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La Voce del Popolo – 271007 – Laurana, un passato da rivisitare

di Mario Schiavato

Curiosando nella storia della piccola cittadina sulla riviera liburnica
Laurana, un passato ricco tutto da rivisitare

Succede talvolta che, proprio perché per una cittadina ci passi spesso, non
ti viene neanche in mente di scoprirne le sue antiche origini. È quello che
ci è accaduto in questi giorni scoprendo quasi per caso gli affreschi nella
chiesa di Laurana. Ci siamo accodati, proprio per curiosare, dietro a un
gruppo di turisti con tanto di guida che sfoderava in una mano un ombrellino
rosso. Non è che abbiamo capito molto da quanto la guida spiegò quella
mattina ai suoi turisti, soprattutto per il fatto che parlava tedesco e noi
il tedesco non lo comprendiamo, ma è bastata quella breve visita per farci,
una volta tornati a casa, consultare quanto potevamo trovare e sugli
affreschi e sulla storia di quel comune.

«Gli abitanti spediscono gran quantità di marroni»

Dunque, prima la storia. Siamo andati a curiosare prima di tutto nella
rivista "Istria" del Kandler, che ci dice: "La cittadina si nomina nel VII
secolo con il nome di Lauriana. Dal 1275 è proprietà dei conti di Pisino,
quindi dei principi di Gorizia ed infine degli Asburgo. Si sviluppò come un
centro fittamente abitato e circondato da mura. Di queste mura è rimasta
soltanto la porta cittadina che porta al porto chiamata Stubica. Nella
piazza è rimasta pure una massiccia torre medioevale e la chiesa di San
Giorgio del XIV secolo". Nelle Memorie per la storia della Liburnica città
di Fiume di Giovanni Kobler – qui di seguito riassumeremo quanto riportato
da quel noto storico – si danno, invece, notizie molto più ampie. Annota l'autore:
"Il capitanato distrettuale di Volosca comprende il comune di Laurana con
una superficie di 4859 jugeri e con una popolazione di 2749 anime ripartite
così (siamo nell'anno 1852): Lovrana 657, San Francesco 627, Opriz 836,
Tuliseviza 629". Più avanti annota ancora: "Nella storia della Carniola del
Valvasor, si legge che in Lovrana la chiesa parrocchiale è dedicata a San
Giorgio e che ci sono dodici chiese filiali. Nella chiesa principale che ha
un parroco e quattro canonici, annualmente vengono battezzate circa 37
persone e ne muoiono 20!". A quei tempi si vede che erano molto esatti a
notificare. Sempre secondo il Valvasor, "… gli abitanti fanno gran
commercio con tela e spediscono gran quantità di marroni…". Ecco dunque
che la caratteristica del paese era nota già moltissimi anni fa.

L'antica strada che conduceva a Fianona

Ma torniamo alle notizie del Kobler. Il quale asserisce: "Il comune, come
esisteva in addietro, (…) confinava ad oriente con il mare, a settentrione
col comune di Veprinaz, a mezzodì con quello di Moschenizze, ad occidente,
presso la cappella di S. Pietro in Poklon (che sarebbe il passo del Monte
Maggiore) col comune di Vragna. Questa cappella, ora cadente (oggi non
esiste più, n.d.a.), fu trifinio (cioè incontro di tre confini) ove ogni
anno concorrevano a fiera i tre comuni di Lovrana, di Veprinaz e di Vragna
quasi a voler riconoscere il confine". Più avanti il Kobler scrive ancora:
"Entro questi confini non vi era alcun castello, tranne quello di Knezgrad,
le cui rovine si vedono tuttora sulle tracce di un'antica strada che (…)
conduceva a Fianona. Onde si può congetturare che quel castello era il
centro del dominio territoriale nel Medie Evo".

La maledizione di San Paolino

E qui il Kobler commette un piccolo errore. Infatti riporta ancora: "Un
carme scritto nell'anno 800 in morte del duca Enrico, accenna a Mons
Laurentus che sembra essere il monte sovrastante Laurana". In effetti è
proprio quel Knezgrad prima ricordato. Sottolineeremo ancora che quel carme
fu scritto da San Paolino, patriarca di Aquileia, il quale su quel
territorio mandò con un gesto non proprio da santo, la famosa maledizione
che prevedeva l'eterna distruzione di viti, castagni, ciliegi, olivi… per
il fatto che qui il conte suo grande amico e contemporaneo, duca del Friuli
e luogotenente di Carlo Magno, era stato ucciso nella battaglia del 799
contro gli Avari e gli Slavi che stavano avanzando ed occupando queste
terre.
Ed ecco quindi che anche il Kobler, più esattamente, accenna a quanto
scritto dal Kandler: "La più antica notizia che abbiamo dell'esistenza della
città di Lovrana, si trova nella Cosmografia dell'Anonimo di Ravenna, il
quale scriveva nel secolo VII dietro indicazioni di Marcomiro goto del
secolo VI. Egli mette Lauriana nel numero delle città marittime della
Liburnia, fra Albona e Tarsactica". Poi continua: "Tracce di antichità
romane in Lovrana non se ne trovano, ma nel sovrastante luogo di Opriz vi
sono dei ruderi e un pavimento a mosaico che possono essere di quel tempo,
ed il vicino porto Ika, ove zampillano sul mare belle sorgenti di acqua
dolce, può essere stato dedicato alla dea giapidica Ika, che si legge aver
avuto culto in Fianona e in Emona".

Le tasse in avena e castagne

Più avanti riporta un po' più esattamente le stesse notizie del Kandler:
"Quando Lovrana cominciasse a far parte dell'Istria, non consta; ma dal 1275
in poi si trova che appartiene alla contea di Pisino, allora e sino al 1374
dei conti di Gorizia, poi dell'Augusta Casa di Asburgo. Era murata ed aveva
un capitolo di canonici simile a quello di Castua. (…) Capo del comune era
lo zupano, come in altri comuni dell'Istria e del Carso". Altre notizie
riguardano atti pubblici che si assumevano ante portam castri a mare, dunque
davanti alla porta che dava sul mare. Interessante ancora notare quali erano
le tasse che gli abitanti dovevano dare al… "dominio" e cioè: "… dodici
staja di avena e che ognuno, tranne il parroco ed i consiglieri, deve
contribuire con due staja di castagne".

Le razzie dei Veneziani

Più avanti altre notizie importanti. "Nell'urbario della contea riformato
nel 1578 (…) dà a Lovrana 160 sudditi; dal che segue, calcolando cinque
persone per famiglia, che in tutto il comune vi erano 800 abitanti. Ivi si
legge pure che il comune aveva sul Monte Maggiore un bosco da cui traeva
sufficiente legname da fuoco e da fabbrica per proprio uso gratuitamente e
che possedeva un boschetto Labina di mezzo miglio di circonferenza, tutto di
castagni". Ancora una notizia del Kobler e questa volta certamente non
buona: "Una cronaca di Bogliuno riporta che Lovrana fu saccheggiata dai
Veneziani nel 1599 e incendiata nel 1614" durante i loro frequenti scontri
con gli Uscocchi.
E adesso veniamo agli affreschi della parrocchiale di San Giorgio risalente
al XIV secolo, quelli affreschi che ci hanno dato lo spunto per questa
ricerca. Sulle pareti della chiesa in stile gotico, secondo Branko Fucic,
nel suo libro "Istarske Freske" (Affreschi istriani) le figure sarebbero
opera di una scuola veterogotica e risalirebbero tra il 1470 e il 1479.
Secondo questo autore lo stile è molto vicino a quello di Vincenzo da
Castua, evidente soprattutto nelle figure e nelle facce rotonde degli angeli
e, soprattutto, nella grande scena di massa della Crocifissione. Secondo
questo autore, gli affreschi della chiesa di Laurana sarebbero la
composizione murale di più alta qualità dell'intero territorio quarnerino.

Sardelle, sgombri, lanzarde e… nascituri

A questo punto naturalmente non potevamo dimenticarci di ricordare una delle
più belle leggende istriane che riguarda proprio i lauranesi. Si racconta
che in un tardo pomeriggio due pescatori scendessero al mare per andare a
pescare. Arrivati in porto, prepararono la barca e, una volta al largo,
aspettarono il buio e poi accesero la lampara. Ed ecco subito la luce
intensa attirare le sardelle: una, due, dieci, cento, un migliaio! Era tutto
un luccichio. E, dietro alle sardelle, ecco arrivare anche dei begli sgombri
che guizzarono veloci. E poi delle lanzarde! Erano già le dieci di sera.
Soddisfatti i due pescatori stavano per gettare le reti quando, lontano
lontano, sulla riva, intesero degli acuti lamenti di una donna:
– Aiuto, aiuto! Gente sono sola, aiutatemi, vi prego aiutatemi!…
Uno di loro esclamò:
– Al diavolo anche le sardelle, gli sgombri e le lanzarde! Dobbiamo
accorrere, aiutare chi ha bisogno!
Immediatamente si misero a pigiare sui remi, giù e giù, la prua diretta
verso il luogo dal quale arrivavano le grida. Così dopo un po' arrivarono in
una piccola insenatura quasi sotto Moschiena. Nel buio, sulla riva, videro
una casetta, un lumicino a una finestra. Pronti approdarono, legarono la
barca a uno scoglio, staccarono la lampara e con quella luce in mano
accorsero. Erano le grida di una povera donna che stava partorendo.
I due, voglia o non voglia, dovettero improvvisarsi levatrici. Veramente uno
reggeva la lampara e l'altro aiutava la donna. Ed ecco, senza tante
difficoltà, nascere un bel bimbetto. Ma non finì qui! Altri lamenti della
donna e sotto la luce della lampara ecco nascere un secondo bambino. Poi
ancora lamenti e, incredibile a dirsi, ne spunta un terzo!
A questo punto il pescatore che aiutava la donna, rivolto a quello che
reggeva la lampara disse:
– Spegni, spegni quella luce, perché qui vengono avanti come se fossero
lanzarde, sgombri e sardelle!

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