsanich, Rodolfo Segnan, Bruno Bontempo e tanti altri per arrivare fino agli attuali capipagina de “La Voce del Popolo” – Ivo Vidotto, Dario Saftich, Roberto Palisca, Fabio Sfiligoi, Ilaria Rocchi, Christiana Babić, Alessandro Superina, Giuliano Libanore – con in testa il caporedattore Errol Superina, al quale è spettato il difficile compito, che è riuscito a coronare con successo, di ridare nuova vita a “La Voce del Popolo” dopo la grave fase di collasso che si era verificata a cavallo tra i due secoli.

 

Alla guida del giornale dal 2002, Errol Superina è stato anche il più longevo caporedattore di “Panorama” che ha guidato per 12 anni, proprio nella difficile fase di transizione postjugoslava e in seno alla stessa CNI, quando il dibattito e l’opinionismo era stati il sale della rivista. Dobbiamo ricordarci anche di tutti i fotografi – con Fernando Soprano in testa -, i grafici – mi pare doveroso citare Gianfranco Miksa e l’attuale art director Daria Vlahov Horvat -, i redattori editoriali quali Miro Kocijan, Silvana Mazzieri, Melita Sciucca e attualmente Liliana Venucci, Fedora Martinčić, Valeria Persić, Erna Toncinich, Agnese Superina ed Elisa Zaina di “Arcobaleno”, tutti gli ex direttori dei quali mi sento di menzionare Elda Bradičić – la prima, grazie a lei abbiamo la libreria EDIT in centro a Fiume -, Valerio Zappia, Ferruccio Glavina, Ennio Machin – il più longevo con i suoi 14 anni alla direzione della casa editrice – ed Ezio Mestrovich. È poi oltremodo doveroso ricordare il contributo fondamentale – e continua ad esserlo pure oggi – di tutti i dipendenti dei servizi commerciale, distribuzione, pubblicità, autisti e di tutti gli altri profili che concorrono alla produzione, alla vendita e alla promozione di servizi e dei prodotti dell’EDIT. Infine non dobbiamo scordare che l’EDIT ha garantito e continua a garantire “posti di lavoro in italiano” in Istria e a Fiume, e questo è un dato che va oltre il mero valore occupazionale, ma ha invece a che fare con aree, quanto simboliche tanto pragmatiche, dell’esistenza della minoranza stessa.

 

Devo tuttavia segnalare anche ciò che l’EDIT non ha rappresentato: purtroppo la nostra casa editrice non è stata individuata, specie da parte italiana, quale corridoio di transito obbligato negli scambi culturali ed informativi interadriatici, né è mai stata colta, in tutta la sua potenziale portata, l’importantissima presenza dell’unica casa editrice italiana autoctona fuori d’Italia, erede tra l’altro di una tradizione giornalistico-editoriale autenticamente italiana ed autoctona presente su questo territorio da oltre due secoli. Anche se ne ha di certo le peculiarità, all’EDIT non è mai stata riconosciuta l’autorità e l’autorevolezza che si merita grazie alla sua capacità di cogliere umori, tendenze, andamenti politici e culturali di due popoli attigui, ma diversi ed in entrambe le loro lingue. L’EDIT ha in mano una doppia chiave di accesso a due mondi a contatto, ma purtroppo ancora pochi se ne rendono conto.

 

Lei è ormai da otto anni alla guida della Casa editrice. I problemi, specie di natura finanziaria non sono mancati, Possiamo parlare di un andamento oscillante, di momenti di pessimismo e di altri di ottimismo?


Non credo si possa parlare di andamento oscillante. Anagraficamente non sono testimone dei primi decenni, ma so di certo che negli ultimi vent’anni la situazione finanziaria della Casa editrice, nonostante l’impegno degli stati e dell’Unione Italiana, è stata sempre riconducibile alla metafora della coperta corta. Il livello degli stipendi e di disponibilità di investimento sul prodotto, se si esclude la parentesi chiaroscura del “Progetto EDIT” – la nuova sede e la rotativa – sono stati sempre molto scarsi, inferiori ai bisogni minimi tali da garantire decenza e decoro. Paragonata ad altre realtà simili l’EDIT è sempre costata molto ma molto di meno. L’inadeguatezza, sia di risorse, sia strutturale, è venuta a galla quando la Croazia e la Slovenia si sono aperte all’economia di mercato.

 

Mi spiego: fino a quando c’era il comunismo, la Jugoslavia non aveva da offrire molto di più rispetto ad un grigiore diffuso, mentre la CNI, grazie agli interventi dell’Italia tramite l’UPT, in alcuni settori era all’avanguardia proprio grazie ai prodotti italiani – macchine da scrivere, fotocopiatrici, corsi di aggiornamento, libri ecc. – che a noi giungevano regolarmente, mentre nel resto del paese erano assenti del tutto o quasi. Con l’avvento dell’iniziativa privata gli amici croati e sloveni hanno dato libero sfogo alla loro intraprendenza facendo passi da gigante mentre noi, minoranza che ontologicamente potremmo definire di “fisionomia umanistica” – ovvero giornalisti, insegnanti, professori, attori, ricercatori, educatori -, dunque privi di qualsiasi know-how imprenditoriale e abituati ad un trattamento paternalistico da parte degli stati, abbiamo accumulato dei ritardi paurosi.

 

Tra i momenti bui non possiamo non ricordare la grave crisi, che non era solo finanziaria, di fine secolo, quando era stata in gioco la stessa sopravvivenza dell’EDIT, intesa come intrinseca alla CNI, e che fortunatamente, sia grazie all’azione dell’Unione Italiana, dei deputati CNI al parlamento croato e sloveno, del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti EDIT, con in particolare l’impegno diretto, tra le persone ancora in seno all’EDIT, di Diana Pirjavec Rameša ed Errol Superina, si è conclusa nell’autunno del 2001 con il trasferimento dei diritti di proprietà sull’EDIT all’Unione Italiana che di fatto ha aperto alla nostra casa editrice nuovi e migliori possibilità.

 

Rispetto ad un passato recente alquanto difficile, oggi la situazione è cambiata e dunque possiamo parlare di ottimismo, un ottimismo che non avevo perso neanche nei momenti più bui perché studiando a fondo le leggi avevo capito che il nostro quotidiano aveva tutti i requisiti necessari per beneficiare del contributo italiano in favore della stampa che, una volta realizzato, – e qui voglio ringraziare l’ex console generale d’Italia a Fiume, Fulvio Rustico, il presidente della Giunta UI, Maurizio Tremul, e l’ex sottosegretario agli Interni Ettore Rosato – è stato per noi di portata copernicana. Esso ci consente ora non solo di operare con serenità e tranquillità, ma ci ha messo nelle condizioni di recuperare ritardi tecnologici e di ravvivare entusiasmi spenti. Ora sta a noi programmare bene, ma senza chiuderci nella trappola del risparmio a tutti i costi “perché tanto noi semo pici e no podemo” – un risparmio destinato comunque ad esaurirsi prima o poi -; il settore dell’informazione e dell’editoria è crudele e ciò vuol dire che o ci si adegua ai cambiamenti in atto, o si è condannati a scomparire. Noi siamo pronti ad aprirci alle sfide che giungono dalle nuove tecnologie per mille ragioni, ma ne citerò solo quella pronunciata dal capo del nostro settore commerciale Nenad Rameša: “Offrire ai lettori un prodotto al passo con i tempi non è uno sfizio, ma è un segno di rispetto nei loro confronti”.

 

Soddisfatto del sostegno fornito dagli Stati domiciliari e dalla Nazione madre alla Casa editrice?


Sì. L’Italia ci ha finalmente riconosciuto un diritto inserendo “La Voce del Popolo” nell’elenco delle testate che beneficiano dell’importante contributo della Presidenza al Consiglio. Si tratta di un finanziamento dal quale non possiamo prescindere, neppure tornando a livelli di occupazione e produzione minima. Considerata l’attuale crisi, pure la Croazia e la Slovenia, anche grazie all’impegno dei nostri deputati Furio Radin e Roberto Battelli, ci stanno fornendo risorse notevoli. In tutti questi anni, specialmente in quelli di crisi acuta e grazie in primo luogo alla sensibilità del presidente Maurizio Tremul e poi dei consiglieri dell’Assemblea UI, anche l’Unione Italiana, il nostro fondatore, ha investito molto su di noi. Tengo tuttavia a precisare che da quando abbiamo iniziato a percepire il contributo del Governo italiano stiamo sgravando deliberatamente in maniera importante e progressiva l’entità del sostegno dell’UI nei nostri confronti. Il mio impegno personale e prioritario – oltre, ovviamente, a quello di tentare di garantire ai dipendenti un trattamento salariale e condizioni di lavoro adeguate, come pure a quello di programmare risorse in funzione di una crescente dignità del prodotto – è quello di aumentare le entrate che realizziamo in proprio. In questi ultimi anni abbiamo fatti passi da gigante nel settore marketing e con la libreria, ora siamo molto fiduciosi nei risultati che potranno venire dalla migrazione delle testate EDIT sulle varie piattaforme digitali, ovvero mobile, tablet, web, social networks.

 

Qual è il segmento dell’attività dell’EDIT che le ha dato le maggiori soddisfazioni?


Io sono convinto che in seno all’EDIT ci sia stata una crescita diffusa. I risultati più evidenti sono ovviamente i grandi passi in avanti fatti negli ultimi dieci anni da “La Voce del Popolo”, con l’aumento delle pagine e dei contenuti, con la lunga serie dei suoi nuovi inserti speciali e che presto uscirà con una grafica rinnovata. Sono estremamente orgoglioso dell’enorme slancio prodotto da EDITlibri, con tutta una serie di nuove collane e nuovi titoli grazie ai quali oggi l’EDIT è certamente il punto di riferimento centrale per chi vuole studiare la letteratura CNI. Qui l’impegno di Liliana Venucci, Doris Ottaviani e Tiziana Raspor – con i loro collaboratori esterni – è stato davvero encomiabile. Sono contento anche del rilancio della libreria in Corso a Fiume alla quale presto dedicheremo nuove attenzioni. Personalmente sono molto soddisfatto di moltissime cose che all’esterno non si vedono, come l’aumento esponenziale delle risorse che incameriamo grazie alla pubblicità, il rinnovamento tecnologico e la capillare informatizzazione dei processi di lavoro extragiornalistici ed extraeditoriali che abbiamo realizzato con tutta una serie di software programmati “in house” dal nostro tecnico Igor Kramarsich.

 

Quest’anno abbiamo anche rinnovato la sede, in primo luogo le infrastrutture interne che erano debilitate e debilitanti. Mi pare di poter dire che una soddisfazione generale debba giungere anche dal fatto che l’EDIT oggi viene percepita come un interlocutore culturale e commerciale serio: a “La Voce del Popolo” qualche anno fa è andato il prestigioso premio Val di Sole, mentre gli inviti di partecipazione a manifestazioni librarie ed eventi culturali anche importanti sono stati innumerevoli. Mi preme segnalare inoltre che sono molto contento della grande e impegnativa opera di promozione delle attività dell’EDIT che stiamo facendo in Italia con il nostro partner triestino “Percorsi di cultura e comunicazione”. Sono altresì contento di aver assunto alcuni giovani veramente in gamba che ci stanno portando una ventata di freschezza, che con le nuove tecnologie sono a casa loro e che sto coinvolgendo con responsabilità dirette nel processo di ammodernamento dell’EDIT e delle sue testate. L’esistenza dei profili facebook di “Arcobaleno” e di “EDITlibri”, tra l’altro molto seguiti, si deve anche a loro, al loro entusiasmo e alle conoscenze che hanno portato al nostro interno e che prima latitavano.

 

C’è anche qualche ragione di insoddisfazione. Per correttezza devo dire, recitando un mea culpa, che mi rattrista il fatto di non essere riuscito ancora a coordinare il rinnovamento contenutistico e grafico di “Panorama” e di non essermi impegnato sufficientemente nel progetto di presentazione dell’EDIT e delle sue testate su Internet. Obbiettivamente avremmo dovuto essere più belli online già da qualche anno. Il contratto collettivo per i giornalisti, non ancora concordato, rimane uno dei principali “da fare” della mia agenda. Mi rimprovero pure di non aver investito nella costante formazione professionale dei giornalisti, cosa che mi impegno a fare a partire da subito, perché ne abbiamo bisogno veramente tutti. Mi rincresce anche che non siamo ancora riusciti a riportare “La Voce del Popolo” al centro di un serio pensiero e di una seria dialettica minoritaria, in grado di coinvolgere anche i nostri lettori. Infine sono estremamente insoddisfatto del fatto che personalmente non ho dato troppa importanza alla necessità di comunicare bene all’esterno le tante cose nuove e belle che facciamo: sono ancora troppe le persone che guardano all’EDIT con pregiudizi non certo gratificanti e che dunque dobbiamo informare meglio. Troppe volte, in tutti questi anni, ho conosciuto persone che inizialmente giudicavano l’EDIT con un “mah” e che, dopo aver visto e analizzato le cose che facciamo, hanno cambiato il loro pre-giudizio.
In generale posso dire che le cose che mi hanno dato soddisfazione sono state molte, ma allo stesso tempo vedo grossi margini di miglioramento. Per quel che mi riguarda, anche se forse sarebbe comodo, non intendo adagiarmi al punto in cui ci troviamo ora.

 

La CNI deve restare al centro dell’attenzione delle tematiche editoriali, oppure è il caso di spaziare più in là?


L’EDIT deve usare le gambe per andare avanti, ma allo stesso tempo deve avere le mani rivolte indietro per trainare con sé tutto quel bagaglio di storia e di cultura che legittima la sua stessa esistenza e quella del suo pubblico. Ho detto tante volte che un fatto non è notizia fino a quando un giornalista non la propone come tale per una testata. Ebbene, tantissimi fatti che accadono in seno alla CNI non sono notizia per nessuno, escluse le testate EDIT e le redazioni italiane di Radio e TV Capodistria, di Radio Fiume e di Radio Pola. Ed è nostro sacrosanto dovere trasformare questi fatti in notizie. Noi esistiamo perchè esiste il lettore CNI e in questo senso dobbiamo darne anche “rappresentazione”: tuttavia il lettore CNI non è solo un appartenente alla CNI, ma è una persona a tutto tondo. In altre parole pur avendo la CNI al centro, noi dobbiamo tentare di dare una copertura totale dei bisogni, degli interessi, dei vizi, della curiosità dei nostri lettori.

 

Si tratta di avere la CNI come nucleo attorno al quale contemporaneamente ruotano due moti, uno centrifugo e uno centripeto. Io credo che eventuali novità, anche tematiche, possano giungere dalle nuove tecnologie, perché la presenza online – che ci porta in tutto il mondo – ci deve far riflettere che noi facciamo informazione ed editoria in una lingua che non è parlata solo da 25 mila italiani dell’istro-quarnerino – di norma, gli unici che fino a ieri eravamo in grado di raggiungere – ma da altri 60 milioni di persone in Italia e qualche altro milione fuori dallo Stivale. L’esperienza facebook di EDITlibri ci insegna che a seguirci non è soltanto un pubblico interessato all’Istria, Fiume e Dalmazia per legame parentale, ma c’è anche tanta gente che semplicemente ama leggere, conoscere, imparare, viaggiare e alla quale abbiamo molto da raccontare su di noi, sulla Croazia, sulla Slovenia, sulla storia, sulla natura, sul turismo, sulle mille sfaccettature antropologiche del territorio sul quale operiamo.

 

L’EDIT guarda alle nuove tecnologie informatiche: sono queste le scommesse per il futuro?


Non ho alcun dubbio in proposito. Più saremo disposti a capire che il giornalista deve diventare un comunicatore multipiattaforma, più diventeremo capaci di convogliare verso di noi l’interesse del pubblico. Ne trarrà beneficio anche tutto l’indotto extragiornalistico. E non dobbiamo avere paura che l’online finisca con il distruggere la carta stampata. A differenza dei mezzi di informazione non giornalistica – con il telefono e il telefax che hanno sostituito il telegrafo, la posta elettronica e gli sms che hanno sostituito quella convenzionale e il telefax -, nessun mezzo d’informazione giornalistica ha mai distrutto quello precedente. La radio non ha ucciso la carta stampata, la TV non ha ucciso la radio, Internet non ha ucciso la TV, i libri elettronici non stanno uccidendo il libro cartaceo. Ovvio che non assistiamo ad una convivenza perfettamente armoniosa; tuttavia parliamo di una convivenza estremamente possibile. Si tratta di aver anche un po’ di fantasia e di voglia di mettersi in gioco, quelle stesse per le quali abbiamo deciso di fare questo mestiere.

 

Dario Saftich

“la Voce del Popolo” 16 ottobre 2012

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.