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La Cappadocia istriana descritta da E. Comici (Il Piccolo 16 apr)

di CRISTINA FAVENTO

Comprendere l’Istria tutta in uno sguardo. Per farlo senza staccare i piedi da terra, purché la giornata sia tersa, basta raggiungere i 1396 metri della poderosa cima del Monte Maggiore, ben visibile da pressoché qualsiasi punto della penisola. Il rilievo, chiamato in croato Ucka, non a caso è definito “il tetto d’Istria”. Se le condizioni meteorologiche lo permettono, infatti, dalla sua sommità, l’occhio non solo padroneggia le terre istriane ma tocca lidi veneziani e si perde in lontananze orientali, accarezza le cime alpine per poi tuffarsi tra i lembi delle coste dalmate.

In giornate di particolare chiarezza si riesce a vedere anche la catena degli Appennini. È uno scenario raro, che provoca un appagante senso di pienezza. La cresta del monte, stretta e allungata, si apre su due versanti piuttosto difformi. Il lato che guarda a ovest, verso la Piana dell'Arsa, è disseminato di profondi burroni nel tratto iniziale e poi declina in valli chiamate "draghe", ricche di doline carsiche, grotte e caverne.

La mole massiccia del rilievo protegge tutto il versante occidentale dalla penetrazione della bora, influenzando assetti climatici e vegetazione. Sul versante opposto, il blu del mare appare così intenso e vicino, che il monte sembra precipitare nel sottostante Golfo del Quarnero, dove si stagliano nitidamente le bianche costruzioni di Fiume e il profilo dell’isola di Cherso.

Percorrendo l’antica Strada Giuseppina, costruita nel 1785 sotto l'imperatore austriaco Giuseppe II e a lui appunto dedicata, la cima del Maggiore è raggiungibile in macchina arrivando da entrambi i lati mentre per conquistarla a piedi non c’è che da scegliere. Sono numerosi i sentieri che partono, sia dalla costa che dai paesini interni, alla volta della torretta in pietra costruita sul Vojak, la vetta più alta della catena Caldiera.

Il gruppo montuoso, che si snoda per 23 chilometri, include il Maggiore assieme ai monti Perun, Bodai, Cremegnacco e Sissol. Il belvedere del Vojak ha elevato la cima a 1.401 metri e simboleggia ormai l’intera area, nel 1999 dichiarata “parco naturale” con un’estensione pari a 160 chilometri quadrati (per maggiori informazioni: tel. 00385-0-51293753; web: www.pp-ucka.hr).

In prossimità della cresta, c’è un percorso didattico che illustra flora e fauna e che passa sopra al rifugio alpino di Poklon. Da qui, in circa cinque minuti a piedi, imboccando un sentierino che parte da un dosso sabbioso accanto alla costruzione, si raggiungere “La Fortezza” (in croato “Krog”). Viene chiamato così il punto estremo del grande bastione roccioso che arriva sino a San Servolo, sopra Trieste, formando il ciglione dell’altipiano della Ciceria.

Nella Valle Aurania, sulla falda occidentale del monte Maggiore, si apre invece un vero e proprio canyon, profondo più di 100 metri, che ospita la suggestiva “Foresta pietrificata”, nota anche come “Valle delle Meraviglie” o “Valle delle Candele” (Vela Draga). Si tratta di un insieme di candidi pinnacoli e campanili calcarei che raggiungono anche i 50 metri di altezza e rappresentano un paradiso per gli alpinisti. Tra i primi a decantare le meraviglie del luogo fu l’avventuroso arrampicatore triestino Emilio Comici, che nel suo libro “Alpinismo eroico” aveva descritto alcune scalate qui effettuate.

Le inconsuete formazioni rocciose, concentrate nei pressi di un piccolo torrente che attraversa la gola, sono state battezzate nel tempo con nomi evocativi come “Il castello di Barbablù”, la “Candela”, “Guanto di Comici” o “Torre Grande”. Alcune sono visibili dall’alto, affacciandosi ad una sorta di balcone naturale dove è stato allestito percorso panoramico, oppure costeggiando la ferrovia (dopo la stazione di Vragna, camminando verso il monte Maggiore) che attraversa il burrone e offre una visuale notevole. Viste dal basso, le chiare conformazioni calcaree che campeggiano lungo il costone appaiono ancora più singolari e imponenti.

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