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La Voce del Popolo – 070408 – Convivenza e libertà di pensiero

POLA – Il caso del 64.esimo festeggiamento indetto per la fondazione del battaglione italiano “Pino Budicin” che ha letteralmente rinnegato la possibilità d’intervento ai rappresentanti dell’Unione Italiana è stato materia di conferenza stampa convocata ieri alla Comunità degli Italiani di Pola in tandem dal presidente dell’UI, nonché deputato della CNI al Sabor croato Furio Radin e dal parlamentare dietino, Damir Kajin. Che le loro opinioni non debbano necessariamente convergere, ma che quando si tratta di difendere i valori della tolleranza, convivenza, democrazia e diritto ad altro pensiero ci si presenta sempre assieme è quanto precisato, in prefazione, da Radin prima di entrare in medias res su una faccenda inammissibile: il fatto che per anni, nessun rappresentante della Comunità Nazionale Italiana ha parlato alle celebrazioni del battaglione.
“L’antifascismo è eredità di ogni cittadino onesto, benintenzionato e coraggioso – ha proferito Damir Kajin –. Quelli che oggi sono antifascisti, si schiereranno in quest’occasione dalla parte di Furio Radin e del suo diritto di parlare in rappresentanza dell’UI, al raduno per le celebrazioni del ‘Pino Budicin’. Affermo che, in questo momento i più chiamati a pronunciarsi ad un siffatto incontro siano i combattenti sopravvissuti del battaglione italiano, i rappresentanti dell’Associazione combattentistica ed i portavoce dell’UI di cui Radin è presidente nonché parlamentare della Comunità Nazionale Italiana, eletto direttamente per ben cinque mandati consecutivi.”

Mantenere vivo il dialogo

Kajin ha esternato il timore che la questione non porti a separazioni di tipo nazionale a detti raduni che – ha ricordato –, negli Anni ‘90 erano stati invece occasione di avvicinamento reciproco, e non spinga l’UI a isolarsi con manifestazioni parallele promosse in proprio. Lo stesso considera che l’Associazione dei combattenti e l’Unione italiana rivestano fin troppa importanza in Istria da non poter proporsi in separate sedi e (im)porsi reciproche condizioni. Di seguito Kajin ha dichiarato che magnifici sono i valori dell’insurrezione antifascista istriana, ma che la storia dell’Istria è fatta anche di foibe e di esodo. Passando di seguito alla realtà degli Anni ‘90 Kajin ha osservato: “In quegli anni Radin è stato, come lo è tutt’ora, dalla parte degli antifascisti istriani, ha parlato quando molti preferivano tacere e non farsi notare. È per questo motivo che oggi, Furio Radin non va ignorato”.

Tutelare l’espressione pluriculturale

Kajin è tornato a dire espressamente che quello della LPL non deve essere argomento unico riservato al caso nostro e che in Italia vi sia l’esclusiva della storia dell’esodo postbellico e delle foibe: “Nessuno può oggi difendere il terrore fascista che li ha preceduti, ma ogni vittima innocente ha diritto alla riabilitazione, al ricordo e alla sepoltura cristiana. Credo che tutti coloro che condividono la storia istriana possano e devono accettare detto messaggio”. Ieri, Kajin ha appreso che nella chiesa di Sant’Antonio di Pola sono stati negati i canti liturgici in italiano, e tracciato un parallelo: né un sacerdote può rinnegare le regole della libertà di espressione pluriculturale sul territorio né si può togliere la libertà di parola ai raduni antifascisti.
Premesso di aver partecipato a detti raduni in anni duri, di aver protestato contro la devastazione dei monumenti antifascisti, di difendere parimenti i diritti degli istriani a sentirsi tali, degli esuli a sentirsi in casa propria e quant’altro, con tanto di rispetto per i partigiani, Furio Radin ha quindi specificato di non essere d’accordo con coloro che si arrogano il diritto di definire chi ha diritto di intervenire sulla base di pagelle politico-morali. Tempi andati. Chiamato dai partigiani italiani del Budicin, ad esprimersi ad un raduno che considera anche suo, Radin ha svelato di avere accettato l’invito senza aspettarsi che singoli rappresentanti al vertice dell’Associazione combattenti si sarebbero denigrati con l’ulteriore divieto di esporre il proprio punto di vista all’Unione Italiana.

Il dramma delle foibe

“Intendiamoci – ha osservato –, i rappresentanti dell’UI non vengono eletti da Ravnić, Valić e Pulić né gli stessi possono operare la scelta di chi ne sarà portavoce. E ciò nell’anniversario di un battaglione partigiano italiano!” Oltre al danno la beffa. Secondo il presidente UI, gli stessi si sarebbero difesi asserendo di aver pensato all’incolumità della sua persona che sarebbe potuta divenire meta di partigiani infervorati. E qui si prega pubblicamente di finirla, onde evitare di trasformare Radin in oggetto di scherno da parte di persone che non credono in pericoli del genere in Istria e che già scherzano definendo il presidente dell’UI, ultima vittima della Seconda guerra mondiale. Si ritiene quindi che determinati rappresentanti dell’Associazione combattentistica dovranno capire che sono altri tempi, che il muro di Berlino è crollato, che tutti hanno diritto al proprio pensiero, che il delitto verbale non esiste più, che le foibe sono esistite e che nelle stesse sono stati gettati prevalentemente gli italiani, molti del tutto innocenti. Peggio ancora, che le foibe, con altre forme di persecuzione, hanno provocato il terrore che ha cacciato gli italiani da queste terre dove vivevano a memoria di secoli. “Cosa risaputa – ha mandato a dire Radin in un discorso diretto rivolto ai rappresentanti ex-combattenti di cui sopra –, tra gli esuli, e non optanti come li chiamate voi, i fascisti erano una piccola minoranza, mentre gli altri erano contadini, operai, impiegati e intellettuali che avevano perso i loro pochi averi. Sono dati di fatto che non sminuiscono il valore della lotta antifascista, perché il fascismo è stato talmente crudele che nulla poteva né può diminuire la sua natura criminosa. Ma il costante e mancato riconoscere dell’altrettanto buio, altro lato della guerra, getta lunga ombra sulla giusta lotta antifascista. E di questo siete responsabili voi stessi.”

Il valore della tolleranza

Ancora una volta si prega di non parlare più a nome degli antifascisti italiani affermando che gli stessi hanno combattuto per questa o quella nazione quando, si sa, si è lottato nello spirito dell’internazionalismo, contro fascismo e nazismo, e per gli ideali comunisti in cui allora si credeva. Il termine fratellanza – ha puntualizzato Radin –, è stato abbandonato quando si è appreso che se non era unidirezionale era confacente, e, si è scelta la convivenza quale alternativa civile offerente libertà, diversità di pensiero, tolleranza e rispetto del pluralismo. Così si è costruita quella solidarietà con i croati e gli altri in Istria, nella Croazia democratica che con un piede è già in Europa e con tutti e due nel Patto atlantico, il che significa nel mondo occidentale e si spera, con tutto il cuore, che lo capiscano anche i leader dell’Associazione combattentistica. È pacifico che all’Unione Italiana ci si considera aperti al colloquio con l’Associazione combattentistica, ma sulla base di un pensiero espresso in libertà e in un’atmosfera di considerazione reciproca, fermo restando che i divieti di parlare sono appannaggio del passato e che all’UI non vi è di casa il timore di proferire libero giudizio e pubblica parola.

Rituali vuoti

Furio Radin in un frangente del suo intervento ha osservato anche che i raduni degli antifascisti si sono spesso trasformati in rituali vuoti, di carattere quasi religioso, nei quali per decenni si susseguono le stesse parole per le quali nessuno ormai sa quanto siano veritiere, specie quando si evita di far parlare gli altri che la pensano un po’ diversamente. Opinione non condivisa in pieno da Kajin che ha detto, comunque, di comprendere pienamente le ragioni di Radin formulando infine un invito a colloquio aperto tra rappresentanti dell’Unione Italiana e dell’Associazione combattenti. Infine, Radin ha tra l’altro ha rivelato di non aver avuto alcuna l’intenzione di parlare di foibe alle celebrazioni del battaglione. Le foibe non c’entrano in questo contesto. Ma convinto che di foibe comunque parlerà, perché non è retorica, non è demagogia, è storia molto recente che ancora penetra nei meandri della vita politica.

Arletta Fonio Grubiš

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