La letteratura dell’esodo, dall’autobiografia al teatro civile

Dopo l’ampia ed articolata tavola rotonda dedicata alle Linee guida per la didattica della frontiera adriatica, la seconda mattinata della terza Scuola Estiva di Alta Formazione per docenti è proseguita con l’intervento della Professoressa Cristina Benussi dedicato a L’Esodo e i suoi racconti.

La memoria collettiva che si forma grazie alla letteratura dell’Esodo giuliano-dalmata è partita da ricostruzioni autobiografiche di singoli che hanno voluto lasciare traccia del proprio vissuto ed è infine culminata nella narrazione di Simone Cristicchi con Magazzino 18, il quale ha esplorato con successo la forma del teatro civile. Arrivare a questo approccio non autobiografico ha consentito di proiettare anche la memoria individuale in una cornice storica più ampia, dopo che la memoria vivente aveva registrato il progressivo allontanarsi di amici e parenti, i cambiamenti sociali e politici che interessavano le terre d’origine ed il progressivo senso di spaesamento.

È stato Marino Varini con Terra rossa nel 1953 e con l’esodo ancora in corso ad inaugurare questo filone letterario scegliendo la forma del romanzo storico che vanta una grande tradizione in Italia a partire da Manzoni, ma è Ippolito Nievo con le Confessioni di un italiano il modello cui lo scrittore istriano si collega. La narrazione scorre dal punto di vista di Teresa, una popolana che vede progressivamente sgretolarsi il mondo multiculturale della convivenza fino a giungere alla stagione del terrore diffuso dall’invasione jugoslava e del culturicidio avvenuto con il benestare delle grandi potenze.

Fulvio Tomizza, esule della terza ondata, nella sua prospettiva di istriano dell’entroterra non riscontrava differenze tra italiani e slavi, che nei suoi romanzi usavano non solo gli stessi termini, ma anche condividevano i valori del mondo contadino, che verrà però stravolto dalle politiche del regime jugoslavo che violano alcuni principi sacri (perdita della sacralità e del prestigio di alcune figure familiari, la proprietà terriera compromessa dalla riforma agraria, la lealtà e la solidarietà sostituite dalla delazione, ecc.). I suoi riferimenti a questo mondo armonioso al di là delle appartenenze etniche gli porteranno molte critiche a Trieste, ove le questioni del confine orientale negli anni Settanta e Ottanta erano ancora fortemente sentite.

Il dalmata Enzo Bettiza in Esilio, scritto dopo la caduta del muro di Berlino, può assumere un’altra prospettiva, ma in definitiva emerge soprattutto lo strazio per l’abbandono di Zara, una città di mare in cui per definizione si incontravano culture eppure si  consumò il vandalismo di regime contro i leoni veneziani,.  Ancora a inizio anni Novanta l’esule di seconda generazione Diego Zandel formula il parallelismo tra i profughi delle guerre nella ex Jugoslavia e quelli tra i quali è cresciuto a Servigliano: il suo intento è quello di dissolvere definitivamente il binomio esule-fascista, dopo che da ragazzino scendeva dall’autobus una fermata prima per non far sapere agli amici che viveva in campo profughi.

«Volendo fare riferimento alle scrittrici – ha specificato la professoressa Benussi – generalmente si riscontra molta durezza nei confronti della calata slava in Istria, eccezion fatta per Marisa Madieri, esule fiumana nata in una famiglia mista e dedicatasi alla scrittura dopo aver superato il trauma del Campo Profughi: al Liceo non disse mai che viveva al Silos»

Traumi e rimozioni che caratterizzano pure Anna Maria Mori, che non rivelava la sua città di origine (Pola) per non essere identificata come fascista: «Solitamente la Patria perduta è rappresentata da Itaca, l’isola cui si vuole tornare, per lei invece era Atlantide, sommersa e perduta per sempre». Importante è il suo Bora. Il vento dell’esilio scritto a quattro mani con la concittadina “rimasta” Nelida Milani, la quale testimonia le difficoltà dell’esilio in patria, una patria in cui consuetudini e lingua sono cambiate e chi è rimasto ha rinfacciato agli esuli la scelta di essersene andati, indebolendo così le posizioni dell’italianità.

Al termine della relazione, è stato presentato un video dedicato all’M9, il nascente polo museale privato di Mestre, sulla terraferma veneziana, dedicato alla storia del Novecento italiano e con cui il Tavolo di Lavoro Ministero dell’Istruzione e del Merito – Associazioni degli Esuli sta collaborando per la realizzazione del settore che riguarderà la storia del confine orientale.

Lorenzo Salimbeni

 

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