ANVGD_cover-post-no-img

La replica a Toth: giuliano dalmati, un’altra verità (BresciaOggi 06 apr)

Va ascritto al sig. Lucio Toth, presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (lettera pubblicata il primo aprile scorso), il merito di aver esposto con sincerità su queste pagine il decalogo dell'interpretazione neofascista della vicenda giuliano-dalmata. In sintesi, quel che di male fecero gli italiani nel secondo conflitto mondiale ed in particolare in Jugoslavia, lo facevano tutti, e si chiamano a discolpa vicende analoghe non specificate accadute in paesi come la Francia o la Romania. Oppure lo si fece per reagire, e cito testualmente, a «quello che oggi si chiamerebbe terrorismo». Oppure perché erano in corso scontri etnici che non vanno imputati al fascismo ma alla violenza endemica nella regione sin dall'Ottocento. Che il tutto sia esploso dopo un'aggressione bellica di occupazione e annessione territoriale su base razziale non viene citato, per il sig. Toth è, evidentemente, un dettaglio trascurabile.

Il risultato è singolare, di tutta la vicenda bellica in quella regione i profughi giuliano-dalmati sono le uniche vittime menzionate e i comunisti gli unici carnefici, bell'esempio di lucidità non ideologica. Sono gli stessi argomenti di Mussolini, e che oggi li utilizzi anche Berlusconi non cambierà il significato di quella storia.

Ma lo scopo della sua interpretazione, così, risulta evidente e lo accomuna a tanti altri che tendono a descrivere popolazioni pacifiche, che ignare vengono tristemente coinvolte in fatti più grandi di loro, e che pagano il fio di crudeltà ideologiche comuniste o di bombardamenti impunemente rivolti contro la popolazione civile.

Quello che ostinatamente si rifiuta in quelle righe ed in infinite altre dichiarazioni, non è l'ideologia comunista ma il significato profondo e nuovo di tutta la Seconda Guerra Mondiale e cioè che, alla sua fine, nessuno poteva dire «non sapevo» e nemmeno «non ero coinvolto». Dopo il 25 aprile ognuno di noi fu chiamato a riflettere su quale fosse stato il proprio contributo all'una o all'altra parte ma chi non fu vittima fu carnefice, chi non fu antifascista fu fascista. Anche il sig. Toth sembra sfuggire questa riflessione da allora e noi gliela riproponiamo.

Perché l'enormità di quello che accadde in quegli anni non fu retaggio di ciò che accadeva nella testa di pochi gerarchi ma cominciava nel privato di tutti quei milioni di cittadini ben disposti a che altre popolazioni o gruppi di persone pagassero con la vita per il desiderio di ordine e di possedere terre altrui dei bravi italiani, o di possedere anche soltanto il posto di maestro di scuola lasciato libero da un ebreo prima escluso dalle leggi sulla razza e poi deportato. Il consenso attribuito al nazismo ed al fascismo fu amplissimo proprio perché amplissima fu la condivisione di quello che venne programmato e fu fatto.

Chi si oppose a questo non era un «terrorista» ma un partigiano e lo fece a costo della vita e non per portare via la terra ai giuliano dalmati. Se, dopo l'8 settembre, alcune popolazioni aiutarono i militari italiani questo va ascritto a loro merito, per compassione umana verso soldati di leva vittime della guerra, non certo al merito degli italiani che se fossero stati più efficienti e se si fossero alzati presto la mattina avrebbero fatto, come tristemente troppo spesso fecero proprio in Jugoslavia, le stesse cose degli operosi nazisti.

E neanche si può continuare a speculare su fatti di cui poco si sa solo perché nessun tribunale del dopoguerra affrontò la questione. Nessun italiano fu processato per crimini di guerra e parliamo di una regione, la Jugoslavia, che contò da sola un milione di morti. Questi processi non vennero fatti per la realpolitik sopravvenuta alla fine del conflitto, mi sembra allora quantomeno inelegante che questi amnistiati ora alzino la voce per chiedere una compassione che essi non sentono per nessun altro che per se stessi.

A proposito, le violenze del dopoguerra non furono limitate solo all'Istria ed alla Dalmazia, in Grecia gli Inglesi tra il '45 ed il '47 repressero la rivolta popolare al costo di duecentomila morti. Erano comunisti anche i britannici?

Lamberto Lombardi

 

*Lamberto Lombardi, già consigliere comunale a Brescia per Rifondazione Comunista, confluito poi nel partito dei Comunisti Italiani

0 Condivisioni

Scopri i nostri Podcast

Scopri le storie dei grandi campioni Giuliano Dalmati e le relazioni politico-culturali tra l’Italia e gli Stati rivieraschi dell’Adriatico attraverso i nostri podcast.