La Jugoslavia di Tito tra dittatura e repressione nei libri di Gabriella Chmet

Mentre Tito sull’isola di Brioni riceveva i vip di mezzo mondo, la Jugoslavia viveva in un regime totalitario: la prigione per una frase sbagliata, l’ossessione dell’indottrinamento politico, la delazione incoraggiata e premiata tra vicini di casa, la costante sorveglianza della polizia politica. E poi c’era il fallimento economico, una società a due facce, una ricca burocrazia e una classe operaia sempre più povera.

Introdotta dalla presidente del comitato provinciale di Gorizia dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Maria Grazia Ziberna, sarà la prof.ssa Adriana Ivanov, consigliere nazionale dell’Anvgd e Assessore alla Cultura del Libero Comune di Zara in Esilio, a presentare due opere di Gabriella Chmet, entrambe edite da Luglio Editore di Trieste, dialogando con l’autrice lunedì 9 ottobre alle ore 18:00 presso la Sala Dora Bassi in via Garibaldi, 7 a Gorizia; l’attore e regista teatrale Tullio Svettini (nonché dirigente dell’Anvgd Gorizia) leggerà alcuni brani delle opere che verranno presentate.

“Il mio libro più difficile, quello maggiormente sofferto. Ho la consapevolezza di aver messo il dito in una piaga mai del tutto rimarginata” afferma l’autrice, nata a Capodistria nel 1973, riferendosi a L’abisso socialista.

“Non è facile mettersi a nudo,  dire la verità in un Paese come l’Italia, dove si parla di “fascismo” come fossimo nel 1945 e si “dimentica” di fare i conti col comunismo che ha permeato la cultura negli ultimi settant’anni”.

Il racconto, che attraversa la seconda metà del Novecento e si conclude ai giorni nostri, è la storia della Jugoslavia di Tito, una nazione costruita col ferro e col fuoco su una base puramente ideologica.

Chmet Abisso socialista

Una storia di soprusi, di persecuzioni, di violenze, di indottrinamento, di sottomissione alla dittatura e della minoranza italiana schiacciata tra paura e collaborazionismo. La Chmet ripercorre la sua vita da adolescente, in un Paese che nonostante alcuni aspetti positivi nessuno poteva definire un “paradiso”, come affermava invece la propaganda comunista. Sono passati decenni, «eppure, quando si nasce nell’Est, l’abisso profondo e tremendo lo si porta dentro e bisogna imparare a conviverci. (…) La Jugoslavia ha fatto di me una persona infelice per molti anni- afferma la scrittrice – ma mi ha anche lasciato memorie di persone, situazioni e spiritualità non viziate dal consumismo e dal vuoto assoluto dell’Occidente contemporaneo.»

La Chmet ci racconta di  un mondo arretrato e rassegnato alla brutalità della polizia politica; di un Maresciallo che sotto “la coltre ipocrita degli ideali comunisti di ‘fratellanza e unità’ cova i peggiori propositi di vendetta”; della forzata secolarizzazione e collettivizzazione; dell’indottrinamento delle masse attuato fin dalla primissima gioventù;   di una minoranza italiana schiacciata tra paura e collaborazione; del culto della personalità dell’“uomo-dio”, celebrato nei mastodontici giubilei di maggio, amico dei governi occidentali, ma che quando muore, il 4 maggio del 1980, si lascia dietro una nazione allo sfascio e tensioni che esploderanno nel peggiore dei modi”.

Nella Primavera di Zagabria c’è invece la storia di un movimento politico e studentesco, di una richiesta di democrazia e indipendenza e della sua dura repressione, che fanno da sfondo alla storia di due innamorati, due giovani studenti, personaggi immaginari che riflettono la vita dei personaggi veri che hanno animato quel movimento. Su tutti loro si abbatte la furiosa reazione del regime, con migliaia di arresti, di espulsi dal partito e di perseguitati. Una repressione che l’Occidente ha finto di non vedere.

 

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